Moretti Ermenegildo di Giulio (detto Dino), nato il 5 maggio 1918 a Gallarate (già Crenna di Gallarate), Varese, studente universitario, comunista. Trasferitosi a Bergamo, sin da piccolo, è figlio di un medico socialista, preside di un istituto tecnico di Bergamo. Frequenta il Liceo Classico Paolo Sarpi della città. In seguito, vince il concorso di ammissione alla Scuola Normale di Pisa e viene ammesso al Collegio Mussolini, per seguire gli studi di diritto. Si arruola volontario nel corso allievi ufficiali di complemento presso l'università di Pisa nel dicembre 1936. Prende i primi contatti con l'antifascismo che fa capo a "Il giornale degli italiani", durante un soggiorno turistico a Parigi nel 1937 per visitare l'esposizione universale. Torna in Italia munito di diversi opuscoli che inizia a distribuire all'università e al Collegio di Scienze Corporative durante l'anno accademico 1937-1938. Costituisce all'università di Pisa una cellula antifascista di orientamento comunista, indipendente dal partito. A causa di un'infiltrazione di spie, dopo pochi mesi, viene denunciato dal GUF (Gruppo Universitario Fascista). La polizia non prende ulteriori provvedimenti a suo carico nel tentativo di circoscrivere l'episodio e evitare scandali. Ad ogni modo, l'alibi di Moretti non regge ai sospetti dell'OVRA e nemmeno l'attività antifascista organizzata; frustrato dalla situazione, inizia a meditare la fuga. quando nel luglio 1938 viene chiamato allearmi, è dichiarato disertore e condannato in contumacia ad un anno di reclusione dal tribunale militare di Bologna Dopo le vacanze pasquali, l'8 maggio 1938, fugge da casa ed espatria clandestinamente dall'Italia per combattere in Spagna, passando dalla Germania. Qui si ferma a Monaco dove segue un corso di perfezionamento del tedesco - almeno questo è quanto racconta nelle lettere alla famiglia - e con questa scusa si porta fino a Parigi, all'insaputa dei genitori. Riprende i contatti con il gruppo antifascista del soggiorno del '37 e si unisce ai volontari delle Brigate Internazionali. All'inizio, come lui stesso dichiara in un'intervista del 1976, è scartato per problemi di costituzione debole riscontrati nella visita medica. Insiste e protesta e, pare grazie all'intervento di Giuseppe Di Vittorio, anche lui presente alla visita, viene comunque arruolato. Parte quindi da Parigi: è inviato in treno prima a Arlès, nel sud della Francia, dove con altri supera il confine spagnolo e giunge al primo centro di reclutamento e istruzione di Girona. Questo fa di lui il più giovane dei volontari antifascisti lombardi nella guerra civile spagnola. Intanto la sua famiglia subisce, in seguito al rumore sollevato dal suo gesto, vessazioni da parte della polizia politica che lo iscrive in Rubrica di Frontiera e nel Supplemento Sovversivi. In Spagna, mentre il territorio delle Repubblica è già diviso in due tra la Catalogna e la zona del Levante e Centro, opera con la 12. Brigata Internazionale Garibaldi, nel 2. Battaglione della Compagnia Mitraglieri come furiere, e dopo poche settimane di istruzione militare, viene mandato a combattere nell’ultima grande offensiva sul fiume Ebro proprio nel momento culminante degli scontri e fino alla smobilitazione delle Brigate Internazionali che avviene nel settembre 1938. Alla caduta del fronte catalano riprende le armi nella ricostituita XV. Brigata Internazionale e partecipa all'estrema difesa di Barcellona per proteggere l'esodo di centinaia di migliaia di civili verso la Francia. Sopravvissuto, pare, a un feroce assalto, ripara in Francia nel febbraio 1939 ma qui è internato a Argelès e, successivamente, a Gurs, dove incontra volontari bergamaschi. Intanto, in data 30/10/1939 viene emessa in contumacia sentenza di condanna ad un anno di reclusione contro di lui da parte del Tribunale militare di Bologna per diserzione alla leva (ISRECBG - Fondo Moretti Ermenegildo, b.1; fasc.2), infatti, nel luglio 1938 era stato chiamato alle armi e non si era presentato. Il console italiano a Perpignan gli propone di consegnarsi spontaneamente alle autorità italiane, promettendogli dopo qualche mese la libertà. Moretti rifiuta la proposta e anche quella seguente, di recarsi successivamente in Unione Sovietica, convinto di poter uscire dal campo per vie legali. Dopo alcuni mesi, riesce infatti a ottenere la liberazione grazie all'intervento di un amico di famiglia, un industriale di Grenoble, che intercede presso la prefettura. Ripara presso la famiglia di questi e intanto mantiene con i suoi genitori una fitta corrispondenza nei mesi tra il 1940 e il 1941. Frequenta la facoltà di medicina prima a Grenoble, poi a Montpellier, cercando invano di entrare nel PCF (la sua domanda viene rigettata più volte, perché pare che non sia in grado di dimostrare di aver combattuto in Spagna). Nel 1943, mentre sta andando a sostenere un esame, viene avvertito da una soffiata dell'imminente arresto da parte delle truppe di occupazione nazista e decide di ritirarsi in montagna con il Maquis francese, dove organizza un servizio di informazione. Collegato col PCI, dopo il 25 luglio 1943, decide di rientrare in Italia: tenta l'attraversamento della frontiera alla fine di luglio ma viene catturato dalla polizia e incarcerato a Torino. La famiglia si attiva per la sua scarcerazione e dopo qualche settimana riesce a raggiungere Bergamo, dove prende contatti con l'azionista Arturo Turani, uno degli organizzatori dei primi nuclei partigiani del bergamasco, la Banda Turani, appunto, di cui diventa commissario politico, e, secondo molte fonti biblio-anagrafiche (INSMLI), è anche fra i dirigenti del Fronte della Gioventù Comunista, costituitosi a Milano nel gennaio 1944. Catturato, intanto, nella notte tra il 19 e il 20 novembre 1943, da elementi della gendarmeria tedesca e alcuni noti repubblichini di Salò, è condotto con altri (lo stesso Turani che verrà fucilato, Pontiggia e Castellini, tra gli altri) nel convitto Paleocapa, più noto come collegio Baroni, trasformato in carcere dalla Gestapo, e, successivamente, nel carcere di Sant'Agata di Bergamo. Nella primavera del 1944 riesce a evadere insieme a Castellini, seppur rocambolescamente: prelevati da una cella per essere condotti all’interrogatorio, i due riescono a distrarre la scorta e, trovata una finestra senza inferriate, vi si gettano, saltando da un secondo piano. Moretti rimane incolume, mentre Castellini si spezza una gamba: ma l’amico se lo carica sulle spalle e lo porta in salvo benché la Gestapo, rinforzata da altre squadre di polizia, avesse già dato inizio alla caccia. Passato da casa dei genitori, riesce a prendere un treno e si rifugia da uno zio sul lago di Garda. I genitori, intanto, gli organizzano un incontro a Milano con il generale Masini, un parente socialista, attraverso il quale entra in contatto con il gruppo milanese del Partito d'Azione e conosce Ferruccio Parri. Si ferma a Milano presso la signora Comencini, madre di un amico antifascista e entra nell'organizzazione azionista. Conosce e collabora con diversi uomini del servizio informazioni, intendenza e ufficio falsi di Parri (Guzzoni, Signorelli, Gigi Bertè) che gli assegna personalmente l'incarico di ufficiale di collegamento fra il suo comando centrale e la regione Emilia. La sua attività di partigiano consiste nel ricevere somme di denaro raccolte nelle province emiliane per portarle a Milano; comunicare le coordinate per i lanci di armi e i rifornimenti a un incaricato dell'organizzazione azionista, impiegato della Banca Commerciale di Milano; inoltre, è alle dipendenze dell'avvocato Jacchia di Bologna (poi catturato e giustiziato dai nazisti). Nell'agosto del 1944, dopo la Liberazione della Francia, riprende l'attività oltreconfine, creando canali di comunicazione con gli alleati oltre le linee tedesche. Si reca a Grenoble, sede del comando francese, a Lione, sede del comando inglese, e a Nizza dove incontra il capitano Johns, responsabile del servizio informazioni americano nelle Alpi meridionali. Dopo giorni di inattività a Nizza, presenta una lettera di protesta al comando americano, così gli viene proposto un incarico di spionaggio nella Val di Susa da parte del capitano francese, incarico che egli accetta. Si reca a Grenoble e segue un corso di spionaggio. Dopo poche settimane, parte per una missione dei servizi di informazione francesi, probabilmente sotto il comando del Deuxième Bureau poi diventato Bureau Central de Renseignements et d'Action (BCRA). Dopo 24 ore di marcia, con altri sette compagni, arriva a San Colombano Belmonte (Torino) e poi, si stabilisce nei pressi di Meana di Susa (Torino), sotto la falsa identità di Rossi Domenico, professione: trasportatore di legname. Il suo compito è spiare gli spostamenti delle truppe tedesche e comunicarli al comando francese, grazie a un operatore radio collocato in montagna e una staffetta che attraversa la frontiera ogni quindici giorni per portare le informazioni. Prende, intanto, contatto con i partigiani piemontesi - probabilmente quelli della Colonna “Franco Dusi” della IV Divisione GL -, chiede e ottiene l'autorizzazione del CLN del Piemonte per operare nella IV Zona. Pare che in questa fase, tra il gennaio e il febbraio 1945, sia nato nel Comando della IV Zona un "caso Moretti", ovvero il dubbio che il "telegrafista" italiano possa essere una spia fascista e per questo sottoposto a controllo nel corso delle operazioni (in Partigiani in Val di Susa: i nove diari di Aldo Laghi / Giulio Bolaffi). A questo punto, forte dell'esperienza acquisita, mette in piedi un'organizzazione assai vasta di informatori. Durante un rastrellamento, però, viene ferito e catturato; curato e interrogato viene rilasciato senza che i tedeschi scoprano la sua vera identità sotto quella di Rossi Domenico, trasportatore di legnami. Nel marzo 1945, viene destinato a Como a seguire la ritirata dei tedeschi verso il Tirolo. Ma, visto il veloce mutare degli eventi, e la capitolazione del nemico, non compie più la missione. Dall'estratto anagrafico del comune di Gallarate (INSMLI - AICVAS, b.40; fasc.156), risulta sposato il 24 aprile 1945 nel comune di Torino con Angelo Andreina. Con la Liberazione torna a Grenoble a restituire consegne e cassa e rientra a Bergamo. Diventa uno dei funzionari della federazione provinciale del PCI di Bergamo e partecipa all'esperienza del quindicinale «La Cittadella», che lo pone in forte contrasto con la direzione del partito e con Giancarlo Pajetta. A seguito di alcuni suoi articoli, viene addirittura espulso dal PCI. Per queste ragioni, sul finire del 1947 torna in Francia dove continua la militanza per alcuni anni nel PCF, prima di abbandonare definitivamente l'attività politica. Risiede a Saint-Denis (Seine-Saint Denis), dove muore poi il 9 settembre 1984.

Battaglia dell'Ebro (dal luglio 1938 fino al novembre 1938)
Annotazioni: Fonte principale di questo profilo biografico è: Tra guerra civile spagnola e Resistenza : esperienze di volontari bergamaschi : tesi di laurea / di: Matteo Cefis ; relatore: Emma Scaramuzza ; correlatore: Maurizio Punzo. - [S.l. : a cura dell\\\'A.!, a.a. 2002-2003. - 230 c. ; 30 cm. - In testa al front.: Università degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di laurea in storia.

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: In questa fase della vita, soprattutto quando si avvicina alla Resistenza italiana, Moretti approccia il gruppo GL e le formazioni azionista anche se in seguito la sua attività  di partigiano si sviluppa essenzialmente nel servizio informazioni alleato e in quello francese, tra la primavera del 1944 e il 1945.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Nelle fonti è riportato, genericamente, un "orientamento comunista", piuttosto antifascista che partitico, nonostante l'avvicinamento nel corso della vita prima al comunismo - soprattutto francese - e poi al gruppo di GL. Infatti, non risultano iscrizioni al PCd'I, fino al 1945, quando dopo la Liberazione entra nel PCI tra i dirigenti della federazione provinciale di Bergamo. E, in seguito, nel PCF quando dal 1947 prende a risiedere a Saint-Denis.

Revisore: Erica Grossi