Marinoni Stefano Giovanni Maria di Bortolo e Cominelli Caterina, nato il 4 febbraio 1911 a Cerete Alto (Bergamo). Muratore, comunista. Di genitori contadini, anche lui inizialmente esercita la stessa professione. L’occasione per migliorare le sue condizioni gli si presenta con l’arrivo a Lovere di un ingegnere francese incaricato di reclutare manodopera da portare in Francia. Marinoni con altri compaesani non esita ad accettare questa offerta ed il 9 luglio 1930 parte per Parigi. Si occupa di ripulire i binari ferroviari dalle sterpaglie a Vitry sur Seine (Valle della Marna). A causa della durezza del lavoro Marinoni e cinque compagni partono alla ricerca di una nuova occupazione, ma l’impossibilità di regolarizzare la propria posizione e senza la indispensabile documentazione, non trovano nessuna ditta disposta ad assumerli e decidono di ritornare al vecchio lavoro. Dopo un severo richiamo riprende la sua mansione sulle massicciate ferroviarie ma dopo circa un mese, venuto a conoscenza dell’intenzione di ripartire un’altra volta, la ditta per cui lavora lo licenzia e disdice il contratto. Libero da impegni si trasferisce a Parigi, dove trova impiego come gessista. Nella capitale francese si trova ben presto in contatto con i circoli di emigrati italiani con tendenze antifasciste e nel 1930 aderisce al Partito comunista ed è membro della Gioventù comunista e del Comitato regionale Parigi-Sud e membro della Confédération générale du travail (CGT); dal 1932 è membro del Soccorso Rosso e dal 1933 è iscritto al Partito comunista francese e conosce i personaggi politici più importanti dell’emigrazione italiana, tra cui Longo, Pertini, Nenni, che incontra numerose volte alle feste organizzate dall’emigrazione italiana con l’aiuto del PCF. Ed è proprio in una di queste feste che matura la sua decisione di partire per la Spagna: non avendo ancora assolto agli obblighi del servizio militare e temendo il richiamo alle armi per essere inviato in Abissinia, Marinoni chiede un consiglio a Maurice Thorez, segretario del PCF, che lo esorta a prendere al più presto un treno per la Spagna. Parte il 21 novembre 1936, raggiunge la Spagna e, dopo l'addestramento a Figueras e Albacete, è arruolato nel battaglione Garibaldi, inquadrato nella 2. Compagnia nel gruppo mitraglieri. Combatte sui fronti di Casa de Campo, Cerro Rojo, Pozuelo, Majadahonda, Jarama, Guadalajara, dove partecipa con la 4. compagnia comandata dal tenente Brignoli, all'attacco finale al Palazzo d'Ibarra. Passato nella brigata Garibaldi, arriva a comandare la 2. compagnia del 2. battaglione, venendo promosso capitano e ricevendo gli apprezzamenti dei comandanti delle Brigate Internazionali. Combatte a Belchite e Fuentes de Ebro. Nell'autunno 1937 è alla base di Quintanar de la Republica (ora Quintanar del Rey) a comandare le reclute spagnole nel battaglione di Istruzione della brigata Garibaldi. In seguito torna a combattere sui fronti di Caspe, di Estremadura e dell'Ebro, dove si distingue in battaglia e, nel settembre 1938, viene ferito da una raffica di mitragliatrice riportando una grave invalidità all'avambraccio destro. Ricoverato negli ospedali di Figueras e Vigo, non riesce a rientrare prima del ritiro dal fronte dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938. Uscito dalla Spagna il 20 febbraio 1939, è internato in Francia, nei campi di Argelès, Gurs e Vernet. Il 9 giugno 1942 è tradotto in Italia da Mentone, subito arrestato e rinchiuso in carcere a Genova, Milano e Bergamo. Il 4 agosto 1942 la Commissione provinciale di Bergamo lo condanna, in quanto combattente antifranchista in Spagna, a 5 anni di confino a Ventotene. Prima di partire per Ventotene rivede per l’ultima volta la madre che morirà poi nel 1942. Dopo la caduta del fascismo nel luglio 1943 viene liberato il 10 agosto e trasportato a Napoli grazie ad una barca mandata appositamente sull’isola da Nenni. Si dirige a Bergamo con Giacomo Palamini e torna a Cerete, dove viene incaricato di raggiungere altri partigiani nella zona di Lovere, in Valcamonica. Il gruppo è formato inizialmente da poche unità: due alpini reduci dalla campagna di aggressione all’Unione Sovietica e il loro comandante Giovanni Brasi detto “Montagna”. Dopo alcune settimane si uniscono a loro altri sbandati dell’esercito ed alcuni giovani di Lovere permettendo così la creazione di una vera e propria unità partigiana che prenderà la denominazione di 53. brigata Garibaldi. Nell’ottobre 1943 il gruppo decide una temeraria azione su Lovere: Marinoni è in disaccordo per l’insufficiente preparazione del gruppo e per i rischi e le conseguenze che tale azione potrebbe causare. Il 29 ottobre 1943 il gruppo partigiano attacca il paese di Lovere all’insaputa di Marinoni che in quei giorni si trova a Parre in casa di Palamini; viene presa d’assalto la casa del fascio e l’ILVA dalla quale viene prelevata una consistente somma di denaro. Durante le concitate azioni vengono ammazzati due importanti membri locali del partito fascista. La reazione non si fa attendere: il 7 dicembre circa duecento uomini tra tedeschi e repubblichini iniziano un feroce rastrellamento che si conclude con la fucilazione di 13 partigiani. Entrato in contrasto con i compagni, tanto che nell'estate 1944 viene espulso dal PCI, decide di continuare la sua clandestinità in montagna isolato dal resto dei gruppi attivi della Resistenza. In compagnia di un soldato sbandato di origini slave, vaga da un rifugio all’altro tra le montagne sino a quando il 20 gennaio 1945, viene arrestato dalla Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) e portato a Bergamo, dapprima in una caserma, poi trasferito nel carcere di Sant'Agata; proposto per l'invio in campo di concentramento in Germania, dopo alcune settimane viene invece liberato. Avvicinatosi agli ambienti socialisti, nel dopoguerra torna a Cerete Alto, dove il 12 gennaio 1946 sposa Andreina Benedetta Ferri, poi emigra in Belgio, dove risiede per circa due anni, dopo i quali torna definitivamente a Cerete. In occasione delle celebrazioni del quarantesimo anniversario della Guerra di Spagna, il 7 novembre 1976 gli viene conferita la medaglia d'oro del Consiglio regionale della Lombardia in occasione del 40° anniversario della guerra civile spagnola. Muore a Cerete il 13 novembre 2005.

Battaglia di Casa de campo
Battaglia di Cerro de los angeles (Cerro Rojo)
Battaglia di Pozuelo de Alarcón
Battaglia di Majadahonda
Battaglia di Guadalajara
Battaglia di Belchite
Battaglia di Fuentes de Ebro
Ritirata di Caspe
Combattimenti sul fronte dell'Estremadura
Battaglia dell'Ebro (fino al settembre 1938)
Annotazioni: Secondo Matteo Cefis, che intervista Marinoni il 2 agosto 2002, viene ferito nel marzo 1938 a Caspe e non rientra al fronte. Da non confondere con Giovanni Marinoni (alias Negri, Orsi, Costa, José) citato nel volume di Gabriele Fontana: questo Marinoni, che dice di essere stato in Spagna, dal 25 settembre al 10 dicembre 1943 è comandante del 3. distaccamento Volante ai Corni di Canzo (LC) e dal 14 gennaio al 10 marzo 1944 è attivo tra Bellano, Premana, Santa Rita (LC). Luigi Borgomaneri sostiene che lo stesso Giovanni Marinoni dal luglio 1944 è comandante delle Sap di Gallarate, Busto e Legnano e che in precedenza fosse comandante nel settore di Monza-Desio-Nova-Muggiò; le fratture con il Comando, dovute a stranezze esibizionistiche e a critiche circa i metodi di lotta, si aggravano quando, a metà settembre, gli è affidato il solo comando della 101. brigata Sap. Mancano dati specifici per distinguere le due biografie. Una sua biografia è presente nel documento RGASPI. F. 545. op. 6. D. 488

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

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