Bonfanti Enrico di Vittorio e Losi Lazzarina (o Caterina), nato il 24 gennaio 1901 a Varese e residente nel quartiere di Giubiano. Operaio verniciatore, pellettiere, comunista (trotskista). Sesta classe elementare. Capocellula del PCd'I dal 1924, è arrestato a Varese il 12 giugno del 1927 per cospirazione e propaganda comunista. Nelle fonti della Prefettura di Varese relative a questa vicenda, viene identificato come il Cho. Per questi reati (Ricostituzione del PCd'I e associazione e propaganda sovversiva) riceve due sentenze: la prima - n.246 del 21 dicembre 1927 - che rimanda a una seconda - n.60 del 22 febbraio 1928 - con la quale invece viene deferito al Tribunale Speciale e trasferito al carcere Regina Coeli di Roma (dove, però, secondo alcune fonti si troverebbe già  nel gennaio 1928) in attesa del giudizio. La sentenza n.57 della Commissione istruttoria del TS arriva, per lui e gli altri 17 imputati, l'8 giugno del 1928 e lo condanna a 5 anni di carcere, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e a 3 anni di vigilanza speciale della PS. Il 14 giugno 1932, espia completamente la pena nel carcere di Castelfranco Emilia, rifiutando di associarsi alla richiesta di grazie inoltrata dalla madre il 17 dicembre 1929 e per cui sia la polizia che i carabinieri avevano espresso parere favorevole. Ma proprio a fine pena, viene deferito alla Commissione provinciale di Varese come elemento pericoloso all'ordinamento e agli interessi dello Stato. Il 17 luglio 1932 viene condannato al confino e il 23 assegnato una prima volta alla colonia di Ventotene per 4 anni, e trasferito nella colonia il 27 agosto successivo. Il 16 gennaio 1933 è prosciolto dal confino nella ricorrenza del decennale del fascismo, ma detenuto per tre mesi (13 dicembre 1932-13 marzo 1933) nel carcere di Poggioreale per essere contravvenuto agli obblighi di confino. Il 16 marzo ne viene registrato il rientro a Varese presso la madre da parte della Prefettura che lo rimette in libertà  previa diffida. Sottoposto a stretta vigilanza dalla PS, pare spostarsi a Milano nell'ottobre 1933 e da qui, sembra riuscire, ai primi di dicembre del 1933, ad espatriare clandestinamente in Svizzera. Qui, sembra prenda parte a una manifestazione di protesta davanti al Consolato tedesco di Basilea e essere arrestato l'8 dicembre 1933 per dieci giorni, infine espulso dalla Svizzera. Viene iscritto in Rubrica di Frontiera nel 1934 e nel Bollettino delle Ricerche - Supplemento Sovversivi, con foto segnaletica, il 26 gennaio 1936 con schedina n.086 (che sostituisce la precedente n.0784 del 1934). Quindi, si porta in Francia a Marsiglia dove vive clandestinamente. La sua presenza è segnalata in diversi centri - alcuni da lui stesso dichiarati nel corso di interrogatori e deposizioni - a Basilea, Losanna, Marsiglia appunto. Il 28 agosto 1936 accorre in Spagna, nel centro di reclutamento di Albacete dove, il 28 dello stesso mese si arruola nelle Milizie Popolari: prima nel Battaglione Spartaco, poi nella Colonna Mobile Catalana Libertad, infine entra a far parte della centuria Gastone Sozzi con la quale partecipa a tutte le battaglie in cui questa è coinvolta, compresi i tentativi di fermare l'avanzata delle truppe franchiste sui fronti di Talavera e Toledo verso Madrid. Nell'elenco relativo ai membri di questa formazione (in INSMLI - Archivio AICVAS, b.17; fasc.90), è indicato come anarchico, una informazione che si ritrova anche nella breve scheda descrittiva redatta dall'ex compagno di centuria Pietro Pavanin per il Comintern, nel febbraio 1940 (in RGASPI - fondo 545; op.6; D.490). Poi, alla fine di ottobre, passa con il resto della centuria nel Battaglione Garibaldi e, in seguito, nella Brigata omonima, dove raggiunge il ruolo di tenente. Ferito per tre volte su piè fronti, l'ultima sul fronte dell'Ebro, nel settembre 1938, è tra gli sfiduciati rispetto alla situazione contingente e entra in rotta con i compagni di partito e ancora secondo Pavanin, sarebbe arrestato per qualche giorno dal servizio di investigazione militare della 45. Divisione per propaganda "demoralizzatrice e di svalorizzazione" dei comandi militari tra gli altri combattenti. Nella stessa nota, si dice, poi, che tra la fine del 1938 e i primi del 1939, Bonfanti si trova nel centro di smobilitazione di Torellò, dove effettivamente l'11 dicembre 1938 è registrata la sua presenza tra i combattenti cui manca il carnet militare (in INSMLI - Archivio AICVAS, b.16; fasc.85). Contemporaneamente, viene dichiarato caduto da fonti della Prefettura di Varese in Italia, nel corso della battaglia di Villanueva del Pardillo, nell'estate del 1937; notizia subito smentita dalla comunicazione della sua uscita dalla Spagna e del successivo internamento in Francia, nel febbraio 1939, nel campo di Argelès, dove aderisce al gruppo anarchico "Libertà o Morte", e poi di Gurs. Nel marzo del 1940 viene arruolato nelle CTE, e inviato ai lavori forzati al fronte sul confine col Belgio. Durante l'offensiva nazista, fugge verso Dunkerque ma viene arrestato con altri dalla polizia francese e rinchiuso in carcere. All'arrivo dei nazisti, con gli altri viene prelevato dal carcere e portato di nuovo ai lavori forzati nel territorio occupato del Belgio, nei dintorni di Gand. Qui, il 13 giugno si presenta al Consolato italiano locale per chiedere di essere rimpatriato, cosa che accade il 18 giugno, via Brennero, grazie all'intervento del Consolato di Bruxelles dove viene trasferito insieme alla sua domanda. Al suo arrivo alla frontiera di Brennero, viene arrestato e poi tradotto nel carcere di Varese dove attende la decisione della Commissione provinciale locale, la quale lo assegna per la seconda volta al confino di Ventotene per 5 anni, con decisione del 22 luglio 1940 perché «Combattente antifranchista in Spagna». Il 14 agosto 1941 viene ricoverato all'ospedale degli "Incurabili" di Napoli per problemi pleurici e dimesso il 4 settembre successivo. Nell'agosto del 1943 viene liberato dal confino da dove rientra a Varese il 20 e nel settembre partecipa alle attività  di organizzazione della Resistenza locale, dapprima come responsabile per il Calzaturificio di Varese del reclutamento di effettivi e, quindi, come partigiano nel 1. Distaccamento del Battaglione Bartolomeo Bai, uno dei tre di cui si compone la 121è Brigata Garibaldi Walter Marcobi, attiva nella zona di Varese e dintorni. Il CLN di Varese lo nomina sindaco della Liberazione incarico che mantiene fino al 25 marzo 1946, quando affiorano disaccordi col PCI per cui si dimette per l'arrivo di Ossola e al suo posto subentra il socialista Luigi Cova. Abbandona l'attività  politica. Nel febbraio 1946, intanto, si sposa. Muore a Varese il 6 luglio 1964. A lui viene intitolato un vicolo della città  di Varese. Il 7 novembre del 1976 il Consiglio Regionale Lombardo insignisce Bonfanti Enrico di Medaglia d’Oro alla memoria, attribuita in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola

Battaglia dell'Ebro (dal 1938 fino al settembre 1938)
Battaglia di Talavera de la Reina (dal 3 settembre 1936 fino al 3 settembre 1936)
Annotazioni: Nelle fonti della Prefettura conservate in INSMLI - AICVAS, b.16; fasc.86, sono riportate diverse versioni del nome della madre: Zolli Suzzana; Zoli Lazzarina; Vanoni Caterina (nome fornito da Bonfanti alle autorità di Basilea insieme alle false generalità del padre - Raffaele; e di se stesso, come nato a Milano il 21/01/1901); Losi Lazzarina;

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Nell'elenco relativo ai membri della Centuria Gastone Sozzi, di cui fa parte fin dal settembre 1936 (in INSMLI - Archivio AICVAS, b.17; fasc.90), è indicato come anarchico, un'informazione che si ritrova anche nella breve scheda descrittiva redatta dall'ex compagno di centuria Pietro Pavanin per il Comintern, nel febbraio 1940 (in RGASPI - fondo 545; op.6; D.490). Nella stessa nota si dice che egli ha fatto propaganda anticomunista tra i combattenti, cavalcando il malcontento diffuso per gli esiti della lotta, nel settembre 1938. Per questo sarebbe arrestato per alcuni giorni e poi rimesso in libertà . Passato al centro di smobilitazione di Torellò, sempre seconda la nota di Pavanin, egli avrebbe messo in piedi un gruppo di scontenti della gestione dei comandi da parte degli esponenti del partito comunista, prendendo contatti con il CNT-FAI e che, uscito dalla Francia nel febbraio 1939, avrebbe continuato a manifestare questo dissenso anche scrivendo sul giornale "Giovine Italia" di Pacciardi.

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi