Zambonini Enrico di Ferdinando e Comastri Virginia, nato il 28 aprile 1893 a Secchio frazione di Villa Minozzo (Reggio Emilia). Meccanico, anarchico. Fin da bambino aiuta nel lavoro il padre detto “Faina”, conduttore di muli, ma riesce comunque a frequentare la scuola fino alla 3. elementare. Nel 1906 si trasferisce a Genova per lavoro, abitando presso lo zio materno Domenico Comastri. Vi resta fino al 1922 quando espatria clandestinamente in Francia a Mentone, partendo da Ventimiglia con un motoscafo. Richiamato in Italia al servizio militare, il 29 aprile 1913 è assegnato al 2. Reggimento di Artiglieria da Montagna operante in Libia a Tobruk in funzione antiguerriglia nei territori occupati con la guerra del 1911. Ritorna in patria il 22 giugno 2019 e si stabilisce a Sestri Ponente (Genova). Frequenta la Camera del Lavoro, è segretario di un circolo anarchico e partecipa ai congressi nazionali della FAI. Nel 1922 vive a Riomaggiore Manarola (Savona) dove è segretario del sindacato minatori. Rientrato a Secchio di Villa Minozzo deve affrontare nel luglio 1922 uno scontro con i fascisti nella frazione di Gazzano. Il giorno successivo si allontana dal paese. Sul finire del 1922 espatria clandestinamente portandosi in Francia, dapprima a Marsiglia dove lavora in un'azienda di prodotti chimici, unendosi al movimento anarchico locale. Alla fine del 1923 si trasferisce a Saint-Raphael (Var) dove lavora prima come meccanico e poi occupandosi di una cooperativa edile. Il 1926 le autorità italiani aprono un fascicolo su Zambonini, qualificandolo anarchico attentatore. Nel dicembre del 1928 è arrestato dalla polizia francese per una presunta complicità in un attentato a Giacomo De Muro, console italiano di Saint-Raphael, colpito il 22 agosto 1928 da una fucilata. Assolto in istruttoria, ma espulso, si trasferisce in Belgio, a Flèmalle Grande (Liegi) al numero 40 di Rue Bouion e torna a lavorare come minatore e come muratore. Anche qui è segnalato dalla polizia come attivo anarchico, tiene infatti conferenze e partecipa a riunioni del movimento. Si sposta poi a Seraing-sur-Mer, a Tilleur al numero 42 di Quai du Hallage, poi a Vivegnis e convive con una giovanissima compagna Germaine Ciuti (Marsiglia 12 agosto 1914). Il 19 febbraio 1931 è vittima di un incidente sul lavoro che determina la perdita di due dita della mano sinistra. Nel 1932 entra in Spagna, a Barcellona, mettendosi a disposizione delle organizzazioni libertarie della Catalogna e secondo la polizia per organizzare un invio clandestino di armi in Italia. Pertanto viene iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche - Supplemento Sovversivi con schedina n.01613 emessa dal questore di Reggio Emilia il 14 novembre 1932. Il 17 ottobre 1934 Zambonini è espulso dalla Spagna. Rientrato in Francia, viene arrestato mentre tenta di rientrare clandestinamente in Spagna e condannato a due mesi di reclusione per non aver rispettato l'ordinanza di espulsione emessa tempo prima contro di lui. Scontata la pena nel carcere di Perpignano, torna in Spagna con la sua compagna ed è nuovamente espulso per minacce al console italiano. Si sposta quindi in Belgio a Liegi, dove l’11 luglio 1935, viene fermato dalla polizia e espulso il 15 verso il Lussemburgo. Allo scoppio della guerra civile in Spagna giunge a Barcellona il 26 luglio 1936, prendendo parte alla lotta delle prime milizie. Si arruola tra i primi alla Sezione italiana della Colonna Ascaso, con la quale partecipa ai primi combattimenti a Monte Pelato, Huesca e Almudévar, rimanendo ferito alla testa, ad un occhio ed alla gamba in combattimento, per l'esplosione di un ordigno. Quando ad aprile la Sezione Italiana si scioglie, rientra a Barcellona dove partecipa ai moti del maggio, che contrappongono gli anarchici ed i comunisti dissidenti del POUM al governo autonomo catalano. Negli scontri riporta una ferita alla regione sinistra del capo, che gli lascerà numerose sequele e una deformità alla mandibola e subisce l'arresto. In seguito rimane comunque in città dove lavora in un’azienda di preparazione del latte, aiuta i compagni anarchici e organizza insieme Fosca Corsinovi ed Armand Schofer o Schoffer detto “Rodriguez”, vecchio militante della FAI originario forse di Trieste, una colonia per orfani di guerra o feriti nei bombardamenti di Barcellona, lanciando una sottoscrizione pubblicata sul giornale “L’Adunata dei Refrattari”, pubblicato a New York negli Stati Uniti. Verranno raccolti fondi sufficienti e la colonia sarà aperta il 7 novembre 1938 a Pins del Vallès nei dintorni di Barcellona (oggi del Cugat), accogliendo 30 bambini. Nel numero del 17 dicembre 1938 “L’Adunata dei Refrattari pubblica la prima pagina del primo numero del giornalino murale “L’Adunata de los Pequeños”. L’inaugurazione ufficiale della colonia avviene pochi giorni prima del crollo del fronte catalano il 22 gennaio 1939 e vi partecipano il direttore di “Tierra y Libertad”, un redattore di “Solidaridad Obrera” organo della CNT ed il regista cinematografico Eusebio Carbò. La festa verrà documentata in un breve film di quattro minuti che, dopo infinite peripezie, sarà possibile proiettare solo nel 1946. In questo periodo Zambonini è arrestato per motivi ignoti e resterà in prigione fino al crollo del fronte catalano. Liberato, deve abbandonare rapidamente la Spagna. Lascia Barcellona poche ore prima della caduta della città in mano ai franchisti il 26 gennaio 1939 e rientra in Francia nei primi giorni di febbraio 1939, riuscendo a confondersi tra la popolazione civile, evitando la detenzione nei campi e stabilendosi a Perpignano. I seguito viene arrestato e internato nel campo di Argelès, dove aderisce al gruppo anarchico "Libertà o Morte". Dal 3 luglio 1941 viene ricoverato all’Ancien Hopital Saint Louis” per i postumi delle ferite riportate a Barcellona. Dimesso 8 aprile 1942 e di nuovo ricoverato, è arrestato e il 7 agosto 1942 viene tradotto in Italia il 10 luglio. Mentre è rinchiuso a Reggio Emilia, il 25 settembre la Commissione provinciale lo destina il 25 settembre 1942 al confino a Ventotene per cinque anni, dove giunge il 28 ottobre Con la caduta del fascismo, come tutti gli anarchici viene spostato dal confino al campo di Renicci di Anghiari (Arezzo), ma nel trasferimento si rifiuta di essere internato e viene allora rinchiuso nel carcere di Arezzo. Da qui viene liberato solo il 4 dicembre 1943. Torna a Secchio dalla sorella Marianna e entra in contatto con gli antifascisti della zona ma anche con gli anarchici, Tra gli altri incontra un altro ex garibaldino di Spagna, Emilio Canzi a Piacenza e si unisce alle formazioni partigiane sull'alto Appennino dove è tra i primi organizzatori della Resistenza nella 27. Brigata “Bigi”. Arrestato dai fascisti a casa della sorella il 21 gennaio 1944, a seguito di una retata presso la parrocchia di Tapignola (Reggio Emilia) dove si trova una formazione partigiana, viene trasferito assieme al parroco don Pasquino Borghi a Reggio Emilia. Qui il 29 gennaio viene processato sommariamente dal Tribunale Speciale Straordinario di Reggio Emilia della RSI e condannato a morte per rappresaglia per l'uccisione di Angelo Ferretti, comandante del presidio GNR di Rio Saliceto. A seguito di un processo sommario, per quanto estraneo alla vicenda dell'uccisione, il 30 gennaio Zambonini viene fucilato presso il poligono di tiro della città assieme a don Pasquino Borghi e ad altri sette antifascisti. Al momento della fucilazione rifiuta l'assistenza religiosa e cade gridando: "Viva l'anarchia!". Viene intitolato a suo nome un battaglione della Brigata Garibaldi nella zona di lotta partigiana della Val d'Enza. Il suo nome è incluso nel sacrario di Piazza Vittoria dedicato ai partigiani caduti. Il Comune di Reggio Emilia nel 1984 gli ha dedicato una via come partigiano.

Annotazioni: La sua partecipazione alla Prima guerra mondiale è associata alla sua presenza dal 1913 al 1919 in Africa, come richiamato alle armi e assegnato a un reparto di artiglieria da montagna operante in funzione "antiribelli" nei territori libici "conquistati" con la guerra del 1911.

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Il 29 gennaio 1944 viene processato sommariamente dal Tribunale Speciale Straordinario di Reggio Emilia della RSI e condannato a morte per rappresaglia per l'uccisione del comandante del presidio GNR di Rio Saliceto e per aver combattuto in Spagna contro i franchisti.

Revisore: Erica Grossi