Santini Aureliano di Ferdinando e Cioni Celeste, nato il 12 febbraio 1911 a Empoli, frazione Fontanella (Firenze). La famiglia contadina possiede per eredità un ettaro e mezzo di terra che lavora direttamente e il padre, socialista, presta la propria opera di salariato presso le fattorie della zona e nello zuccherificio. Santini assiste ancora bambino all’infuocato triennio 1919-1921 alle lotte del movimento popolare e socialista per l’emancipazione dei lavoratori ed alla violenta crescita del fascismo. Tra la fine del 1928 e il 1929 fa parte della sezione giovanile clandestina del Partito Comunista d'Italia di Empoli dove è arrestato nel novembre 1930 per propaganda comunista e sconta 45 giorni di carcere. Prosegue la su attività politica nel Partito, dove è membro del Comitato Federale dal 1931 al 1932. Arrestato nell'aprile 1931 per riorganizzazione del Partito Comunista è condannato il 30 aprile del 1932 con altri dodici compagni dal Tribunale Speciale a un anno di reclusione che sconta a Firenze e Roma e usa il tempo per studiare il francese e migliorare il suo italiano. Liberato nel giugno 1932, espatria in Francia clandestinamente insieme altri quattro antifascisti via mare. Il 4 novembre 1932 muovono da Livorno dal Porticello Nazario Sauro, raggiungono la Corsica con una piccola imbarcazione di fortuna, quindi passano a Marsiglia e, nel dicembre, a Parigi. Risiede a Bagnolet (Seine-Saint-Denis), ma dopo poche settimane il 2 gennaio 1933 viene inviato in URSS, via Berlino, dove frequenta la Scuola leninista di Mosca fino alla primavera del 1935. A tenere le lezioni c’è il gotha del comunismo italiano in esilio, da Palmiro Togliatti ad Aldo Montagnana, da Felice Platone a Guido Picelli. A Mosca il Santini incrocia molti altri giovani italiani nella sua stessa situazione; uno di questi fu Alessandro Sinigaglia, arrivato in Russia qualche anno prima, nel 1928 e che come lui combatterà nella guerra civile spagnola. Nella primavera del 1935 è rimandato a Parigi nella Federazione giovanile del PCd’I. Da qui compie due missioni clandestine in Italia, camuffato da turista austriaco, per prendere contatti con alcuni gruppi comunisti clandestini ed è segretario dei gruppi italiani della Loira a Saint-Etienne col nome di Walter. Iscritto in Rubrica di Frontiera. Nel settembre 1936 chiede ed ottiene di poter recarsi in Spagna come volontario e ai primi di ottobre sbarca in Spagna ad Alicante col piroscafo Ciudad de Barcelona, Raggiunta Albacete è arruolato con il nome di Silvio Morelli come commissario politico della 1. Compagnia del Battaglione Garibaldi e redattore de "Il Garibaldino". Nella sua permanenza in Spagna Santini ricoprirà diversi ruoli: aiutante maggiore del Battaglione, comandante della 4. Compagnia, aiutante maggiore del 2. Battaglione della Brigata Garibaldi e capo della prima sezione dello Stato maggiore, comandante del 3. Battaglione, poi del 2. e comandante infine del Battaglione di istruzione della Brigata. Combatte a Cerro de los Angeles, Casa de Campo, Pozuelo, Mirabueno, Arganda e Guadalajara. Dopo la vittoriosa battaglia il 28 marzo 1937, parla dallo studio radio della UGT, alle ore 21:30: «dalla Spagna martoriata, dalla capitale di questo grande popolo che non vuol essere schiavo, da questo mare di giovani eroi in lotta per il loro avvenire, io giovane italiano mi rivolgo a tutte le giovani energie della nostra grande Italia, affinché tutti i giovani italiani sappiano, come me, qual è la vera battaglia che si combatte in Spagna. […] Io giovane comunista operaio meccanico di Empoli, toscana, comandante della IV compagnia del Battaglione italiano». In seguito, promosso tenente, è aiutante maggiore del battaglione, quindi, come capitano, è comandante del 2. Battaglione della 12. Brigata Garibaldi dal 17 agosto al 31 ottobre 1937, poi del 3. Battaglione dal 5 al 17 agosto 1937. Ferito in combattimento al piede e alla mano destra a Farlete verso la metà del 1937, è inviato all'accademia militare di Pozorrubio e comanda per due mesi il Battaglione di istruzione di Quintanar de la Repùblica.Il 22 settembre 1937 viene pubblicato sul numero 13 del giornale "Il Garibaldino" della Brigata Garibaldi, un suo ritratto umoristico di Giacomo Calandrone: ” Estella lo ha definito "uno dei guappi della Brigata", ma nessuno ci crede, nemmeno lo stesso Morelli che, sapendo che mi trovavo a Madrid, mi scrisse di non guardare le bionde, perchè e bionda la sua “guappa" madrilena. Un guappo che teme che la sua guappa ai lasci sedurre daglis guardi tutt’altro che affascinanti del sottoscritto è un "guappo" trascurabile. Lasciamo perdere tutte queste storielle di "guappi" e parliamo un po’ del capitano Silvio Morelli.Fu uno dei primi ad accorrere in Ispagna. Alfiere a Pozuelo, tenente comandante la quarta compagnia sul Jarama, capitanoa Casa del Campo, comandante interinale del Secondo Battaglione a Huesca, capo del Primo Ufficio della Brigata prima dell’azione del Centro, comandante interinale del 3. Battaglione a Villanueva de la Cañada, attualmente comanda un Battaglione della Brigata Garibaldi. Ha uno stato di servizio veramente notevole. II suo stato di servizio nell’Esercito repubblicano, nell’esercito del popolo è uguagliato dal sito passato di milite rivoluzionario. Condannato in Italia dal Tribunale Speciale per “appartenenza ad un partito disciolto", scontata la condanna, emigrò clandestinamente. Perfezionò in Russia la sua cultura rivoluzionaria, poi ritornò in Italia, per compiere un delicato incarico. Lo conobbi nell’immigrazione, a Saint Etienne. Dirigeva le organizzazioni antifasciste della regione. Secondo il console italiano era uno dei tanti “rinnegati” pagati dall’oro di Mosca e dalla franco-massoneria. II suo stipendio, pero, doveva essere esiguo, perchè lavorava quando e come poteva. Un giorno lo vidi con tanto di colletto bianco, di cappello in testa e di impermeabile grigio, trainare una carretta colma di terra, attorniato da uno sciame di "gavroches” stupiti che un "monsieur" lavorasse. Fummo buoni amici per più di un anno. Poi, Morelli parti per Parigi. Mi scrisse di laggiù il giorno della sua partenza "Vado in Ispagna. Bisogna sbarrare la strada al fascismo"... Per la barba di ras Tafari, e tu che credi? Che io rimanga? Nell’ultima azione fu ferito leggermente ad una mano e ad un piede da schegge di granata. Evacuato in un ospedale delle vicinanze, ritornò immediatamente in linea, quando seppe che era stato colpito mortalmente il comandante del Terzo Battaglione... Diamine, noi siamo partiti per sbarrare la strada al fascismo, per sconfiggerlo dunque...”. Accusato di aver fucilato un soldato spagnolo per spionaggio, senza un regolare processo, è rimosso dalle Brigate Internazionali e nel gennaio passa alla 52. Divisione dell’Esercito Popolare spagnolo, distaccata in Estremadura, come comandante della 3. Sezione (operazioni) del quartier generale e segretario generale della cellula dello Stato maggiore. E’ capitano istruttore specialista di tiro nella accademia della Divisione, istruttore specialista nella organizzazione della 52. Divisione e ufficiale della sezione operazioni. Dopo il ritiro dei volontari internazionali nel settembre 1938, dal novembre 1938 è assunto a Radio Aranjuez da dove trasmette come speaker in italiano e redattore per le trasmissioni di Radio Madrid. Si iscrive al PCE nello stesso anno. Dopo il golpe del Colonnello Casado a Madrid e nella zona centrale della Spagna ancora in mano alla Repubblica, riesce a sfuggire agli anticomunisti e il 6 marzo 1939 raggiunge Valencia. Il 28 dello stesso mese si imbarca sull'ultima nave in partenza: è fra i passeggeri (carta d'imbarco n. 596) dello “Stanbrook”, nave inglese destinata all'evacuazione dei repubblicani spagnoli e salpata dal porto di Alicante il 25 marzo 1939 con a bordo circa 3000 persone. Dopo un mese di permanenza, ai passeggeri colpiti da un’epidemia di tifo, viene infine concesso di sbarcare ad Orano in Algeria il 1. aprile 1939. Dopo un mese di degenza all'ospedale di Orano, è acquartierato nell'ex prigione femminile (grazie al finto passaporto familiare di cui è in possesso, insieme alla compagna spagnola Lolita). Il 12 settembre 1939, individuato come comunista, è incarcerato a Orano e nell'aprile 1940 deportato nel campo di Bogari. Liberato nel giugno 1940, è nuovamente arrestato nell'estate del 1941 e internato nel campo di concentramento di Djelfa, nel deserto algerino. Lì viene avvicinato da Randolfo Pacciardi e da altri ufficiali delle Brigate Internazionali che tentano di coinvolgerlo in un nuovo progetto per una nuova colonna di antifascisti italiani che si sarebbe dovuta organizzare in Egitto al Cairo, per poi tentare uno sbarco in Italia. Santini rifiuta l’adesione per indicazione del Partito Comunista a non aderire a simili iniziative da parte di altri antifascisti. Nell’ottobre del 1942 è rimpatriato forzatamente in Italia. Arrestato il 7 novembre 1942, sconta 8 mesi di reclusione per renitenza alla leva comminatigli in contumacia nel 1934 (a Roma e Gaeta), quindi il 23 giugno 1943 è assegnato a Caserta come soldato di fanteria del 39. Reggimento Bologna. Rientrato ad Empoli dopo l'8 settembre, è responsabile insieme con Pietro Lari, Sani Ricciotti e Matteoli Vasco del Direttivo militare. Nel 1943-44 dirigente della Resistenza a Empoli come membro della Giunta militare del CLN, in seguito ottiene nel CLN l'incarico di reggenza del commissariato della PS. Nel 1945 è rappresentante del PCI nella giunta comunale di Empoli, poi nel 1951 consigliere provinciale capogruppo del PCI e assessore. Ormai trasferitosi ad Arezzo dall’ottobre 1946, è vicesegretario della federazione del PCI della città dal 1946 al 1947, segretario fino al 1953. Eletto nel 1953 presidente dell'amministrazione provinciale, riconfermato nel 1960. Muore ad Arezzo il 19 gennaio 1966.

Revisore: Erica Grossi

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