Saccenti Dino di Martino e Moradei Giovanna, nato il 20 giugno 1901 a Prato. Cameriere, operaio, magazziniere, meccanico, bronzista, comunista. Terzo figlio di una «numerosa famiglia operaia», frequenta il Collegio Cicognini di Prato. Fin da giovanissimo si distingue per un orientamento politico «di sinistra», opponendosi alle manifestazioni per l'intervento dell'Italia nella Prima guerra mondiale. La partecipazione a scioperi e cortei delle masse operaie, gli causa l'espulsione dalla scuola nel 1917. Lavora come cameriere a Prato ma continua a prendere parte all'azione del movimento operaio nelle lotte per il caro-viveri e alle agitazioni del Biennio Rosso a Prato. Entra così negli Arditi del popolo per opporsi alle squadre fasciste e partecipa a scontri con i fascisti nel 1921 e nel 1922. È arrestato e condannato a otto anni e quattro mesi di reclusione a Le Murate di Firenze per complicità  in mancato omicidio e per omicidio del tenente fascista Federico Guglielmo Florio, ferito in Piazza delle Carceri a Prato il 5 dicembre 1921 e morto poi, in conseguenza delle ferite, il 17 gennaio 1922. Nei mesi di prigionia e dopo aver assistito allo scioglimento degli Arditi, Saccenti decide di iscriversi al PCd’I. Trasferito alle carceri di Siena, è poi scarcerato per amnistia il 6 agosto 1925. Si trasferisce a Milano, dove vive dal 1925 al 1928 «la vita grama del profugo politico illegale». Lavora prima alla mensa della Brown-Boveri e intanto svolge per il partito l'incarico di fare sottoscrizioni sia per «l'Unità » sia per il Soccorso Rosso. Intanto, la situazione diventa sempre più difficile e Saccenti decide di costituire, insieme ad altri compagni, il Comitato di profughi politici per sostenere quanti vivono come lui nella clandestinità  politica, lontano da casa. Per qualche mese, si trasferisce a lavorare in un albergo a Riva del Garda ma la situazione non lo soddisfa. Torna a Milano e e si presenta al reclutamento del personale della FIAT di Corso Sempione. Inizia a lavorare nel magazzino dei pezzi di ricambio, continuando a svolgere il ruolo di segretario della Federazione comunista milanese. In seguito all’attentato dinamitardo di piazza Giulio Cesare di Milano, il 12 aprile 1928, contro il re Vittorio Emanuele III, in città  per la nona edizione della Fiera Campionaria, è nuovamente arrestato (il 16 aprile) per organizzazione comunista. Condotto in questura, è interrogato duramente e sottoposto a pestaggi perché rilasci una confessione. Alla fine di aprile, viene deferito al Tribunale Speciale (senza che sia stata emessa sentenza istruttoria) e tradotto a Roma dove è processato. Il Tribunale Speciale con sentenza n.12 del 22 febbraio 1929 lo condanna a cinque anni di reclusione nel carcere di Civitavecchia, al pagamento delle spese processuali e a tre anni di vigilanza speciale della P.S. I primi tre anni di reclusione, però, li trascorre a Nisida (NA), da qui è trasferito per sfollamento a Spoleto, infine, nel carcere di Civitavecchia. Nel frattempo, il 20 luglio del 1932, sposa la fidanzata Gina (Luigia) Gallazzi con un trasferimento momentaneo al carcere di San Vittore a Milano, dove la ragazza è residente. Il 10 novembre, beneficiando dei «provvedimenti di clemenza del R.D. n.1403 del 05/11/1932» (decennale del fascismo), viene scarcerato, avendo scontato già  quasi tutta la pena (4 anni, 6 mesi e 24 giorni). Diffidato e iscritto nel Bollettino delle Ricerche - Supplemento Sovversivi come «persona da arrestare in determinate circostanze». Torna a Milano dove non trova la moglie, anche lei militante comunista nella lotta clandestina, appena inviata al confino a Ponza per cinque anni. Nell’ottobre 1933 sembra stabilirsi per un breve periodo a Genova dove è impiegato presso la Delegazione commerciale sovietica, ma nel dicembre è nuovamente residente a Milano con lo stesso ruolo e per lo stesso ente. Decide, insieme ad altri compagni, di espatriare in Svizzera. Attraversa a piedi il confine tra Como e Cernobbio dirigendosi a Basilea, per sfuggire alle persecuzioni della polizia fascista. Qui trova i contatti per espatriare in Francia, a Parigi dove arriva in treno. Immediatamente prende contatto con il Partito e, dopo aver ottenuto la documentazione necessaria, è inviato dal PCd’I a Mosca, dove partecipa fra l'altro al 7. Congresso dell'Internazionale Comunista (25 luglio 1935) e frequenta la scuola politica e militare leninista. Dopo due anni, dall'URSS, attraversando Svezia, Danimarca, Olanda e Belgio - ma «scansando la Germania» - si sposta in Francia, a Parigi, dove si trova anche la moglie Gina e da qui, decide di partire in Spagna. Giunge con altri compagni in bus alle falde dei Pirenei e poi attraversa a piedi il confine, giungendo a Figueras. Nel 1938 risulta iscritto al PCE. Qui si arruola nella 4. Compagnia del 1. Battaglione della 12. Brigata Internazionale Garibaldi di cui diventa commissario politico nel corso della battaglia dell'Ebro. Combatte strenuamente e l'8 settembre si distingue nell'arrivare nelle trincee nemiche prendendo un prigioniero. Il 13 settembre è l'ultimo ad abbandonare la quota 450. Infine il 20 settembre viene ferito dalle schegge di un proiettile di artiglieria al braccio destro, al polmone destro e alla gola, evento che gli procura un'invalidità  permanente. Malgrado la ferita incita i compagni alla resistenza fino alla vittoria e viene proposta la grado di tenente. Ricoverato prima all'ospedale di Barcellona, è poi trasferito su un treno-ospedale della Croce Rossa all'ospedale di Mataró il 29 settembre 1938 (la scheggia nel polmone gli sarà  poi rimossa soltanto nel 1956 in una clinica di Mosca). Con il ritiro delle Brigate Internazionali, nel febbraio 1939, partecipa alla marcia dei profughi da Figueras verso le falde dei Pirenei. Sulla frontiera con la Francia avviene la consegna di armi e bandiere, in attesa del nullaosta francese. Inizia così la marcia in territorio di Francia che lo conduce al campo di internamento di Argelès. Qui diventa commissario per il settore italiano ed è costretto a far fronte alle terribili condizioni di vita cui i profughi sono sottoposti. Dopo due mesi, intorno a giugno del 1939, è trasferito a Gurs dove è segnalato come uno dei principali agitatori del gruppo italiano. A luglio ottiene una licenza per una polmonite e si reca a Parigi dove incontra la moglie e i compagni in clandestinità  e viene messo a conoscenza di quanto sta avvenendo in Europa. Rientra al campo dove i maltrattamenti nei confronti dei prigionieri a carattere politico aumentano. Intanto, il 14 aprile 1940 a Parigi è nato il figlio Ennio. Proprio perché è etichettato come uno tra i più pericolosi perché le autorità  del campo sostengono sia stato inviato in Spagna dal PCd'I e vi sia arrivato direttamente dall'URSS, viene decisa la sua traduzione al campo del Vernet il 13 maggio 1940, essendosi anche rifiutato di entrare nella Legione straniera. A Vernet (settore C, reduci di Spagna, baracca 1) entra il 5 giugno 1940. Tra il 6 e il 9 aprile del 1941, è rimpatriato. Così, quando viene tradotto via Mentone sul confine italiano, è condotto nel carcere Le Murate di Firenze. Qui resta in attesa della decisione della Commissione Provinciale e della Prefettura di Firenze che lo inviano per cinque anni al confino a Ventotene perché «combattente antifranchista in Spagna» con provvedimento del 14 maggio 1941. È liberato nell'agosto del 1943 e alla fine del mese rientra a Prato. Dopo l’8 settembre, con lo pseudonimo di Mario, è organizzatore dei gruppi partigiani di Prato e Firenze, oltre che responsabile della sezione comunista di Prato e comandante dei partigiani di Catena di Quarrata (Pistoia). È anche membro della Delegazione toscana del Comando delle Brigate Garibaldi. Viene convocato a Firenze dal compagno Alessandro Siniglia per organizzare la resistenza nel Mugello. Dopo l'uccisione di Sinigaglia (13 febbraio 1944) è convocato a Firenze a prendere il suo posto al comando toscano delle Brigate Garibaldi e dei GAP della città . Diventa uno dei più intimi collaboratori di Francesco Leone ed è tra i fondatori della 1. Divisione partigiana Arno di cui detiene il comando e nella quale confluiscono tutte le formazioni toscane (Stella Rossa, Buricchi, Lanciotto Ballerini, Sinigaglia, Spartaco Lavagnini). L'11 agosto del 1944 è tra i primi ad entrare a Firenze liberata e un mese dopo, a Prato. Intanto, è stato nominato sindaco di Prato dal CLN regionale toscano, carica che conserva fino al 1948, quando è eletto alla Costituente. Deputato nella I legislatura nel XV Collegio di Firenze-Pistoia (1948) e nella II legislatura nel XIV Collegio di Firenze-Pistoia (1958), membro della V Commissione Difesa, è presidente del Comitato provinciale dell’ANPI di Firenze, presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Prato e della ANMI (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi) provinciale. Muore a Firenze il 16 aprile 1981.

Battaglia dell'Ebro (fino al 20 settembre 1938)
Liberazione di Firenze (dal agosto 1944 fino al 11 agosto 1944)
Liberazione di Prato (dal settembre 1944 fino al settembre 1944)
Attentato al Re Vittorio Emanuele III
Assassinio del tenente fascista Federico Guglielmo Florio
Annotazioni: Esistono due date di morte, una però è quella più certa perché documentata dal certificato di morte e da alcune fonti bibliografiche autografe: Firenze 16/04/1981 (in AICVAS - b.49; fasc.184 e in Memorie / Dino Saccenti ; prefazione di Giuliano Pajetta. - Firenze : Istituto Gramsci-Sezione Toscana ; Firenze : CLUSF, 1981. - VIII, 107 p. ; 18 cm .. - [BNI] 836749). Risulta con la schedina n.026 (Questore di Firenze, 01/01/1938) nel Bollettino delle Ricerche - Supplemento Sovversivi

Annotazioni: Per quanto riguarda la sua condanna per concorso in mancato omicidio e in omicidio ai danni del tenente Florio (gennaio 1922), si sa che dopo una prima condanna a otto anni e quattro mesi a Le Murate di Firenze, passa in Cassazione dove viene, di fatto, cassato. Successivamente però è rinviato alla corte d'Assise di Siena nel 1925, evento che determina il passaggio di Saccenti al carcere di Siena, dove resta fino all'amnistia del 1932. Si sposa con la fidanzata Luigia (Gina) Gallazzi il 20 luglio 1932 nel carcere di San Vittore (Milano).

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Entra in Spagna direttamente dall'URSS dove si trova, perché inviato dal PCd'I a Mosca a partecipare 7. Congresso dell'Internazionale Comunista e frequenta la scuola politica e militare leninista. Esce dalla Spagna dopo il ritiro delle Brigate Internazionali e passa in Francia nel febbraio 1939. Qui verrà  poi internato e tenuto sotto controllo proprio perché si sospetta di lui in quanto inviato in Spagna direttamente dall'Unione Sovietica.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: àˆ organizzatore delle prime unità  garibalgine del Mugello e fa parte dei GAP fiorentini.

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi