Bonciani Alighiero di Gelasio e Nesti Teresa (secondo altra fonte Bertolazzi Romilda), nato il 27 agosto 1903 a Casellina e Torri (Firenze). Impiegato, poi portuale, comunista, Fattorino telegrafico alle Poste, nel 1923 è licenziato per motivi politici ed espatria in Francia, a Marsiglia, dove lavora come portuale. Lì conosce la compagna Maria Antrisoli ed è attivo nei Gruppi di Lingua Italiana organizzati dal Partito Comunista Francese. Nel 1930 risiede a Lione e in settembre partecipa al 5. Congresso dell'Internazionale sindacale rossa a Mosca, mentre in novembre presiede a Lione un congresso regionale dei comitati proletari antifascisti. Nel 1931 è segretario del locale Comitato pro vittime politiche e il 26 luglio è relatore al Convegno regionale del comitato antifascisti che si svolge in città. In Italia è iscritto nel Bollettino delle Ricerche per il provvedimento di fermo che successivamente sarà tramutato in arresto e nella Rubrica di Frontiera. Minacciato di espulsione per la sua attività politica, rientra a Marsiglia. Nel 1934 si trasferisce a Tolosa per lavoro, poi torna a Marsiglia, dove riprende l'attività nel Fronte Unico antifascista. Allo scoppio della guerra civile, nell'agosto 1936 si reca in Spagna, dove il 28 agosto 1936 si arruola nella Colonna mobile catalana “Libertad” 116. Brigata, Battaglione Spartaco, organizzata dal PSUC (Partito Socialista Unificato della Catalogna). Partecipare poi alla costituzione della Centuria italiana “Gastone Sozzi” ad essa aggregata, dove è sergente. Il 13 settembre 1936 è ferito gravemente alla spalla ed al fianco destro nel primo combattimento sul fronte di Pelahustàn, settore di Talavera-Santa Olalla e ricoverato nell'ospedale da campo di Cienicientos. Riconosciuto invalido permanente, in seguito fa parte del Battaglione Garibaldi e poi della Brigata Garibaldi. Nel settembre 1937 è rimpatriato in Francia. Dal gennaio 1942 è con i partigiani francesi a Marsiglia e partecipa agli attentati dinamitardi organizzati dai Francs-tireurs et partisans (FTP), per cui progetta e modifica personalmente gli ordigni. In particolare si occupa di far saltare gli scambi in occasione dello sciopero dei ferrovieri, e dell’attentato ad una casa di tolleranza che era stata requisita come alloggio degli ufficiali tedeschi. Riesce anche ad inutilizzare con le sue mine per 7-8 mesi le fabbriche di cemento che producevano il materiale per le fortificazioni del mediterraneo. Su sua richiesta il 25 giugno 1944 torna in Italia, dove, col nome di battaglia “Tullio”, è capo di Stato maggiore del Comando provinciale delle brigate Garibaldi SAP a Milano, ufficiale di collegamento tra il Comando e la 3. brigata GAP di Giovanni Pesce, poi responsabile della sezione armamento nella Delegazione comando per la Lombardia e ispettore della Delegazione presso i GAP. Di ritorno da una missione in Valle Olona, a seguito di una delazione, viene sorpreso da militi della Muti il 20 ottobre 1944 a letto nella camera in affitto in corso Lodi 109 e fucilato nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 1944. Il suo cadavere è rinvenuto il mattino seguente sul marciapiedi con documenti intestati a Luciano Restelli.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi