Scotto Arturo Silvano di Giuseppe e Paoletti Ersilia, nato il 2 luglio 1902 a Livorno. Lavoratore portuale, facchino di porto, operaio meccanico, comunista. Dirigente sindacale dei lavoratori portuali, è sposato con Gina Botteghi dalla quale ha la prima figlia Silvana nel 1920. Già  arrestato per diserzione il 3 luglio 1922 e condannato dal Tribunale marittimo di Pola a un anno di carcere, aderisce al Partito Comunista d’Italia clandestino di Livorno nel 1923 e nel 1929 costituisce, insieme ad Alcide Lotti, la sezione di Livorno. Il 2 dicembre 1930 è arrestato, il 16 gennaio schedato e il 6 febbraio condannato dal Tribunale Speciale a cinque anni di carcere e tre di sorveglianza speciale per organizzazione comunista. Rinuncia ad associarsi alla domanda di grazia presentata da un familiare e sconta parte della pena nel carcere di Padova. Amnistiato nel 1932 (decennale del fascismo), rientra a Livorno in cerca di lavoro. Riprende l’attività  clandestina e il 21 marzo 1933, organizza con altri i funerali dell’ ex confinato comunista Mario Camici, cui partecipano migliaia di livornesi e che si trasforma in un evento di massa di protesta contro il fascismo. A seguito di questo evento e di altri atti sovversivi dei comunisti, viene arrestato dalla fine di marzo al 9 maggio del 1933, con diffida della Commissione provinciale di Livorno. Il 20 (o il 30) settembre del 1934 lascia Livorno dalla spiaggia di Calambrone insieme ad altri e emigra in Corsica (Francia) a Bastia da dove poi raggiunge Marsiglia l’11 ottobre. È colpito da mandato di cattura nel marzo 1935, mandato poi stralciato dal processo del Tribunale Speciale perché latitante. È iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche. Ottiene un permesso di soggiorno per rifugiati politici in Francia per tre mesi e alla scadenza, è inviato dal PCd’I in URSS per frequentare un corso per funzionari politici. Nel frattempo, il 29 luglio 1934, sono nate le gemelle Ida e Ivana che conoscerà  solo nel 1939 nel carcere di Castelfranco. Tornato in Francia nel novembre del 1936, già  in dicembre è segnalato a Marsiglia e dal febbraio del 1937 lavora nel Comitato pro-Spagna e nel Soccorso Rosso Internazionale con lo pseudonimo di Piselli. Aderisce all’Unione popolare italiana e nel settembre del 1937 attraversa i Pirenei e raggiunge Albacete dove nel novembre del 1937 viene aggregato al 4. Battaglione della Brigata Garibaldi (alcune fonti sostengono che raggiunge la Spagna dall'URSS). Ferito alla gamba destra nella ritirata da Caspe all'Ebro alla fine di marzo, il 1 aprile 1938 è preso prigioniero dai franchisti a Fayón in Aragona e per un breve periodo tenuto nel monastero di San Pedro de Cardeña (Burgos), trasformato in prigione per i volontari internazionali, dove, nonostante usi il nome di Enrico Piselli, viene riconosciuto da un fascista livornese dell’OVRA. Nel settembre 1938 è consegnato agli italiani che lo traducono a Napoli il 18 novembre 1938 con una nave dal porto di Cadice. Qui, nelle carceri giudiziarie di Poggioreale, è sottoposto a duro interrogatorio mentre è in attesa del processo. Tradotto a Roma il 26 gennaio 1939, il 3 marzo è condannato a 18 anni dal Tribunale Speciale da scontare a Castelfranco Emilia (Saluzzo) per partecipazione ad associazione sovversiva e propaganda. Per Grazia Sovrana (circolare del Ministero dell’Interno n.46643 del 27 luglio 1943 e n.49216/441 del 14 agosto 1943) è liberato il 20 agosto 1943 (risulta incarcerato dal 8 gennaio 1939 al 20 agosto 1943; pena espiata per 4 anni, 7 mesi e 12 giorni) e, dopo un breve ricongiungimento con la famiglia sfollata a Pastina (Pisa), si collega a un nucleo di antifascisti di Cascina (Pisa) e fonda il Comitato di Liberazione Nazionale di Crespina (Pisa) di cui è presidente. È partigiano, inizialmente nella 3. Brigata Garibaldi “Toscana” di stanza a San Vincenzo e presidente del CLN locale oltre che appartenente alla Banda “Camicia Rossa” compresa nel Raggruppamento bande Monte Amiata (Toscana). Alcune fonti sostengono che nel 1944-1945 è commissario politico della 3. Brigata Garibaldi di Novara. In Lunigiana si forma una brigata che porta il suo nome. Dopo la Liberazione, rientra a Livorno e riprende a lavorare nel Consorzio dei portuali di cui è viceconsole, non senza una fase di forti contrasti con la Federazione livornese del PCI per il carattere interclassista che egli vorrebbe imprimere alla nascente organizzazione. Negli anni ’50 è attivo nell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e nella CGIL. Muore a Livorno il 23 luglio 1960.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Secondo alcune fonti, avrebbe raggiunto la Spagna direttamente dall'Unione sovietica nel settembre 1937. Testimonianze più dirette, invece, sostengono che rientrato in Francia dall'URSS, abbia attraversato a piedi i Pirenei insieme ad altri volontari emigrati e abbia raggiunto la base di Albacete nel settembre 1937

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Tradotto a Roma il 26 gennaio 1939, è processato dal Tribunale Speciale che il 3 marzo lo condanna a 18 anni di carcere da scontare a Castelfranco Emilia (Saluzzo) per partecipazione ad associazione sovversiva e propaganda.

Revisore: Erica Grossi

Revisore: Erica Grossi