Dal Pozzo Pietro di Antonio e Zucchetta Giovanna, nato il 2 settembre 1898 a Negrisia, frazione di Ponte di Piave (Treviso). Muratore, comunista. Di famiglia di mezzadri, si trasferisce a due anni con la famiglia a Oderzo e cresce nella vicina frazione di Colfrancui. Ancora bambino, a sei anni, lavora nelle fornaci di mattoni e in una cava di ghiaia, frequentando contemporaneamente la scuola, fino alla terza elementare; poi all’età di nove anni abbandona gli studi per dedicarsi interamente al lavoro. Il 2 gennaio 1917, viene arruolato nel 5° reggimento minatori ed è addetto al servizio mine sui ponti dell’Isonzo. Ferito durante la ritirata di Caporetto, viene trasportato a Milano e ricoverato all’Ospedale Militare. Durante la convalescenza, mentre Oderzo è invasa dalle truppe austriache, studia e consegue la licenza elementare. Il 27 dicembre 1919 riceve il foglio di congedo. Tornato ad Oderzo, è testimone delle distruzioni e della povertà lasciate in eredità dalla guerra e delle violenze e delle lotte che incendiano il Trevigiano durante “biennio rosso”. Si iscrive alla Camera del Lavoro, entra nella locale Cooperativa Edile e con altri compagni costituisce la Sezione Socialista di Oderzo, di cui viene nominato amministratore. Il 21 gennaio 1921 è uno dei dodici membri della sezione a passare al Partito Comunista d’Italia. Alla riunione del I Congresso Provinciale del partito, che ha luogo alla trattoria “Al ponte de fero” di Treviso, alla presenza di Ruggero Grieco, viene nominato delegato. Di fronte al dilagare delle violenze squadriste prende parte al movimento degli “Arditi del popolo”. Ripetutamente fermato e bandito da Oderzo nell'agosto 1922, si trasferisce nel 1923 a Ciampino (Roma), dove conosce la futura moglie Bernardina “Dina” Sernaglia, a cui resterà legato sentimentalmente per il resto della vita, e nel 1924 a Catanzaro. Poi è di nuovo a Roma, impiegato in un cantiere edile. Nel 1926 fa ritorno ad Oderzo, ma a giugno, su consiglio del segretario regionale veneto del partito comunista Vittorio Flecchia, decide di espatriare clandestinamente in Francia, passando per Modane, attraverso un valico non autorizzato. Con sentenza del Tribunale di Treviso in data 7 maggio 1926 viene condannato, in contumacia, alla pena di mesi otto di reclusione ed alla multa di lire 1500 per eccitamento all’odio di classe, per aver diffuso ad Oderzo volantini inneggianti al 1° maggio. A Parigi dopo circa due mesi viene raggiunto da Bernardina Sernaglia, ma essendo entrambi privi di permesso di soggiorno lasciano la Francia e, su consiglio di alcuni compagni di Charleroi, passano in Belgio stabilendosi clandestinamente ad Anversa. Lì nascondendosi sotto il falso nome di Giovanni Savini, diventa segretario del gruppo comunista italiano, la cui propaganda è particolarmente rivolta ai marinai che arrivano dall’Italia con le navi mercantili. Nell’agosto del 1930 viene però arrestato per aver soggiornato e lavorato sotto falsa identità. Gli vengono trovati addosso tre numeri del “Riscatto” e il libro John Reed “Dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Bernardina Sernaglia riesce a sfuggire alla polizia e a rifugiarsi in Lussemburgo, mentre Pietro sconta un mese di carcere prima di essere espulso dal paese. Scortato fino ad Arlon, alla frontiera del Lussemburgo, viene respinto anche da quello stato, per cui è costretto ad entrarvi clandestinamente per raggiungere Esch-sur-Alzette, dove risiede un gruppo di comunisti italiani che può fornirgli i mezzi per attraversare nuovamente il confine francese. Ristabilitosi a Parigi continua ad alloggiare e a lavorare sotto falsa identità. Non rinuncia però all’attività di partito, divenendo il responsabile dei Patronati della regione Ovest della periferia. Tenuto sotto sorveglianza dalle autorità italiane, il 27 luglio del 1935 viene segnalato insieme a Bernardina Sernaglia tra i partecipanti ad una festa organizzata dalla gioventù comunista francese nel parco cittadino di Montreuil e a novembre vengono entrambi nuovamente segnalati insieme a molti altri connazionali di tutte le tendenze politiche, tra cui Carlo Rosselli e Luigi Longo, per aver preso parte ad una festa svoltasi nella grande sala del ristorante francese Bonvalet (Boulevard Du Temple, 31). Nell'ottobre 1936, mentre Bernardina resta a Parigi ed è attiva nei Comitati di Aiuto Pro-Spagna, Dal Pozzo accorre in Spagna, dove si arruola nel battaglione Garibaldi, commissario politico della 3. compagnia. A novembre combatte a Cerro de Los Angeles e a Casa de Campo, dove il 21 novembre 1936 è ferito al petto e al braccio sinistro. Dopo una degenza in ospedale vicino a Madrid, il 20 ottobre 1938 è rimpatriato invalido a Parigi, dove lavora al Comitato di aiuto Pro-Spagna e fa propaganda per il reclutamento di volontari italiani. Riprende il suo lavoro di muratore a Tulle (Corrèze) fino a marzo 1939, quando è inviato a lavorare a Tolone, dove secondo la polizia si sarebbe recato, sotto il falso nome di “Gilbert”, per un giro di propaganda a scopi politici. È inoltre riconosciuto come un addetto all’amministrazione del giornale “La Voce degli Italiani”. In seguito è a Tulle, per quattro mesi, fino al marzo 1939, quando torna a Tolone. Il 20 ottobre 1939 è arrestato con la moglie e altri antifascisti italiani Nell’ottobre dello stesso anno è arrestato con altri reduci garibaldini e rinchiuso nel forte di Sainte Catherine a Tolone, mentre la moglie è internata nel campo femminile di Rieucros. Riescono però ad ottenere entrambi dal console messicano di Marsiglia l’autorizzazione a recarsi in Messico, ma per la sopravvenuta opposizione delle autorità italiane Pietro viene prelevato dalla polizia fascista dalla prigione di Marsiglia per essere rimpatriato (la stessa sorte toccherà a Bernardina alcuni mesi più tardi). Consegnato all’Ufficio di PS di Mentone il 9 novembre 1941, Pietro viene arrestato, perché iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche per l’analogo provvedimento. Passando per Genova, Milano e Vicenza giunge tradotto a Treviso dove viene sottoposto a interrogatorio dalla Questura (19 dicembre 1941), ammettendo di essere stato in Spagna come volontario. Pertanto e «per il complesso della sua azione sovvertitrice e antinazionale», nel gennaio del ’42 viene proposto dalla Commissione Provinciale di Treviso per cinque anni di confino di polizia e destinato dal Ministero degli Interni a Ventotene, dove giunge alla fine del mese. Nell’isola frequenta le lezioni di Eugenio Curiel, professore universitario triestino ebreo e comunista confinato dal gennaio del 1940. Liberato il 21 agosto 1943, è segretario della federazione comunista trevigiana (dal 1943 al 1946), incaricato con Marino Zanella di organizzare le prime bande partigiane della Resistenza veneta e trevigiana. Inoltre è commissario politico della Divisione Garibaldi “Franco Sabatucci” con il grado di maggiore e membro del CLN della provincia di Treviso. Riconosciuto partigiano dal 9 settembre 1943 al 25 aprile 1945, nel 1949 è decorato con la medaglia d'argento al valore militare. Dopo la Liberazione è il primo sindaco del Comune di Treviso, nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale in sostituzione del designato Vittorio Ghidetti, ammalatosi di tifo, ed è deputato del Fronte Democratico Popolare (FDP) nella prima legislatura, eletto nella circoscrizione di Venezia e svolge attività parlamentare fino al termine del suo mandato, il 24 giugno 1953. È inoltre in stretto contatto con la Fratellanza ex Garibaldini di Spagna e con il suo fondatore Lorenzo Vanelli, impegnandosi attivamente nella ricerca degli ex volontari veneti in Spagna e dei loro familiari. È tra gli organizzatori dell’incontro che si tiene a Venezia in loro memoria il 23 maggio 1976. Muore a Treviso l'11 aprile 1979. Alla camera ardente, allestita nella sede della Camera Confederale del lavoro in piazza Filodrammatici, giungono a porgergli l’estremo saluto Francesco Pesce, Antonio Tonussi, Bruno Marton e i compagni partigiani che gli furono più vicini nella lotta.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

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