Piona Luciano di Antonio e Lucenti Amalia, nato il 18 agosto 1889 a Custoza, frazione di Sommacampagna (Verona). Calzolaio, comunista. Da bambino frequenta la terza elementare mista. Nel 1909 viene chiamato alla leva e inviato al 6. Reggimento Alpini e per un paio di anni viene richiamato dall'esercito. Congedato definitivamente, emigra in Germania per lavoro ma da qui, nell'aprile 1915, rientra in Italia per prendere parte al primo conflitto mondiale. Il 7 maggio viene inquadrato nel 1. Reggimento Alpini. La guerra non è ancora iniziata che Piona rimane ferito. Il primo marzo 1918 viene poi denunciato al Tribunale di guerra per aver preso parte a un furto e arrestato, denuncia e arresto ai quali si ribella partecipando a una rivolta. In seguito viene assolto completamente dalle accuse. Nel frattempo viene inviato in Francia insieme alle truppe ausiliarie e poi rispostato nel reggimento dove rimane ferito una seconda volta. Dal 7 luglio al 3 marzo 1919 rimane degente nell'ospedale da campo n.223. Il 17 giugno 1919 viene mandato a casa in congedo. Rientra al paese ma con la crisi agricola del dopoguerra viene coinvolto in iniziative di protesta contro lo sfruttamento dei lavoratori. A causa di questi episodi, viene perseguitato dalle autorità fasciste insieme ad altri membri della sua famiglia. Si sposa nel gennaio 1921. Poco dopo con la famiglia si trasferisce a Verona: qui Piona entra in contatto con i sindacati e di lì a poco si iscrive al Patito Comunista d'Italia. In città acquista una trattoria che poi diventa ritrovo dei compagni politici e che è costretto a chiudere a seguito delle persecuzioni e devastazioni da parte dei fascisti. Nel frattempo alla coppia nasce un figlio, chiamato Lenin Giuseppe. Rimasto privo di lavoro e perseguitato dalle autorità, emigra nel 1931 recandosi prima in Francia poi in Belgio, infine in Unione Sovietica. Nell'agosto 1936 raggiunge la Spagna probabilmente dalla Francia (l'indicazione sul mese di partenza negli elenchi di volontari in partenza dalla Francia non è, purtroppo, univoca), ragione per cui entra subito nel battaglione franco-belga “Commune de Paris”. Il 15 ottobre passa poi alla Batteria Antonio Gramsci dell'Artiglieria Internazionale. Il 18 novembre rimane ferito una prima volta in un incidente col camion sul fronte di Madrid che gli provoca la rottura di quattro costole e lo spostamento di fegato e milza e la perdita di alcuni denti. Il 26 dicembre 1936 il “Nuovo Avanti” di Parigi pubblica una sua lettera dal fronte: “Sono stato ferito, ma ora vado migliorando e spero nei prossimi mesi di potermi trovare di nuovo al fronte con i compagni con i quali sono partito dal Belgio, che ho visti per l’ultima volta il 18 novembre. Il mio desiderio è di ritornare presto con la gloriosa Brigata Internazionale, per contribuire alla liberazione della bella città di Madrid. Saluti a tutti i compagni e amici del Belgio.” Rimane in ospedale fino ad aprile 1937, poi il 24 dello stesso mese entra nella XII Brigata Garibaldi. Il 12 giugno 1937 rimane nuovamente ferito a Huesca e da questo ferimento, dovuto a un bombardamento aereo, resta claudicante e pare subisca anche lo spostamento del cuore. Viene ricoverato in ospedale ad Albacete e dopo un mese di degenza, dichiarato inabile e inviato alla Scuola allievi ufficiali di Pozo Rubio e poi a Quintanar de la Républica. Viene, infine, per le stesse ragioni inviato in Francia dove rientra a Parigi il 28 ottobre 1938 e ricoverato per un mese circa. Dopo sei mesi, viene trasferito nel campo di Gurs da dove evade portandosi a Bruxelles. In questa città si trova dunque nel 1939 e qui viene arrestato dai tedeschi che prima, il 19 gennaio 1941, lo deportano in Germania, e poi lo consegnano alla polizia fascista che lo traduce in Italia, rinchiudendolo nel carcere degli Scalzi di Verona in attesa della decisione della Commissione provinciale locale. Questa, il 2 aprile 1941 lo destina al confino a Ventotene per cinque anni. Intanto la tragica situazione familiare ha portato alla morte della moglie e lasciato nelle mani delle istituzioni fasciste il figlio al quale nel 1928 viene cambiato d'ufficio il nome in Antonio Giuseppe. Una volta cresciuto, il ragazzo viene inviato con l'esercito di occupazione in Africa Orientale e incontrerà dopo anni il padre a Messina, l'uno diretto al confino l'altro alla vita militare come leva dell'esercito dell'Impero fascista. Luciano, liberato nell'agosto 1943 dal confino, rientra a Custoza ma è molto malato. Sua sorella riesce a farlo ricoverare nel sanatorio di Ponton (Verona) dove trascorre tutta la fase finale della guerra, rendendosi utile nell'aggiustare le scarpe dei ricoverati e, secondo alcune fonti, facendo anche da informatore per la Resistenza. Alla fine della guerra, rimasto solo e senza risorse, viene sostenuto dai compagni ritrovati e fonda con alcuni di loro la UVAN (Unione Veronese Antifascisti Militanti). Ricoverato nell'ospedale di Negrar (Verona), muore il 30 luglio 1956.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Secondo la documentazione in RGASPI - F.545, Op.6, D.476, sarebbe partito dalla Francia per la Spagna il 23/10/1936, secondo elenchi forniti dai socialisti.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Per quanto riguarda la partecipazione di Piona alla Resistenza, si considera l\'attività testimoniata di informatore, in quanto nel periodo di riferimento risulta ricoverato nel sanatorio di Ponton (VR) per gravi problemi di salute.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: La residenza al termine della guerra viene qui indicata genericamente con la città di Verona, considerato lo spostamento di Piona in diversi istituti sanitari sul territorio veronese.

Revisore: Erica Grossi