Carini Antonio di Carlo e Bruzzi Dirce, nasce il 7 ottobre 1902 a San Nazzaro di Monticelli d'Ongina (Piacenza). Secondo di nove figli, inizia molto presto ad aiutare il padre nell’attività di barcaiolo e renaiolo sul Po. Ultimato il servizio militare, dal 5 settembre 1922 al 16 ottobre 1923 presso il Genio Pontieri a Piacenza, inizia a lavorare come muratore e carpentiere. Si iscrive alla “Lega rossa dei muratori” e poi al Partito Comunista d’Italia. Sottoposto a continue vessazioni da parte delle squadracce fasciste, decide di emigrare e, a settembre del 1924, si imbarca a Genova sul piroscafo “Nazario Sauro” con destinazione Argentina. Sbarca con regolare passaporto a Buenos Aires il 20 ottobre 1924. Nei primi tempi si appoggia alla famiglia di Cesare Pagani, originario di Monticelli d’Ongina, in Argentina dal 1909. Trova lavoro come cementista e guardiano notturno dei cantieri presso la ditta Bozzi. Frequenta gli ambienti degli emigranti italiani, legati in particolare al Partito Comunista. Dopo qualche anno inizia, come cementista, un’attività in proprio, in società con un altro Piacentino di Pontenure, Guido Piroli (che sarà poi volontario in Spagna). Il 20 gennaio 1934 è fermato una prima volta dalla polizia di Buenos Aires durante una manifestazione e, per le sue ideologie, segnalato presso la polizia politica argentina, sezione speciale per la repressione del comunismo. Nel 1935 si iscrive al partito Comunista argentino, cellula di Villa del Parco, Buenos Aires, dove frequenta altri emigranti italiani tra cui Dante Sommaruga, Oddino Montanari, Guido Latini, Antonio Mariani, Pietro Novarino, Pietrino Sale, Biagio Bonzano, Giuseppe Baldo e Leopoldo Zaccaria (tutti volontari in Spagna e poi, in gran parte, combattenti nella Resistenza in Italia). Nel partito svolge incarichi di responsabilità, è membro del Comitato Regionale e partecipa allo sciopero dei muratori nel 1935. Il 7 gennaio 1936, durante lo sciopero generale promosso dalle federazioni sindacali rosse di Buenos Aires, viene arrestato una seconda volta. Rilasciato, è nuovamente fermato pochi giorni dopo, processato con l’accusa di “attacco alla libertà di lavoro e ribellione sociale” e condannato a 18 mesi di detenzione. Il 19 ottobre 1936 nel processo in appello, in assenza di prove a carico, viene liberato. In seguito al brutale colpo di stato e all’arrivo in Spagna di volontari da tutto il mondo a sostegno della Repubblica, Carini e Piroli cedono la loro attività, donano il ricavato al Comitato pro-Spagna che organizza le partenze e si imbarcano il 18 febbraio del 1937 sul piroscafo belga “Eglantier” con destinazione Anversa. Il biglietto di 3° classe comporta anche il trasferimento in treno fino a Parigi. Con Carini, oltre a Piroli, viaggiano anche Dante Sommaruga e Giuseppe Baldo. Carini, con l’aiuto del Partito Comunista, attraversa clandestinamente la Francia e, il 15 marzo del 1937, supera a piedi i Pirenei e entra in Spagna.Il 2 aprile viene inquadrato ad Albacete nelle Brigate Internazionali. Quando il Battaglione Garibaldi viene ricostituito come XII Brigata, Carini è nella 2^ Compagnia del 3° Battaglione mentre, dopo 1 mese, entra in un reparto d’assalto. Il 16 giugno è ferito una prima volta alle gambe a Huesca; a luglio combatte a Brunete e poi a Farlete dove, il 29 agosto, riporta ferite multiple da schegge. Sempre con il grado di Sergente, è comandante di un plotone in Estremadura dal 23 gennaio 1938, a Caspe, a Gandesa e poi partecipa all’ ultima offensiva repubblicana sull’Ebro. Nel settembre 1938 è ferito per la terza volta alla testa da schegge. Mentre è costretto a riposo in un ospedale di Barcellona, il governo repubblicano decide il ritiro dal fronte dei volontari internazionali. Avviato al campo di smobilitazione di Torellò, dopo il crollo del fronte catalano nel gennaio 1939, riprende le armi col grado di Commissario Politico dell’Intendenza nella ricostituita XV Brigata Internazionale, che tenta di rallentare l’avanzata nemica per consentire a centinaia di migliaia di civili di trovare scampo in Francia. Tra il giorno 9 e l’11 febbraio del 1939 passa la frontiera francese con gli ultimi combattenti ed è internato prima nel campo di concentramento di St. Cyprien, poi tra la fine di aprile ed i primi di maggio del 1939 in quello di Gurs. Il 5 giugno 1940 viene trasferito al campo di Vernet nell’Ariège, dove vengono riuniti i comunisti considerati più pericolosi. Su indicazione del Partito chiede il rimpatrio in Italia e, il 9 aprile del 1941, è consegnato alla polizia fascista alla frontiera di Mentone. Tradotto nel carcere di Piacenza e deferito alla Commissione Provinciale con l’accusa di attività antinazionale all’estero, con ordinanza del 12 maggio 1941 viene condannato a 5 anni di confino sull'isola di Ventotene (Latina), che raggiunge il 22 dello stesso mese. Dopo la caduta del fascismo, Carini il 21 agosto del 1943 torna in libertà, sosta qualche giorno alla vecchia casa di San Nazzaro, che ritrova dopo una lontananza di 19 anni, poi riparte ed entra in clandestinità. Il 20 settembre partecipa alla riunione fondativa del movimento partigiano garibaldino a Milano in via Lulli e assume il grado di Ispettore Generale del Comando delle Brigate Garibaldi. Insieme a Antonio Roasio (anche lui volontario in Spagna), viene inviato in Emilia Romagna per organizzare militarmente i gruppi partigiani. Il 22 ottobre 1943 è segnalata la sua presenza a Ravenna. Nei mesi successivi, col nome di battaglia di “Orso”, opera sulla dorsale appenninica a cavallo delle provincie di Forlì, Ravenna, Arezzo, Pesaro nell’intento di avviare e di organizzare una efficace resistenza armata. Il 9 marzo del 1944, nei pressi di Meldola, in provincia di Forlì, cade in un’imboscata della brigata nera del tenente Giacinto Magnati e viene tradotto alla Rocca delle Caminate. Interrogato a lungo e sottoposto alle torture più efferate, Orso non parla. Dopo cinque giorni di passione e di tormenti, esasperati per il suo assoluto mutismo, i suoi torturatori lo legano dietro ad un camion e, nella notte tra il 14 e il 15 marzo 1944, lo trascinano per alcuni chilometri fino al ponte dei Veneziani a Meldola. Lì lo finiscono a colpi di pugnale e lo sfigurano a colpi di pietra. Il suo corpo straziato viene gettato dal ponte nelle acque sottostanti del fiume Bidente. Tumulato come sconosciuto nel cimitero di Meldola, l’8 luglio del 1945 viene sepolto nel suo paese natale, San Nazzaro, con una cerimonia funebre imponente. È insignito dal 18 gennaio 1957 della Medaglia d'Argento al Valore Militare. In sua memoria sono stati posti nel 1950 un monumento al Ponte dei Veneziani (Meldola), un monumento nel cimitero di San Nazzaro ed una Targa Commemorativa presso la casa natale di San Nazzaro. A Carini sono state intitolate a suo tempo una sezione del PCI nella città di Forlì e vie a: Meldola (Forlì-Cesena), Civitella di Romagna (Forlì-Cesena), Cesenatico (Forlì-Cesena), Piacenza e San Nazzaro di Ongina (Piacenza). In quest’ultima occasione, è stato Luigi Longo, allora Segretario Generale del PCI, a ricordarlo con riconoscenza e commozione.

Annotazioni: Secondo di nove tra fratelli e sorelle, a tredici anni, in piena Prima guerra mondiale, lavora con il padre come barcaiolo sul Po, trasportando sabbia, ghiaia e legname tra Roncarolo e San Nazzaro di Monticelli d’Ongina, per conto di privati e del comune di Monticelli (PC). Tra il 1922 e il 1923 svolge il servizio militare, poi, tornato a fare il barcaiolo e anche il muratore, secondo le informazioni della polizia entra a far parte della «lega rossa dei muratori del Piacentino» e si avvicina al Partito comunista. Il lavoro però si fa sempre più raro e così nel settembre del 1924 decide di emigrare anche perché preso di mira dai fascisti. Dopo un breve periodo a New York, si stabilisce in Argentina, a Buenos Aires dove fa il muratore, il cementista e il guardiano notturno di edifici in costruzione. Tra il 1930 e il 1936 è segnalato e fermato dalla polizia argentina in diverse manifestazioni e scioperi operai e schedato dalla «sezione speciale per la repressione del comunismo»: prima il 20 febbraio 1934, poi il 7 e il 14 gennaio 1936. Informazioni politiche sul suo conto, continuano ad essere oggetto di scambio tra le autorità  consolari italiane a Buenos Aires e la polizia fascista.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Nel novembre del 1936 parte per la Spagna, a Valencia insieme ai combattenti americani che costituiscono la Brigata “Abraham Lincoln”. Alcune fonti lo collocano a Barcellona dopo un viaggio in cui attraverso il Belgio e la Francia, come documentato dalla Rubrica di Frontiera. Arrivato si arruola nelle Brigate Internazionali e combattendo come sergente nel Battaglione Garibaldi sul fronte di Madrid, a Mirabueno, Majadahonda e Arganda, poi a Guadalajara e Morata de Tajuà±a nel marzo 1937 (8-23 marzo). Il 16 giugno combatte in quella che ormai dal 13 aprile è diventata la Brigata Garibaldi e di cui lui diventa commissario politico, a Huesca dove è ferito alle gambe e il 28 agosto a Farlete presso Saragozza, dove riporta ferite multiple da schegge. Combatte anche sul fronte dell’Estremadura a Caspe e viene ferito una terza volta alla spalla sull’Ebro, nel settembre del 1938. Nel gennaio del 1939, inquadrato nell’esercito repubblicano spagnolo, partecipa alla difesa di Barcellona. La sua partecipazione alla guerra spagnola segue, dunque, l’epilogo dei combattimenti e lo scioglimento delle Brigate Internazionali, condividendo la sorte della maggior parte degli ex combattenti. Il 10 febbraio 1939 esce dalla Spagna e entra in Francia dove viene internato prima nel campo di Saint-Cyprien, poi in quelli di Gurs e Vernet per circa 30 mesi. Continua a prendere parte attiva alla vita e all’organizzazione politica nei campi, si forma alla scuola organizzata del Partito Comunista e diventa, oltre che responsabile dei vettovagliamenti anche segretario di cellula di baracca. Sostiene il rimpatrio degli italiani.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Il 19 aprile del 1941, in seguito alla firma della Convenzione di armistizio italo-francese, C. chiede di essere rimpatriato (secondo la direttiva del partito) e viene consegnato alla polizia italiana di frontiera a Mentone. Tradotto nelle carceri di Piacenza e processato, il 12 maggio 1941 viene condannato dalla commissione provinciale a cinque anni di confino nell’isola di Ventotene con l’accusa di «attività  antinazionale all’estero». Qui incontra altri ex dirigenti delle forze combattenti in Spagna (Longo, Di Vittorio, Alberganti ecc.) e dirigenti del Partito comunista (Terracini, Scoccimarro, Secchia ecc.). Liberato dopo il 25 luglio 1943, il 25 agosto torna a San Nazzaro di Monticelli e dopo l’8 settembre partecipa attivamente alla riorganizzazione del partito. Il 20 settembre è a Milano dove partecipa al vertice nel quale si deciderà  per l’organizzazione di forze combattenti partigiane antifasciste. Comincia a operare nel CLN. A ottobre è nel comando generale delle Brigate d’assalto Garibaldi sotto il comandante generale Longo, insieme ad altri ex combattenti di Spagna. C. viene inviato da Longo prima a Bologna poi in Romagna, come ispettore del comando generale, per costituire le prime formazioni partigiane. Lavora intensamente tra Forlì e Ravenna per costituire il comitato militare romagnolo della Resistenza e si occupa delle prime strutture dei GAP locali e di azioni armate. Copre poi il ruolo di commissario dell’VIII Brigata Garibaldi in Romagna. Nel corso di una missione tra l’alta Valle del Bidente e la pianura forlivese, viene arrestato da una Brigata Nera di fascisti presso il fiume Bidente, poco distante da San Colombano di Meldola. In una fonte del fondo Cantaluppi, si conferma come data di cattura il 9 marzo del 1944 alle ore 14 circa. Avrebbe tentano di fuggire, ricatturato e trasportato alla Rocca delle Caminate, sede di un comando repubblichino. Qui viene sottoposto a torture per giorni nel tentativo di farlo parlare e svelare la posizione della brigata partigiana.

Revisore: Erica Grossi