Calandrone Giacomo di Antonio e Loffredo Angela, nato a Savona il 7 marzo 1909, comunista. Ha una sorella e due fratelli. Operaio dello stabilimento ILVA di Savona, fa parte di una delle cellule comuniste operanti nella fabbrica, diffondendo propaganda politica. Nel novembre del 1933, munito di regolare passaporto rilasciatogli dalla questura, emigra in Francia con regolare passaporto, dichiarando di andare a visitare la fidanzata Cerri Maddalena residente a Marsiglia, non fa più ritorno in Italia. Accertata nel 1934 la sua attività a favore del Partito Comunista viene denunciato al Tribunale Speciale che emette un mandato di cattura. Per tale motivo il suo nome è segnalato alla Rubrica di frontiera, nonchè nel Bollettino delle ricerche (schedina n. 0787), ove è inserita anche una sua fotografia. Si stabilisce a Tolone (Var) al n. 8 di rue dell’Humiltè. Dalla Francia dove si trova Calandrone secondo la polizia invia lettere di minaccia e a contenuto comunista ai fascisti dello stabilimento ILVA. A Tolone continua la sua attività a favore del Partito Comunista, Fa anche parte di un gruppo di disoccupati che si presentano al vice console italiano per chiedere l’istituzione di una zuppa popolare, di alloggio gratuito durante il periodo di disoccupazione e latte e indumenti per i bambini degli emigrati. Viene espulso ma rientra clandestinamente in quella nazione per proseguire la sua azione nei gruppi di lingua italiana del Partito comunista francese. Nel 1936 si porta in Spagna dove il 7 novembre si arruola nel Battaglione Garibaldi, 1. Compagnia che combatte a Boadilla e Mirabueno. In Spagna usa il nome di “Canapino”, avendo in precedenza esercitato il mestiere di funaiolo. Il primo gennaio del 1937 viene ferito a Mirabueno. In seguito è redattore del periodico “Il Garibaldino” e ad altre edizioni delle Brigate Internazionali. Collabora all’edizione di “Garibaldini in Ispagna”, pubblicazione del Commissariato delle Brigate Internazionali dedicata a far conoscere agli antifascisti italiani l’opera dei volontari accorsi in appoggio della Repubblica, dove Calandrone è autore dei seguenti testi: “Dalla terra della Libertà al paese dove di difende la Libertà. Finalmente si va al fronte. I promossi garibaldini. La madre. Italiani che onorano l’Italia. Guido Picelli”. Successivamente è promosso tenente nella Brigata Garibaldi. Il 5 febbraio 1939 a seguito del ritiro dei volontari internazionali lascia la Spagna e si porta in Francia dove è attivissimo nella Resistenza. Arrestato è condannato a sei mesi di carcere per riorganizzazione del Partito Comunista. Rientra infine in Italia operando come giornalista e redattore sindacale de “L’Unità” di Milano. Dalla Direzione nazionale nel 1946 è inviato in Sicilia, assieme a pochi altri militanti “ rivoluzionari di professione”, rigidamente fedeli alla linea del partito che in quella fase era ancora di matrice stalinista. Provenivano sostanzialmente da attività lavorative operaie e facevano parte del partito dall’inizio degli anni trenta, accomunati dalla clandestinità durante il regime fascista e dalla ferrea volontà nell’agire politico. Uomini che avevano conquistato nel drammatico campo della lotta antifascista i caratteri di guida nelle strutture della preparazione delle attività politiche. E’ anche ispettore del Partito in Sicilia, poi Segretario della Federazione Comunista di Siracusa. E’ eletto deputato della Costituente nel collegio Catania-Messina dal 1948 fino al 1958. In questi due mandati presenta complessivamente otto proposte di legge e svolge in Aula 26 interventi. Particolarmente significativo il ruolo che svolge (assieme al nisseno deputato Luigi Di Mauro) nel dibattito nella Camera dei Deputati il 25 settembre 1950 sulla tremenda esplosione che nel corso della mattinata del 4 maggio 1950 sconquassa una grande area nella zona di Pantano d’Arci ( a pochi chilometri da Catania, attuale zona industriale) dove venivano depositati gli esplosivi bellici recuperate nelle campagne del catanese e del ragusano. La gigantesca deflagrazione di 2000 tonnellate di esplosivi, che provoca nel terreno un cratere di 60 metri di diametro e 30 metri di profondità determina e la morte di undici lavoratori con il ferimento di centinaia di altri. Negli anni seguenti Calandrone lavora come giornalista politico e autore di biografie storiche: “La Spagna brucia; cronache garibaldine” (1962); “Comunisti in Sicilia” (1972), “Gli anni di Scelba” (1975). Il 10 luglio 1965, adotta la figlia Maria Grazia Greco, rimasta orfana per il suicidio della madre. La figlia diventerà poi una scrittrice e pubblicherà il libro di memorie “Splendi come la vita”, in cui inserirà i ricordi del padre, che muore però quando lei ha solo dieci anni. Muore a Savona il 30 settembre 1975. Da tempo era molto sofferente, ricoverato in ospedale in Liguria, con parte del corpo paralizzato. Riguardo il funerale, si legge nel libro della figlia: “ La bara di Padre è esposta, sopraelevata, ha il tricolore e la bandiera rossa. Quello di Padre è un funerale di Stato…… ha smesso di soffrire…tra qualche giorno è il mio undicesimo compleanno”. Prima di morire chiede alla moglie (che si fa mandare sempre dalla Sicilia le piante di gelsomino) di fare scrivere sulla lapide solamente: “comunista”.