Brignoli Michele di Felice e Bonomi Teresa, nato a Gazzaniga (Bergamo) il 6 gennaio 1898, comunista. Di famiglia operaia, dopo aver frequentato le scuole elementari, intraprende il mestiere di falegname. Nel marzo 1917 viene chiamato alle armi e arruolato nel 5° reggimento alpini. Combatte in nella grande guerra in un reparto di mitraglieri e raggiunge il grado di caporale, poi di caporalmaggiore e nel 1918 quello di sergente. Congedato nel 1920, emigra in Francia nel 1922 per motivi di lavoro, stabilendosi ad Argenteuil (Val-d’Oise). Trascorre poi tre anni negli Stati Uniti raggiungendo il padre emigrato agli inizi del secolo, per poi rientrare in Francia. Nell’ottobre 1936 prende la decisione di recarsi in Spagna e affida il figlio dodicenne a tale Magni Angelo residente ad Argenteuil. E’ segnalato dall’OVRA che predispone anche il sequestro delle somme di denaro inviate dal figlio del Brignoli, dalla moglie del Magni e dal “Soccorso Rosso” alla madre del Brignoli, residente a Gazzaniga. Si arruola nel battaglione Garibaldi, 4. compagnia, con il grado di sergente. L’esperienza maturata durante la prima guerra mondiale nei reparti di mitraglieri gli consente ben presto di ricoprire ruoli organizzativi all’interno del battaglione: promosso tenente è assegnato al comando di un plotone. Giacomo Calandrone lo ricorderà ne “La Spagna brucia” con queste parole: “Contro i garibaldini marciano due battaglioni di falangisti al grido di - Arriba España! Viva el caudillo Franco! -. Altre truppe dilagano dai monti che circondano Algora. Indietreggiamo di qualche centinaio di metri. Una nostra sezione mitraglieri e un centinaio di garibaldini, comandati dal tenente Brignoli, si schierano a difesa, sulla quota1044. Dietro di essi, riusciamo a creare una nuova linea, accanto ad un piccolo bosco. I fascisti procedono baldanzosi verso le nostre posizioni, fermamente decisi ad espugnarle, per potere poiriconquistare Algora. Vengono all'attacco una, due, tre volte, subendo fortissime perdite, prima di ritirarsi definitivamente.” In Italia è iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento di arresto. Durante la battaglia del Jarama nel febbraio del 1937, alla testa della 4. compagnia, riceve l’ordine di rilevare le formazioni del battaglione franco-belga. Sul ponte di Arganda viene ferito nella difesa della postazione tenuta dalla sua compagnia e ricoverato in ospedale. Alla notizia della imminente minaccia fascista su Guadalajara, chiede, come molti altri feriti, di essere dimesso dall’ospedale per rientrare nel battaglione. Il comandante Barontini chiamato a sostituire al comando Pacciardi, tenuto a riposo, deve respingerli con parole severe: “Uscire dagli ospedali così, nel gelo, con ferite ancora aperte...- Dovreste essere puniti per la vostra indisciplina – conclude, battendo il pugno sul regolamento delle brigate. Gli risponde un coro di proteste. Qualcuno deve essere per forza accettato. Fra questi, il capo plotone Michele Brignoli, di Bergamo, emigrato a Parigi, un giovanottone dagli occhi azzurri sempre sgranati, che nella battaglia del Jarama è stato ferito gravemente al collo: la fasciatura rigida lo costringe a tenere la testa eretta e gli conferisce un’aria marziale. - Io Verrò, anche da solo...- ha annunciato, affibbiandosi il cinturone. - Ma se non puoi nemmeno voltarti…- osserva Barontini. - E perché dovrei voltarmi? – ribatte Brignoli, imperturbabile – i nemici sono davanti...”. Gli viene affidato un incarico molto delicato da cui dipende l’esito dell’intera battaglia per la difesa di Brihuega e cioè l’assalto e la conquista del palazzo di Ibarra, nel quale si è fortificato un nutrito numero di soldati italiani del CTV. L’intero battaglione dei “Lupi di Toscana” presidia la fortezza; per uno strano destino si tratta dello stesso reparto che ha la sua sede nella caserma Montelungo di Bergamo. La 4. Compagnia del Garibaldi e la 5, la mattina del 14 marzo vanno all’assalto del Palazzo. Alla loro testa vi è Brignoli, quel bergamasco della città alta, che Longo definisce come “uomo semplice e di buon senso che marcia ancora con la testa impalata, come se fosse infissa su una picca per la ferita riportata sul Jarama”. Dopo duri scontri, verso le tre del pomeriggio, finalmente il cerchio attorno al castello si chiude, ma i difensori non si vogliono ancora arrendere: temono di essere passati per le armi dagli assalitori. Brignoli ripete più volte agli assediati di arrendersi garantendo loro salva la vita e promettendo di trattarli con rispetto. La situazione rischia di precipitare quando un legionario in un ultimo disperato tentativo di difesa lancia una granata sui garibaldini ferendo a morte il vicecomandante di compagnia Nunzio Guerrino. Ma è ancora una volta il Brignoli con il suo sangue freddo a riportare la calma tra i soldati. Il tenente Brignoli viene elogiato dal comandante del battaglione Barontini e nominato comandante della compagnia, con il grado di capitano. “Noi Passeremo”, giornale della brigata Garibaldi apre la pubblicazione di marzo con un articolo dedicato all’impresa, nel quale elogia e ringrazia il comandante Brignoli che coll’accompagnamento di qualche “Ostia!” ha ben diretto l’attacco. Nell’aprile 1937 a Morata de Tajuña viene di nuovo ferito, e più gravemente, da una scheggia di mortaio alla regione cervicale destra. Dopo la degenza in ospedale nel 1938 viene fatto rientrare in Francia e ricoverato nella clinica americana di Neully-sur-Seine per gli strascichi nella regione cervicale. Dopo l’occupazione nazista della Francia, entra a far parte della Resistenza francese, ma nel 1942 viene arrestato a Parigi e detenuto nel forte di Tourelles, dal quale chiede il rimpatrio. Il 15 luglio 1943 è arrestato alla frontiera di Bardonecchia per la sua partecipazione alla guerra di Spagna e tradotto a Bergamo. A seguito di disposizione ministeriale, viene rilasciato dopo gli interrogatori il 27 agosto. Non viene segnalato come partigiano nella provincia di Bergamo, ma viene difficile pensare che non abbia partecipato alla guerra di Liberazione, magari in un'altra regione come fece Suardi. Nel dopoguerra si trasferisce in Francia dover sposa nel 1965 Marchesi Giuseppina, anch’essa originaria di Bergamo. Muore il 5 settembre 1967 a Croissy-sur-Celle. Il Consiglio Regionale Lombardo il 7 novembre del 1976 conferisce a Michele Brignoli la Medaglia d’Oro alla memoria in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.