Boretti Giuseppe di Francesco e Manzoli Cristina nato a Milano il 2 luglio 1910, comunista. Il 14 maggio del 1931, al teatro comunale di Bologna, si tiene un concerto condotto dal maestro Arturo Toscanini, direttore d’orchestra di fama internazionale. In detto luogo, al maestro viene richiesto di eseguire la canzone fascista “Giovinezza” e l’inno sabaudo “Marcia Reale”, al suo rifiuto è aggredito e schiaffeggiato da un certo Montani, energumeno fascista locale. Da questo episodio si origina il primo atto antifascista di “Pinella”: il 18 dello stesso mese viene organizzata a Milano, in Piazza della Scala, una manifestazione di solidarietà a Toscanini, alla quale intervengono, fra i tanti, Boretti e l’amico fraterno e compagno Eugenio Giovanardi, futuro combattente antifranchista di Spagna. I due vengono arrestati e, nel corso dell’interrogatorio svoltosi nei locali della Questura di Milano, Giuseppe si qualifica come “intellettuale antifascista” e, aggiungendo, “ignoro quello che potrò fare in avvenire, sono antifascista per la intransigenza del Regime verso ogni pensiero che differisca dalle sue ideologie”. Il 10 giugno successivo, il suo caso viene sottoposto al giudizio della Commissione Provinciale per l’assegnazione al Confino di Polizia: l’iniziale proposta di 5 anni viene cassata e sostituita in ammonizione e il 14 dello stesso mese si ha il proscioglimento. Giuseppe Boretti è di famiglia milanese agiata e abita con essa in piazza Sant’Ambrogio numero 14; è studente della Regia Università Statale di Milano dove segue i corsi di Giurisprudenza. Nel 1932 Giorgio Amendola, su incarico del Centro Estero del Partito Comunista d’Italia, è inviato a Milano per stabilire un collegamento con elementi della sinistra socialista unitaria, nelle persone di Lucio Luzzatto e Rodolfo Morandi, con i quali Boretti e Giovanardi già da tempo intrattengono un rapporto politico. Il 5 giugno dello stesso anno, il tentativo, da parte di Amendola di stabilire il contatto, naufraga, poiché Amendola viene arrestato assieme a Boretti, Giovanardi, Mario Rietti e al bresciano Italo Nicoletto, aggiuntosi recentemente a questo gruppo su presentazione del tenente Carlo Marchetti, in servizio presso la Caserma di piazza Sant’Ambrogio. Ancora una volta il Boretti è rimandato di fronte alla Commissione Provinciale per l’assegnazione al Confino di Polizia, che, in data 7 settembre 1932 lo ammonisce, ma nuovamente viene prosciolto a differenza di altri, per i quali scatta il provvedimento di confino: anche il Giovanardi viene solo ammonito e nel frattempo conseguita la maturità, si è iscritto all’Università Cattolica del Sacro Cuore. I due amici Giuseppe e Eugenio, interessati ad approfondire le proprie conoscenze, soprattutto politiche, attraverso la lettura di testi reperibili nelle biblioteche delle rispettive università, le frequentano assiduamente, in particolare la Biblioteca della Cattolica dove si possono consultare opere marxiste e leniniste. Il francescano padre Agostino Gemelli, rettore della predetta università e fanatico sostenitore dei “Patti Lateranensi”, venuto a conoscenza della frequentazione della biblioteca da parte dei due studenti e di quello che consultano, si fa parte diligente per denunciarli alla polizia politica fascista. L’ 8 febbraio 1933 il Boretti è arrestato per propaganda comunista, attuata mediante la diffusione di manifestini all’interno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. I reati considerati prevedono di sottoporre l’autore al giudizio del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, ma, per intervento del capo del governo, lo si rinvia alla Commissione Provinciale per l’assegnazione al Confino di Polizia, che, con ordinanza del 22 giugno del 1933, dispone la misura di cinque anni da scontarsi nell’isola di Ponza. In questa località di confino Boretti ritrova i compagni di lotta Amendola, Nicoletto e Giovanardi. Nel 1935, sulla base di un suo presunto tentativo di fuga, e trasferito alle isole Tremiti. Nello stesso anno viene promulgata una legge, che istituisce la formazione di reparti militari speciali, vere e proprie “compagnie di disciplina”, riservati essenzialmente ai confinati politici e comuni, che non hanno ancora assolto gli obblighi di leva. Il 31 dicembre del 1935, in ottemperanza a quest’obbligo, è imposto a Boretti di prestare servizio di leva presso il reparto speciale politici del Battaglione di Disciplina di stanza in quel di Pizzighettone, in provincia di Cremona. Il 16 febbraio del 1936 Boretti, insieme a Marino Mazzetti, futuro combattente antifranchista di Spagna, e a Giuseppe Sassi, di Cernobbio buon conoscitore del confine italo-svizzero, più volte confinato politico, si allontana arbitrariamente dalla caserma di Pizzighettone. Due giorni dopo i tre uomini vengono fermati dalla polizia confinaria in Val d’Intelvi: uno riesce a sfuggire, probabilmente il Mazzetti, gli altri due, arrestati, sono Sassi e Boretti. Ricondotti a Pizzighettone, per ragioni di sicurezza, è deciso il trasferimento dell’intero reparto speciale sull’isola d’Elba a Portoferraio nell’ex convento, allora caserma “de Laugier”. Si ritrovano in quest’isola Boretti, Giovanardi e Mazzetti che, memori dell’evasione da Lipari di Lussu, Rosselli e Nitti del 1929, si ripromettono di ripeterne le gesta. Le notizie provenienti dalla Spagna, relative alla guerra in corso, accelerano il proposito di evasione dei tre per raggiungere quel paese per combattere il fascismo in difesa della Repubblica Spagnola. A questo scopo prendono contatti con elementi dell’antifascismo isolano, nelle persone di Francesco Puccini di Portoferraio e di Ugo Cardenti di Capoliveri. Essi incaricano il primo di procurare una barca e il secondo, che pur ha la stessa loro volontà di combattere il fascismo in Spagna il che farà, di procurare un motore con cui equipaggiare il natante e di governarlo nella fuga. Il tutto si perfeziona e la notte del 3 aprile 1937, alle ore tre, i quattro, agevolati dai minori controlli rispetto alle isole di deportazione, si ritrovano presso il luogo dove è nascosta la barca e prendono il largo. La navigazione si svolge felicemente, nonostante il mare tempestoso, poiché i fuggitivi non sono individuati né dalla Finanza né dalle Guardie Portuali postese al loro inseguimento. Dopo un giorno e una notte di navigazione, il 4 aprile del 1937, raggiungono la località di Bastia, in Corsica, ove sono identificati e regolarizzati burocraticamente. Vi rimangono due giorni, dopo di che raggiungono Marsiglia e poi Parigi. Qui Boretti entra a far parte del gruppo dirigente della Federazione Giovanile Comunista Italiana con il nome di “Falco”. Ma, coerentemente, “Pinella” vuole recarsi in Spagna per realizzare il suo sogno di combattere il fascismo a fianco dei repubblicani spagnoli. Viene assecondato, raggiunge il territorio iberico e il 27 ottobre 1937 si arruola nelle Brigate Internazionali, per le quali assume l’incarico di istruttore presso la scuola dei commissari politici a Quintanar de la Republica, nei pressi di Albacete. Finalmente nel marzo del 1938 raggiunge il fronte e riesce ad entrare a far parte della XII Brigata Internazionale Garibaldi, 2° Battaglione, combattendo nel quale partecipa alla ritirata da Caspe all’Ebro. Il valore dimostrato in queste azioni gli fa ottenere il grado di sergente e la certezza di frequentare la scuola allievi ufficiali della 45ª Divisione nella località di Albacete. Concluso il corso con esito positivo, consegue il grado di tenente, torna in Brigata, schierata in quel momento sulla riva sinistra dell’Ebro, e assume il comando della Compagnia mitraglieri del 2° Battaglione. Su questo fronte ritrova Italo Nicoletto che, ricordandolo, scriverà: “La sua intelligenza e la sua preparazione gli avrebbero consentito di svolgere un grande ruolo nella Resistenza se avesse potuto parteciparvi”. La stima che ha nei confronti di “Pinella” è tale che chiamerà suo figlio Boretti Nicoletto. Il 9 settembre del 1938 Giuseppe Boretti cade sul fronte dell’Ebro sulla Sierra de Caballs, colpito al cuore da un cecchino mentre è accanto a Ferrer Visentini, forse perchè viene notato per la sua divisa da ufficiale comandante di una sezione mitraglieri. Il Consiglio Regionale Lombardo il 7 novembre del 1976 conferisce al “Pinella” la Medaglia d’Oro alla memoria, in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.