Bibbi Gino di Carlo e Gioconda Pagliarini, nato il 5 febbraio 1899 ad Avenza (Massa), terzogenito di una famiglia di artigiani e commercianti. Il padre è un imprenditore di successo del legname, proprietario di una segheria, che prepara le casse per imballare il marmo delle cave. Bibbi, studente all’Istituto tecnico di Pisa, lavora saltuariamente nella segheria paterna e nel febbraio del 1917 viene richiamato alle armi. Frequenta il corso allievi ufficiali di complemento a Parma, ottenendo il grado di sottotenente di fanteria. Inviato in prima linea in Val Lagarina da dove rientra dopo pochi mesi per un attacco di tifo addominale. Nell’ottobre del 1920 è posto in congedo e ritorna a Carrara. Si iscrive, quindi, al corso di laurea in Ingegneria a Pisa per poi trasferirsi alla fine del 1922 al Politecnico di Milano, per iscriversi al 4° anno e dove conosce, Camillo Berneri. Frequentatore dei circoli anarchici, tra cui quello dell’Unione Sindacale Italiana. nel 1923 viene malmenato dai fascisti, dopo aver lanciato in faccia al gerarca Renato Ricci, nel centro di Carrara, volantini che definivano Mussolini «tragico pagliaccio». In seguito, durante un'altra aggressione fascista, viene ridotto in modo tale che sua madre ne morrà di crepacuore. Nel maggio 1924, quando è ancora studente a Milano, si rende protagonista di un gesto singolare. Dopo l’attentato del cugino Gino Lucetti che l’11 settembre 1926 lancia una bomba contro l'auto del duce, che esploderà, ma Mussolini rimarrà illeso, è arrestato nella sua casa di Corso Vittorio Emanuele 46 a Carrara, trasferito a Roma e deferito al Tribunale Speciale per complicità nell'attentato. E’ accusato infatti di aver fornito insieme ad altri anarchici (la sorella Maria, il triestino Umberto Tommasini, il bresciano Leandro Sorio e il carrarino Stefano Vatteroni), la bomba SIPE usata nell’attentato. Prosciolto per insufficienza di prove, viene assegnato direttamente al confino per 5 anni, dopo essere rimasto in carcere fino al 28 giugno. Confinato a Lampedusa, Ustica, Ponza e Lipari è arrestato una seconda volta per sospetta complicità nell’attentato del 12 aprile 1928 alla Fiera Campionaria di Milano contro il re Vittorio Emanuele. Portato a Milano e interrogato, la detenzione durerà sino all’ottobre 1928, quando Bibbi viene prosciolto e riportato ad Ustica. Con il pretesto di completare sotto scorta gli studi di ingegneria in una città universitaria, riesce a farsi trasferire l’8 febbraio 1930 a Palermo in una stanza affittata presso una famiglia. Tenta di imbarcarsi clandestinamente, con l’aito di quattro marinai, ma il tentativo non ha successo Ad aprile riesce ad ottenere, grazie all’intercessione del cognato fascista Quaglini che lavora in banca, il permesso di rientrare ad Avenza per assistere il padre in punto di morte. Dopo un paio di giorni, quando il padre viene a mancare rientra a Palermo. Nel secondo tentativo di fuga il 2 luglio 1930 fa perdere le sue tracce, imbarcandosi alle due di notte per Tunisi sulla nave “Argentina, mascherandosi con barba e baffi posticci. A Tunisi si presenta al giornale “Le Tunis”, dove gli presentano Giulio Barresi, segretario della LIDU locale (Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo), che lo ospita e supporta il suo soggiorno. Per sostenersi cerca lavoro nelle segherie della città. Da Tunisi, il 20 luglio 1930 raggiunge Parigi dove è in contatto con gli ambienti antifascisti di Giustizia e libertà e con Carlo Rosselli che ha conosciuto al confino. Nell’estate 1931 frequenta insieme a Baldassarre Londero e Assuntino Zamboni, un corso di volo, insieme al fratello di Francisco Franco, Ramon, esule repubblicano in Francia, finalizzato ad allestire un raid aereo per sganciare bombe a Villa Torlonia residenza di Mussolini. Nel 1930 Bibbi è iscritto nel Bollettino delle ricerche e nel 1931 si reca per la prima volta in Spagna. Tra i primi mesi del 1931 e la primavera del 1934 Bibbi è ad Algeri, dove completa il corso universitario di ingegneria. E’ soggetto a continui spostamenti tra Algeri, Tunisia e Spagna, dove nella primavera del 1934 si trasferisce definitivamente con Londero a Gandìa, vicino a Valencia. Lì gestisce come vicedirettore una fabbrica per la trasformazione degli agrumi denominata “Vital”, che produce succhi ed essenze. Conosciuta una ragazza di nome Maria Dolores Ausias, detta Lolita, la sposa il 26 marzo 1936 e questa gli da un figlio, Marco, il 20 ottobre dello stesso anno. Il console italiano lo accusa di produrre invece nella fabbrica armi per un progetto di volo su Roma per bombardarla. A seguito dello scoppio della guerra civile, Bibbi si mette a disposizione della Repubblica per riorganizzare le attività agricole ed industriali nella zona di Valencia. Poi nell'ottobre 1936 si arruola probabilmente nella Sezione Italiana della Colonna Ascaso della CNT-FAI. Secondo altre fonti è nell'aviazione repubblicana, come pilota di aerei da ricognizione, e impegnato nel reclutamento di volontari e nell'acquisto di armi e munizioni. In ogni caso non partecipa in alcuna azione degna di nota (o, forse, proprio a nessuna azione). Altri ancora ritengono che Bibbi, sfruttando le sue competenze ingegneristiche, sperimenti nuove armi per il Comitato Centrale delle Milizie di Catalogna, fra cui un razzo teleguidato con un raggio d'azione di 20 km. Gli sarebbe stato commissionato anche un progetto di siluro teleguidato per attaccare le navi fasciste che bloccano i porti spagnoli. Nel dicembre del 1936 viene arrestato dalla polizia repubblicana e accusato di essere «una spia di Mussolini», ma l'intervento del comitato regionale della CNT di Valencia gli salva la vita. Poi è coinvolto da Giobbe Giopp in un progetto di affondamento con mine subacquee di navi militari ancorate a Ceuta, un porto marocchino sul lato africano dello stretto di Gibilterra controllato dai franchisti, per cui Giopp ha ottenuto l’autorizzazione ed il finanziamento dal ministro della Marina e dell’Aviazione, il socialista Indalecio Prieto. Il progetto prevede la massima segretezza. Le mine dovrebbero essere costruite nell'arsenale repubblicano della Marina a Cartagena. Oltre Giopp la squadra è composta dagli anarchici Umberto Tommasini e Giovanni Fontana, da Gino Bibbi e dal triestino Alfredo Cimadori, quest'ultimo in realtà un fiduciario della polizia politica fascista (col codice OVRA n. 492 e lo pseudonimo di "Febo"). La pericolosa operazione non viene portata a termine perché il gruppo viene intercettato da un posto di blocco della Guardia d’Assalto e incarcerato a Valencia il 20 gennaio 1937 nell’ex convento di Santa Ursula, con l’accusa di spionaggio degli impianti militari e gli arsenali. I fermati vengono sottoposti a stringenti interrogatori con minacce di morte da parte della polizia repubblicana. Sulle ragioni di questo arresto esistono varie interpretazioni; tutte si riferiscono in ogni modo ai contrasti esistenti, anche a livello governativo, fra le varie componenti del fronte repubblicano, in particolare tra il primo ministro Largo Caballero e Indalecio Prieto. Altri sostengono che l’obiettivo degli arresti è Gino Bibbi accusato di coinvolgimento nell’assassinio a Barcellona di un dirigente comunista, Baldassarre Londero. In alternativa è anche possibile un intervento dei servizi segreti italiani informati dell’operazione da Cimadori. Tommasini riesce ad evadere ma rientra in carcere per consentire in proseguimento delle trattative per liberare l'intero gruppo gestite dall'anarchico Garcia Oliver, Ministero della Giustizia con il Ministro degli Interni Galarza, un socialista molto vicino ai comunisti. Giobbe Giopp è liberato il 14 marzo 1937, per intervento del ministro Carlos Esplà del Partito Repubblicano. Tommasini e Fontana sono liberati alcuni giorni dopo, mentre Bibbi e Cimadori restano in carcere sino a metà aprile. Una volta rilasciato, Bibbi ritorna in Francia a Parigi e fonda un gruppo anarchico indipendente. Risulta però incessantemente ricercato da due spagnoli che lo accusano di aver trafugato dalla Spagna ingenti valori e hanno l’ordine di eliminarlo. Con Tommasini, nel 1937, progetta un nuovo attentato al duce, che non verrà però portato a termine. Nel 1938 trova impiego presso la Compagnie Internationale des Minerals et Métaux e si imbarca per il Brasile con il piroscafo “Florida”. Nelle carte della polizia viene segnalato in Messico, in Brasile (a San Paolo nel 1940) e nel marzo 1942 in Tunisia. Nel 1948 ritorna in Italia dove si lega ai vecchi compagni come Del Papa e Pacciardi e prenderà alloggio nelle case popolari di via Beccheria, insieme alla moglie e a due figli. Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana, da cui si ritira a metà degli anni cinquanta, «perché troppo subalterna al Partito Comunista Italiano. Alla fine della sua vita si dichiarerà anarchico individualista. Muore a Carrara l'8 agosto 1999 a più di cento anni. Si fa poi cremare, con il fazzoletto rosso e nero annodato al collo. Le ceneri sono seppellite nel cimitero di Turigliano (Carrara) nel cosiddetto “angolo degli anarchici”.