Betto Mario di Giuseppe e Formentini Rosa, nato il 31 dicembre 1908 a Venezia. Operaio, comunista e poi anarchico. La famiglia Betto (composta dai genitori e da quattro figli) risiede a Fontanafredda (Pordenone) dall’ottobre 1921. Mario ha due fratelli, Alberto nato il 25 settembre 1893 a Venezia e Ulderico 8detto Gino) nato il primo marzo 1898 anche lui a Venezia. L’11 ottobre 1923 i Betto emigrano a Thiais (Valle della Marna), vicino a Parigi. Mario lavora come apprendista vetraio, e poi come muratore. Dal 1930 al 1936 risiede a Parigi, finchè, nell’agosto 1936, parte volontario per la Spagna. Dal novembre del 1936, Betto milita nel compagnia italiana comandata da Carlo Penchienati nel Battaglione “Dimitrov“ della XV Brigata Internazionale con cui partecipa alla battaglia del Jarama del gennaio-febbraio 1937. Le perdite sono così elevate che i superstiti confluiscono nel Battaglione Garibaldi (poi divenuta Brigata) con cui Betto partecipa a tutti i combattimenti, fino alla ritirata in Aragona nella primavera del 1938. Inizialmente di ideologia comunista dopo gli scontri di Barcellona del maggio 1937, che contrappongono il governo autonomo catalano (Generalitat) agli anarchici appoggiati dal POUM (Partido Obrero di Unificaciòn Marxista), comunisti antistalinisti, Betto matura il passaggio all’ideologia anarchica. Rientra in Francia nell’aprile-maggio 1938, ma nel luglio 1938 viene espulso insieme al padre ed ai fratelli Alberto ed Ulderico in quanto “militanti comunisti e già combattenti nella Spagna rossa”. Si tratta evidentemente di una generalizzazione che omologa l’impegno politico di gran parte della famiglia. I tre fratelli si recano quindi in Spagna, ma Mario, che evidentemente si è allontanato dal fronte senza permesso, è accusato di diserzione dall’esercito repubblicano e rinchiuso nel carcere di Montjuic a Barcellona, dove rimane fino al gennaio 1939. Liberato poco prima della caduta di Barcellona sotto l’offensiva franchista (26 gennaio 1939), Betto raggiunge la frontiera e nel febbraio 1939 ripara in Francia dove viene arrestato qualche mese dopo ed internato nel campo di concentramento di Gurs, mentre la sua compagna spagnola Rosa Servera Tericama viene arrestata. Esce dal campo arruolato in una Compagnia di Lavoro per Stranieri (CTE) ed impiegato in lavori per l’esercito francese nel Pas-de-Calais. Catturato dai tedeschi che hanno invaso la Francia è inviato nel 1940 in un campo di concentramento in Germania. Liberato ritorna in Francia nel novembre 1941, ma viene nuovamente arrestato nel marzo 1942 in quanto ex-combattente in Spagna e detenuto nella caserma di Tourelles. Nel dicembre 1942 su richiesta del nostro governo, è consegnato alla polizia italiana, Arrestato alla frontiera del Brennero è condotto a Venezia ed interrogato a il 4 dicembre 1942. Dichiara che nel 1936 si trovava in Spagna in vacanza, ed allo scoppio della rivolta militare, era stato invitato dalle autorità repubblicane ad occuparsi come operaio alla costruzione di fortificazioni, ma avendo egli rifiutato l’incarico era stato adibito alla costruzione di rifugi antiaerei a Barcellona. Nega quindi ogni coinvolgimento nelle azioni belliche. Dichiara anche di “sottomettersi pienamente a tutte le disposizioni del Regime Fascista e di non interessarsi più per l’avvenire di attività politiche in genere”. Al rilascio contribuiscono anche i benefici del ventennale del regime. Mandato a casa con una ammonizione. Betto si stabilisce allora a Visinale di Pasiano (Pordenone), dove, dopo il 25 luglio 1943, viene contattato da Rino Favot, ex funzionario della Federazione Giovanile Comunista clandestina per l’Italia nordorientale, divenuto il comandante “Sergio” della Resistenza nella pianura fra Friuli occidentale e Veneto, che sta organizzando le file della Resistenza. Betto diventa allora col nome di “Spartaco” un componente dei GAP (Gruppi d’Azione Patriottica), partigiani che operano in città. Molto indipendente nelle scelte, anche militari, crea difficoltà ai dirigenti, al punto tale da essere convinto ad aggregarsi alle formazioni partigiane di montagna. Betto si unisce alla Brigata “Antonio Gramsci”. La sua divisa era un capello a larga falda sul genere dei contadini messicani, un cinturone con pistola, grosso coltello e "collana" di granate. Conosciuto da tutti i compagni per eccentricità ma ben visto perchè coraggioso, leale e disciplinato dimostra, la propria grande esperienza militare, retaggio della milizia antifascista in Spagna. La sua morte, avviene il 23 ottobre 1944, durante la difesa della conca di Barcis da un rastrellamento nazifascista. Le forze del Battaglione” Gramsci” difendono l’accesso alla vallata, ma dopo una settimana di resistenza sono costretti a ritirarsi verso nord. Betto si offre volontario con il compagno Diana per minare la galleria del ponte di Artoi, che sbarra l’accesso al paese, ma i tedeschi arrivano prima che il lavoro sia finito e lui, lasciando scappare il compagno, si sacrifica facendosi esplodere con la mina saltando in aria col contingente nazifascista. I suoi resti vengono recuperati dagli abitanti di Barcis e sepolti nel locale cimitero.