Bertoni Giovanni di Antonio e Rossi Clementa, nato il 27 aprile 1906 a Faenza. Carrettiere, comunista. Frequenta la scuola sino alla seconda classe tecnica. Sin da ragazzo mostra un animo ribelle e aderisce giovanissimo al Partito Comunista d'Italia. Nel 1924 è denunciato per l'affissione di manifesti e subisce violenze, umiliazioni e sevizie negli anni in cui il fascismo si impone con la violenza. Tra l’altro gli viene persino bruciata la casa. Divenuto parte del gruppo dirigente dell’organizzazione comunista faentina, dopo aver subito numerose bastonature, l’8 aprile 1925, mentre è in bicicletta con l’amico Federico Tassi, ha un diverbio con due fascisti, Guglielmo Volterra e Giuseppe Ghinassi. Estrae allora la pistola che ha in tasca e spara uccidendoli entrambi, fuggendo poi in bicicletta dopo aver ferito un'altro fascista accorso in aiuto. Oggetto di un mandato di cattura, Bertoni è inserito nel Bollettino delle Ricerche con una taglia di £ 5.000 per chi favorisce la sua cattura. Intanto con l’aiuto di famiglie antifasciste fugge a Forlì, poi a Cesena e Milano, prima di varcare la frontiera con la Svizzera, raggiungendo Lugano e poi Berlino in Germania, da dove invia due cartoline alla madre ed alla fidanzata Liliana Iride con l’identico testo: “Saluti auguri Giannetto”. Alcune settimane dopo da Berlino, con l’aiuto del Partito Comunista, si sposta in Unione Sovietica, stabilendosi ad Odessa per due anni, lavorando come montatore al porto. Il 24 febbraio 1927 si sposta a Mosca ed a giugno è ammesso all’Università comunista delle Minoranze Nazionali dell’Occidente “Zapad”. Progressivamente assume incarichi sempre più importanti nel Partito, come istruttore dell’associazione dei funzionari comunisti a Mosca e nell’Internazionale Comunista come segretario tecnico del settore latino-americano. Il 25 gennaio 1927 il tribunale di Ravenna lo condanna in contumacia a 26 anni e 3 mesi di reclusione iscrivendolo nella Rubrica di Frontiera. Terminati gli studi nell’estate del 1931 e trascorso un periodo in Crimea dove il clima è migliore, rientra a Mosca e viene ammesso al Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Un anno dopo nella primavera del 1932 è nominato segretario della sezione italiana del Club degli immigrati politici. Gli viene allora affidato l’incarico di interprete del generale Umberto Nobile, allora a Mosca come consulente per la progettazione e costruzione di una flotta di dirigibili sovietici a Dolgoprudnayi a venti chilometri da Mosca. Il 10 dicembre 1933 insieme ad Alberto Pera e Luigi Capanni, Bertoni partecipa all’uccisione in un albergo di Alberto Bonciani, accusato di essere una spia del regime fascista. Condannato a tre anni di reclusione, sconta solo pochi mesi, a dimostrazione che l’azione è stata orchestrata dai servizi sovietici e Bertoni è mandato in un sanatorio in Crimea per curare la sua tubercolosi. Rapidamente gli vengono affidati incarichi sempre più rilevanti negli organismi del Comintern tra cui il Soccorso Rosso Internazionale, quale addetto alla sezione italiana per gli aiuti agli emigrati politici ed alle loro famiglie. Nel frattempo ha sposato la cittadina sovietica Zina Fedorova. Passa poi al Comitato Esecutivo del Comintern alle dipendenze del Dipartimento degli Affari Esteri della Direzione per la Sicurezza dello Stato. Secondo l’Ambasciata Italiana a, nel settembre 1937 viene inviato in Spagna dove infuria la guerra civile Mosca (circostanza da lui confermata negli anni successivi). Non essendo stato riscontrato il suo nome negli elenchi dei Brigatisti Internazionali, è da ritenere che in Spagna abbia svolto incarichi riservati e particolari sotto falso nome. In quel periodo giunge a Ravenna la voce che sia caduto in Spagna e la falsa notizia viene celebrata con un banchetto ed una banda musicale. Rientrato a Mosca, una tragedia si abbatte però su Bertoni, L’8 settembre 1938 la moglie muore di parto dando alla luce ad una bambina, Svetlana, che il padre chiamerà sempre col nome della moglie Zinocka. Dopo un nuovo periodo di cure in sanatorio, rientra a Mosca all’Hotel Lux e inizia il riordino dei documenti del Partito Comunista d’Italia per il Comintern. Dopo l’attacco nazista all’Unione Sovietica Bertoni è chiamato da Togliatti a lavorare a “Radio Milano Libertà” a Mosca. A questo punto ritenuto un elemento affidabile ed esperto è reclutato dal dai servizi segreti col nome in codice “Marco” e si decide di tentare di infiltrarlo in Italia come agente. Paracadutato nel maggio 1944 in Jugoslavia, dopo diverse vicissitudini, raggiunge la costa dalmata e a raggiungere Bari con un aereo inglese. Si sposta a Roma dove nella confusione che regna, regolarizza la sua posizione assumendo il nome di “Giuseppe Seresatto”. Inizia la sua attività di agente segreto del NKVD, avendo come superiore l’ambasciatore russo, intessendo relazioni con personalità di governo, della politica del mondo imprenditoriale e del giornalismo. Nel primo anno invia a Mosca 12 rapporti su argomenti diversi. Nell’agosto del 1945 cambia casa e si procura una nuova identità come “Giovanni Cerasoli”. Nel 1946 con la ristrutturazione dello stato, riesce a farsi assumere dal Ministero degli Esteri a Roma, probabilmente con l’aiuto del PCI, nell’ufficio smistamento della corrispondenza. Effettua anche alcune visite ai parenti a Faenza. Essendo stato informato nell’aprile del 1949 che i Carabinieri stanno indagando su di lui, si dimette e si allontana da Roma. Giunto a Napoli si imbarca su una nave sovietica. Tornato a Mosca il 30 aprile 1951 chiede e ottiene la nazionalità sovietica. Il 19 maggio 1954 viene assegnato a una nuova e più difficile missione in Guatemala, dove un colpo di stato organizzato dalla CIA ha spodestato il presidente riformista, Guzmàn, con un passaporto intestato a “Carlo Espinoza Moreno”. Individuato come sospetto dalla polizia, fugge clandestinamente in Messico da dove rientra in Europa ed infine a Mosca. Assegnato in missione in Uruguay, viene deciso di farlo sposare con un’agente del KGB, Africa de la Heras Gavilàn, una spagnola con nazionalità uruguayana per un precedente matrimonio. In due si incontrano in Argentina a Buenos Aires (lui ha un passaporto italiano a nome Valentino Marchetti) ed insieme giungono in Uruguay a Montevideo dove si sposano il 9 giugno 1956 e Bertoni ottiene il passaporto uruguayano. Dopo aver aperto un negozio di antiquariato la coppia svolge per molti anni un lavoro di intelligence a favore dell’Unione sovietica. Bertoni muore d’infarto a Montevideo (Uruguay) il primo settembre 1964 ed è seppellito sotto il nome di Valentìn Marchetti Santi.
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