Alvino Francesco Carmine di Nicola Costantino e Salvi Giuseppina, nato a Napoli il 16 luglio 1884. Svolge vari mestieri, contabile, venditore ambulante, interprete, insegnante privato di lingua italiana. Dopo la licenza ginnasiale studia Lettere, per cui si dedicherà all’attività giornalistica. Espatria in Francia nel 1910 stabilendosi a Mentone lavorando come cassiere contabile nella Banca dell’Unione franco-italiana. fino al 1915, data del richiamo alle armi. Partecipa alla prima guerra mondiale, ma si allontana dal reparto e torna a Mentone e da lì a Parigi, dove lavora inizialmente presso la casa cinematografica “Pathè Freres”. In patria è condannato in contumacia il 21 marzo 1921 ad un anno di reclusione militare per diserzione dal Tribunale Militare di Firenze. Espulso dal Principato di Monaco e dal Dipartimento delle Alpi Marittime per emissione di assegni a vuoto, nel gennaio 1929 si trasferisce a Tunisi dove viene arrestato perché indiziato quale responsabile del secondo attentato dinamitardo alla sede del Consolato d’Italia e contro la sede del giornale “L’Unione”, ma in mancanza di elementi a suo carico viene rilasciato ed espulso. Si muove allora in vari paesi del nord Africa dal 1929 al 1936. Nel 1930 è all’Hotel Cervantes di Tangeri (Marocco), poi torna a Parigi dove nell’ambiente degli antifascisti italiani conosce l’ex deputato De Ambris, con il quale si mantiene in contatto fino al 1931, anno in cui ritorna a Tangeri. Nella città marocchina per guadagnarsi vivere impartisce lezioni di lingua italiane fa il corrispondente di vari periodici, pubblicando numerosi articoli di contenuto antifascista sul giornale “Heraldo de Madrid”. Collabora anche col giornale comunista francese “Le cri Moracain” a Casablanca, dove già nel corso della sua permanenza a Parigi, inviava i suoi articoli e con giornale repubblicano “La Opiniòn” di Ceuta, usando gli pseudonimi di Francesco Franchi, Aurelio Raggio e Gastone Medolago. Riesce comunque a farsi pubblicare numerosi articoli antifascisti ed il libello “La voce nuova di Tunisi”. Per un breve periodo nel corso del 1934 collabora alla rubrica “Tribune Antifasciste” del giornale “Le Socialiste Marrocaine”, organo del gruppo socialista di Jean Jaurès in Marocco. Pur non essendo pagato scrive a Tangeri articoli sul bisettimanale locale israelita “Democracia”. Alla fine del 1933 per l’aggravarsi delle sue condizioni di indigenza, in occasione del decimo anniversario della marcia su Roma, si adopera per la pubblicazione di un manoscritto intitolato “Giovinezza” e nel gennaio 1934 fa richiesta al direttore de ”L’Eco d’Italia” di pubblicare una sua commedia dedicata ai giovani avanguardisti. Su pressione del console italiano a Rabat, Guido Sollazzo, sul direttore della rivista “Le Socialiste Marrocaine”, viene licenziato. Nell’estate del 1934 con il falso nome di Gastone Medolaga invia una richiesta di passaporto per l’Italia al consolato di Tetuan, fornendo dati falsi che presto lo fanno scoprire dai funzionari del consolato. Fallito il tentativo invia da Ceuta un’istanza al Duce, nella quale dichiara di volersi accostare al regime, per poter rientrare a Tangeri per sottoporsi ad una operazione chirurgica. Continua però allo stesso tempo a svolgere attività antifascista ed espulso si imbarca per Algeciras in Spagna, stabilendosi a Cordoba. Allo scoppio della guerra civile combatte nell’esercito popolare. Il primo novembre 1939 a guerra civile terminata, viene fermato insieme ad altri connazionali e imbarcato sul piroscafo “Franca Fassio” per Genova, dove il 39 giugno 1940 viene arrestato. Deferito alla Commissione provinciale di Napoli viene assegnato al confino a Ventotene per 5 anni. Dall’isola scrive il 17 novembre 1941 al Ministero dell’Interno ed a quello degli Affari Esteri nel tentativo di recuperare il materiale di cui era in possesso al momento dell’arresto da parte degli spagnoli a Cordoba. La risposta arriverà un anno dopo e indica che la valigia è stata rintracciata, ma è talmente ammalorata che il contenuto è inutilizzabile. Viene al contempo localizzato un credito a suo nome presso una banca spagnola. Al confino è sorpreso a parlare in francese con altri confinati e per questo denunciato. Muore nell’agosto del 1943 nelle carceri di Roma dove si trovava perché citato come imputato in un processo.
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