Beccaro Alberto di Battista e Guglielmetti Teresa, nato l’11 maggio 1904 in Valstrona nella frazione Marmo di Massiola (Novara, ora Verbano-Cusio-Ossola). Elettricista, antifascista. Operaio tornitore, poi panettiere ed infine, conseguito il diploma di perito elettrotecnico, elettricista alla Marelli, sviluppa precocemente sentimenti antifascisti nella fabbrica, dove forti sono gli influssi politici di Rodolfo Morandi. Dalla polizia della natia Valstrona è segnalato come “pericoloso sovversivo capace di compiere qualsiasi atto”. Chiamato alle armi a Novara alla fine di novembre del 1923, viene congedato dopo soli tre mesi. Sette anni dopo, nell’ottobre del 1930, si presenta ad una visita di controllo appena prima di espatriare in Francia (con modalità, località e data non note). Vive a lungo tra Francia e Belgio, dove entra in contatto con una numerosa comunità piuttosto attiva di libertari italiani fuorusciti a Bruxelles. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, parte volontario, probabilmente dalla estate del 1936 e si arruola nella Colonna Italiana di Nello Rosselli e Camillo Berneri aggregata alla Colonna “Áscaso” della CNT – FAI (Confederación nacional del trabajo–Federación anarquista iberica, impegnata sul fronte aragonese di Huesca. In seguito, dopo un breve periodo come mitragliere di bordo di un apparecchio dell’Aeronautica Repubblicana, e dopo lo scioglimento della Sezione Italina della Colonna “Ascaso” entra a far parte del Battaglione “Matteotti” creato da Nello Rosselli nel gruppo internazionale della Colonna “Durruti”, altra grande unità anarchica comandata da Ricardo Sanz (che continuerà a comandarla anche quando, dopo la militarizzazione delle Milizie, diventerà la 26ª Divisione Durruti). Ammalatosi di una seria forma di tubercolosi, ed anche ferito in combattimento a un polmone, probabilmente nel corso della battaglia dell’Ebro, Beccaro è costretto a tornare in Francia all’inizio del 1939. Una volta guarito, nella seconda metà del 1939 è internato nel duro campo disciplinare del Vernet d’Ariège (Pirenei Occidentali). A seguito dell’occupazione della Francia da parte dei tedeschi ed italiani, intorno alla metà d’agosto del 1940 viene rimpatriato. Consegnato alla della Milizia di Frontiera al valico di confine di Bardonecchia. Imprigionato con l’accusa di spionaggio, subisce in carcere crudeli torture, evidentemente per costringerlo a rivelare eventuali complici, che lasceranno segni negli anni a venire. Deferito al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. il 6 agosto 1940 viene condannato alla pena di 10 anni di reclusione per “aver compiuto atti idonei diretti a procacciarsi in Italia notizie di cui le Autorità competenti vietano la divulgazione”. In altre parole, una condanna per spionaggio, gravissima in tempo di guerra. Detenuto nel penitenziario di Castelfranco Emilia, tempo dopo è trasferito al penitenziario di Fossano (Cuneo), dove stringe profonda amicizia con Emilio Sereni e vi rimane fino al 5 luglio del 1944 quando è liberato con la maggior parte degli altri detenuti politici grazie all’ iniziativa di un paio di distaccamenti garibaldini delle Langhe (al comando di Ettore Vercellone detto “Prut”), che con una azione audace, spericolata ed efficace, attaccano il penitenziario e liberano i detenuti (fra cui molte decine di partigiani francesi, catturati in zona di occupazione italiana, processati e condannati a Breil-sur-Roya dal Tribunale Militare della IV Armata italiana di occupazione). La maggioranza di quei partigiani francesi entrerà a far parte delle formazioni garibaldine delle Langhe e soltanto pochi di loro raggiungeranno invece le formazioni autonome di Mauri. Partigiano a sua volta nella 9. Divisione Garibaldi a partire dal 4 luglio 1944, Beccaro a fine agosto del 1944 viene ferito alle gambe e al basso ventre nei pressi di Bene Vagienna (Cuneo), in uno scontro con la Brigata Nera “Ather Capelli”, che affronta con una bomba a mano SIPE nascosta nei vestiti, pronto a farsi saltare in aria se catturato. Curato nel piccolo Ospedale di Dogliani, appena ristabilito torna alla formazione che nel frattempo è diventata la 48. Brigata Garibaldi “Dante Di Nanni”. Beccaro non tarda a diventare ufficiale partigiano, poi intendente garibaldino. Nuovamente ferito a Bosia, in Alta Langa, questa volta colpito al torace dalle schegge del proiettile di un lanciagranate partigiano difettoso nel corso di un rastrellamento nazifascista all’inizio del 1945, viene curato all’ Ospedale di Monforte. Alla Liberazione è commissario politico di un combattivo Raggruppamento della 48. Brigata al comando da Alberto Gabrielli detto “Lupo”. Nel dopoguerra vive a Torino. Grande invalido di guerra (ha una scheggia vicino al cuore), è costretto a frequenti ricoveri ospedalieri ma è sempre attivo politicamente, anche dopo un’ennesima degenza all’Ospedale San Luigi. Arriva persino a guidare a Roma una delegazione di ex partigiani per rivendicare la pensione e trova ad accoglierlo Sandro Pertini, che lui definisce “grande amico”. Presidente di una Associazione di Invalidi di Guerra, viene ricoverato per l’ennesima volta a Villa dei Colli (Torino), dove muore il 12 luglio del 1975. Il comune di Massiola gli ha dedicato la piazza della natia frazione di Marmo.

Annotazioni: Si ringrazia Roberto Bacchetta, nipote di Alberto Beccaro per le informazioni fornite. Scheda basata sulla biografia di Gianpaolo Giordana aggiornata a maggio 2017 realizzata sulle seguenti fonti consultate: Archivio INSMLI – Milano (Fondo Archivio Aicvas), Archivio INSMLI – Milano (busta 13, fascicolo 76), Archivio di Stato di Novara (Ruoli matricolari, Volume 215, matricola 37872).