Bonfante Giuliano di Pietro e Rua Pia Genoveffa nato il 6 agosto 1904 a Milano. Linguista, antifascista. La formazione culturale di Giuliano avviene in un ambiente familiare segnato dalla presenza del padre Pietro, giurista e professore di diritto romano in più università nel corso della sua vita. Gli viene sicuramente trasmessa un’ottima conoscenza delle leggi, che tuttavia non gli impediranno di prediligere gli studi classici di linguistica, in particolare di lingue morte e sepolte, quali ad esempio l’ittita e l’etrusco. In questo campo arriverà a raggiungere un livello tale, da qualificarlo tra i massimi studiosi mondiali di questi temi. Il suo antifascismo deriva dal ripudio personale delle “imprese fasciste” del 1920-1922 e la sua adesione ai principi repubblicani, scaturisce, invece, dalla valutazione delle scelte del monarca, che ha favorito l’ascesa del fascismo e che è complice delle sue “gesta”. Conseguentemente Giuliano diventa militante del Partito Repubblicano Italiano, a cui contribuisce sia sotto il profilo del pensiero, che dell’azione: nel primo caso collaborando con articoli a “La Voce Repubblicana” e facendo parte della commissione esecutiva della federazione giovanile, nel secondo caso, intervenendo in prima persona in più manifestazioni pubbliche che si va a ricordare. Il 17 febbraio del 1924 Giuliano viene fermato nel corso di una manifestazione contraria al regime, mentre è studente di lettere all’Università di Roma, e il 15 giugno del 1924: “in occasione di una cerimonia tenutasi nella Regia Università, alla presenza di Sua Eccellenza Gentile allora Ministro della Pubblica Istruzione, (…) il Bonfante, unitamente ad altri studenti, organizzò una dimostrazione ostile alla prefeta (sic!) Eccellenza, perché aveva vietato che si esponesse la bandiera abbrunata per l’uccisione di Matteotti”. Il giorno successivo la reazione fascista si manifesta con ulteriori scontri, nel corso dei quali Giuliano rimane ferito. Questi due fatti non comportano alcuna conseguenza giudiziaria per lui, mentre uno o più articoli scritti per “la Voce Repubblicana” gli procurano una denunzia per reato a mezzo stampa, di cui all’art. 126 C.P. vigente, procedura estinta in seguito per intervenuta amnistia. Laureatosi in “belle lettere”, sicuramente prima del 1928, anno in cui ottiene una cattedra per l’insegnamento di greco e latino al liceo classico di Sassari. L’anno successivo a Lecce ha diritto ad assumere lo stesso incarico presso il locale liceo classico. In questa località conduce vita ritirata e allaccia rapporti con l’avvocato e professore Giovanni Guazzi, futuro consultore nazionale luogotenenziale, con il quale mantiene una frequentazione, che lo porta ad iscriversi al Partito Comunista d’ Italia. L’11 maggio 1930 entrambi sono arrestati nel capoluogo salentino per propaganda comunista. Giuliano rimane in carcere fino all’8 giugno successivo, quando viene liberato per intervento del Ministero degli Interni. Nell’autunno del 1930 il suo incarico si sposta al liceo classico G. Garibaldi di Napoli, ove insegna le stesse materie. In quegli anni, tra Roma e Napoli, conosce, incontra e frequenta i compagni di partito Giorgio Amendola, Manlio Rossi Doria, Emilio Sereni e Ambrogio Donini. Il primo di novembre del 1931, informato che il cerchio intorno a lui si andava stringendo da parte della polizia politica, riesce ad espatriare con la moglie Vittoria Dompè e i due figli Giordano (Ninì?) e Larissa, nata a Napoli il 27 marzo del 1931. Bonfante sfugge all’arresto, che sicuramente si sarebbe realizzato in seguito al suo deferimento al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. Raggiunge Parigi, dove svolge anche qualche incarico per conto del P.C.d’I. Nel 1932 la moglie e i figli si stabiliscono a Ginevra, mentre lui rimane in Francia clandestinamente, dato che il recapito postale cui fare riferimento è l’indirizzo della compagna di vita di Giorgio Amendola, Mademoiselle Germaine Lecoq n.152, Rue St. Charles, Paris XV arrondissement. Intanto in Italia è stato emesso contro di lui un mandato di arresto internazionale, conseguente alla sentenza del Tribunale Speciale, però ambienti universitari a lui vicini ottengono dallo stesso Mussolini che sia ritirato qualora il Bonfante fosse rientrato in patria. Ma Giuliano non si fida, valutate le garanzie che gli sono offerte dalle leggi vigenti in quel momento in Italia. Dopo essere stato in Francia, in Svizzera e in Belgio, decide di accettare una cattedra presso il Centro di Insegnamento di Studi Storici in quel di Madrid. Nel 1933 raggiunge la Spagna. Il 7 novembre dello stesso anno abita a Madrid in Calle Felipe III n.4 con la famiglia, che lo ha raggiunto. Nel periodo madrileno è tra i fondatori di “Emerita”, prestigiosa rivista di antichistica. Allo scoppio della Guerra Civile spagnola si schiera con i repubblicani, tanto da entrare a far parte, per circa due mesi, di formazioni miliziane spagnole, che combattono nella Sierra de Guadarrama. Successivamente partecipa pure ai combattimenti in difesa della capitale spagnola del novembre e dicembre 1936.In quest’ultimo mese si trasferisce con la famiglia nella città di Valencia, forse perché la sua abitazione madrilena è stata distrutta nel corso di un bombardamento aereo. Anche l’istituto per il quale lavora, di cui nel frattempo è diventato direttore, si trasferisce nella stessa località e Bonfante continua a fornirvi il suo contributo professionale. Le notizie dei fatti di Barcellona del maggio 1937 lo portano a manifestare opinioni, che lo fanno ritenere vicino alle posizioni del P.O.U.M. Subisce l’arresto e la detenzione per circa un mese nelle carceri repubblicane. Nel giugno successivo fa espatriare la famiglia, che si porta di nuovo a Ginevra. Anche lui si sente politicamente compromesso, per cui si attiva per uscire personalmente dal territorio iberico. La cosa gli riesce, anche per l’interesse e l’intervento diretto del segretario del P.S.I. Pietro Nenni, che gli procura un passaporto speciale per rifugiati. Il 30 novembre del 1937 Bonfante riesce a passare in Francia e a raggiungere Marsiglia, non si sa con quale mezzo, per poi ricongiungersi con la famiglia a Ginevra. In tutta questa vicenda si è consumata la sua militanza nel P.C.d’I, tanto da giungere a una rottura pressoché definitiva. Tornato in Italia nel dopoguerra divenne docente all'Università di Genova e poi all'Università di Torino, dove insegnò glottologia (linguistica comparata) e filologia germanica, e dove concluse la sua carriera didattica. Non si hanno altre informazioni che riguardino le sue vicissitudini personali fino al gennaio del 1947, quando, a seguito della scissione di Palazzo Barberini con la conseguente nascita del P.S.D.I., Bonfante vi aderisce assieme ad alcuni combattenti antifranchisti di Spagna, quali Giorgio Braccialarghe e Felice Vischioni. La sua involuzione politica in senso anticomunista raggiunge il culmine negli anni Sessanta, quando condivide certe posizioni reazionarie di Randolfo Pacciardi e collabora con l’editore Volpe, noto per le pubblicazioni di destra. Nel 1969 divenne membro dell'Accademia dei Lincei. Il 20 settembre 1979 ottenne la concessione del titolo di Barone dall'ex Re d'Italia Umberto II, che si trovava in esilio a Cascais. In parte si riscatta nel 1985, quando, assieme alla figlia Larissa, pubblica un volume di studi glottologici per i Tipi degli Editori Riuniti, casa editrice della sinistra, il cui titolo è “Lingua e cultura degli etruschi”. Muore a Roma il 9 settembre 2005. Il giorno successivo compare, sulle pagine de “La Repubblica”, il necrologio: “Rita Levi-Montalcini partecipa commossa al dolore dei cari cugini Larissa e Giordano per la scomparsa dell’amatissimo padre e illustre filologo Giuliano Bonfante”.
Annotazioni: Scheda biografica compilata da Augusto Cantaluppi per il suo libro La Ringhera in Spagna, antifascisti milanesi nella guerra civile spagnola (1926-1939)
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