Segalini Primo di Maurizio e Cristiani Elisabetta, nato il 27 settembre 1901 a Castelleone (Cremona). Frenatore ferroviario, socialista e poi comunista. Svolge il servizio militare come sergente. Lavora alla Ferrovie prestando servizio al Deposito personale viaggiante di Milano Sempione. Attivo politicamente, il 30 ottobre 1920 viene denunziato per minacce a mano armata e prende parte agli scioperi ferroviari del 1920. Nel 1924 passa dal Partito Socialista al Partito Comunista d’Italia con al frazione detta dei “terzisti”. Sposato con Bertizzolo Giovanna che gli dà un figlio. Licenziato il 23 ottobre 1927 dalle ferrovie in quanto antifascista, si porta a Bergamo con la famiglia. Nel 1930 impossibilitato a trovare un lavoro, ottenuto il passaporto, espatria in Francia stabilendosi ad Ablis (Yvelines), dove viene raggiunto dalla moglie e dal figlio. Arrestato a Parigi il 20 aprile del 1934 mentre partecipa ad una manifestazione comunista, viene espulso e si porta senza passaporto a Bruxelles, dove viene di nuovo arrestato per attività politica e portato alla frontiera con il Lussemburgo. Rientrato clandestinamente in Francia. il 9 novembre 1936 giunge in Spagna, per arruolarsi nel battaglione Garibaldi, 1. compagnia, come capo sezione. Combatte a Boadilla, Mirabueno e Majadahonda, dove rimane ferito il 14 gennaio 1937. In Italia viene inserito nella Rubrica di Frontiera per il procedimento dell’arresto. Dopo due mesi d'ospedale è assegnato alla brigata Garibaldi con il grado di tenente del 1. battaglione. Nel numero 12 del giornale della Brigata Garibaldi del 18 settembre 1937 Giacomo Calandrone pubblica un suo ritratto umoristico: “E ' del paese dell’onorevole Tettoia, l'eroe di Cremona feritosi in Africa Orientale nellapesca delle rane; ma è tessuto su un altro telaio. E’ coraggioso, calmo taciturno... da poco tempo. Da quando ha perso la voce, in seguito a due o tre operazioni chirurgiche sopportate negli Ospedali di Murcia e di Orihuéla, dopo la ferita al collo riportata in uno dei primi combattimenti del Battaglione Garibaldi. La voce di Segalini, nel periodo di preparazione del contingente Picelli alla Roda o ad Albacete, era una specie di voce del padrone. Quando era istruttore, il nostro Primo sapeva gridare, urlare, sbraitare. Era un po’ il teorico del contingente picelliano. Sapeva a memoria il manuale del perfetto militare, qualcosa di stranamente assomigliante al breviario cattolico o alla raccolta amorosa per serve e finanzieri in libertà; o, se preferite, alla massima di "Ogni cosa alsuo posto, ed un posto per ogni cosa”. Ma quando salì al fronte, si dimenticò delle regole fisse del manuale-breviario, per battersi e per far battere i garibaldini contro i fascisti ed i mori, come l’imponevano le circostanze della lotta: circostanze che non sempre erano previste dai sapientoni del manuale. L'indomani di una gran battaglia, l’alfiere Segalini non riusciva a ”pescare” gli uomini della corvée per il caffé. Tutti erano stanchi, tutti fingevano di dormire nei loro "buchi”. Che ti fa il paesano dell’eroe della tettoia? Spara immediatamente due o tre colpi di rivoltella, gridando che i fascisti attaccavano. Tutti balzano fuori dai buchi... ed è facilissimo, allora, formare la corvée... Strana adattabilità che non rientra nelle norme del buon soldato o del manuale, ma che é utilissima, però, nell’attuale nostra lotta. Gli storici vi diranno domani del valore del nostro Primo; io mi sono limitato a vantarlo un po’...”. In seguito, promosso capitano, assume il comando di una compagnia sui fronti di Aragona ed Estremadura. Caduto il 22 marzo 1938 durante la ritirata da Caspe all’Ebro.