Alberti Berto di Paolo e Campana Desolina, nato il 5 luglio 1908 a San Vittore, frazione di Cesena (Forlì-Cesena). Manovale muratore, falegname, operaio. Il padre è un “mazziniano” che partecipa nel 1914 ai moti della “Settimana Rossa” (7-14 giugno 1914) e per questo riceve dalle Autorità una “ammonizione perpetua”. Gli zii materni sono attivi militanti del Partito Socialista che, richiamati in guerra nel 1915, per rimanere fedeli ai loro ideali preferiscono disertare. Berto vive la sua infanzia a Cesena, frequentando con gli zii il circolo socialista “Ponte di Ferro” a San Vittore. A seguito delle violenze fasciste, la famiglia decide di spostarsi a Venaria Reale (Torino), dove stanno sorgendo nuove fabbriche ed è quindi più facile trovare lavoro. Alberti viene assunto a 16 anni dalla Snia-Viscosa, una delle prime fabbriche di fibre artificiali, dormendo in una stanza malsana e umida offerta dalla fabbrica. Nel 1925 a 18 anni aderisce al Partito Comunista d’Italia e viene incaricato, con altri giovani, di diffondere la stampa e la propaganda, diffondendo tre volte al mese i periodici “L’Unità” e “Avanguardia” ed i volantini della Direzione del Partito o della Federazione di Torino. A causa delle malsane condizioni di lavoro, nel 1926 si licenzia e va a lavorare come muratore presso una azienda edile a Badia Stura. Individuato durante una diffusione di volantini, riesce a dileguarsi, ma l’8 settembre 1927 viene spiccato contro di lui un mandato di cattura. Il Partito allora lo fa riparare in una baita in Alta Val di Lanzo, dove rimane nascosto 2 mesi, mentre la casa della sua famiglia viene perquisita dalla polizia. Con l’intensificarsi delle ricerche della polizia fascista, è costretto a emigrare in Francia attraverso il Monte Bianco, raggiungendo Parigi. Per due anni (1928-1929) svolge attività politica a Lione nei Gruppi di lingua italiana del Partito Comunista francese e nell’Unione Popolare Italiana. Lavora come muratore, carbonaio e operaio in una fabbrica di rimorchi. Alla fine del 1929 rientra a Parigi diventando un funzionario di Partito. Il primo gennaio del 1931 è inviato in Italia a svolgere un lavoro di riorganizzazione dei giovani comunisti in Piemonte, Liguria e Lombardia. Tre mesi dopo, il 13 aprile del 1931, è arrestato a Torino, in un bar della zona «Barriera Milano». Deferito al Tribunale speciale, l’11 dicembre, è condannato a Roma a dodici anni di carcere e ventimila lire di multa, per la sua attività politica. Rinchiuso a Santa Teresa del Fiore a Firenze e poi a Civitavecchia, esce dopo quattro anni per un’amnistia. Nel settembre 1935 è quindi liberato ed essendo renitente alla leva, è chiamato a svolgere il servizio militare a Casale Monferrato (Alessandria). Mentre è di stanza è di nuovo arrestato per propaganda antimilitarista. Nell’agosto del 1935 fugge dalla prigione della caserma e si rifugia nelle campagne piemontesi, ma alla fine dell’anno è costretto a uscire dal paese. Torna nuovamente in Francia in modo clandestino e a Parigi riprende a lavorare con il Centro Estero del Partito. Viene deciso di inviarlo in Unione Sovietica dove incontra Togliatti. Ad aprile del 1936 inizia a frequentare la scuola leninista, ma a seguito dello scoppio della guerra civile in Spagna frequenta un corso accelerato per allievi ufficiali di Karkov insieme a Lodovico Ceresa, Vittorio Bardini e Dino Saccenti (che saranno tutti volontari in Spagna). Ai primi del 1937 è di nuovo in Francia da dove entra in Spagna clandestinamente in aprile. Inviato inizialmente sul fronte del Nord insieme ad Alessandro Vaia, per svolgere attività politica sui militi italiani del Corpo Truppe volontarie, giunge fortunosamente a Bilbao. Alla caduta di Bilbao si ritira a Santander proseguendo la propaganda tramite potenti altoparlanti che arringano verso le trincee fasciste. Alla caduta del fronte del Nord col grado di comandante di Battaglione, ripara in Francia con una nave norvegese che trasporta feriti. Rientrato in Spagna, il 7 dicembre entra nella Brigata Garibaldi (XII Brigata Internazionale) come comandante della 1. Compagnia del 1. Battaglione con il grado di tenente e poi di capitano. Come comandante di una Batteria Anticarro combatte in Estremadura, ed in Catalogna a Caspe sull'Ebro. Durante questi ultimi combattimenti con una scusa si trasferisce alla Stato Maggiore, lasciando la Compagnia priva di guida. Per questo viene degradato a soldato semplice. Alle sue proteste di innocenza, viene inizialmente riconosciuta la sua buona fede ed è reintegrato nello Stato Maggiore della Brigata Garibaldi e poi nello Stato Maggiore della 45. Divisione. Sottoposto però ad ulteriore inchiesta, dopo qualche giorno di prigione è mandato in un campo di lavoro della 45. Divisione e successivamente rinviato al fronte come soldato. Durante l’ultima battaglia dell’Ebro è promosso di nuovo tenente per il suo coraggioso comportamento e comanda una batteria anticarro di due pezzi. Durante gli accaniti combattimenti, assiste alla morte di Adriano Neri. Dopo il ritiro dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, viene avviato nel campo di smobilitazione di Torellò. Esce dalla Spagna il 7 febbraio 1939 e viene internato a Argelès-sur-Mer, poi a St. Cyprien e Gurs. Avendo rifiutato l’arruolamento nella Legione Straniera viene trasferito nel campo di Vernet d’Ariège, dove resta fino al 1941. Riesce allora ad evadere e si porta nella Francia occupata dai tedeschi ottenendo con l’aiuto del Partito una carta di identità. Torna poi a Parigi dove partecipa all’organizzazione dei primi gruppi di Francs-Tireurs et Partisans de la Main d'Ouvre (FTP-MOI) di Parigi, nella Resistenza francese. Sospettato di sabotare gli aerei tedeschi ad Orly, dove lavora, nel 1943 è arrestato dai tedeschi e resta in carcere 3 mesi prima a Parigi e poi a Clermont (Puy-de-Dome). Dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943, tenta di rientrare in Italia ma viene arrestato alla frontiera, portato in carcere a Torino e rimesso in libertà solo il 6 settembre. Tornato a Cesena, partecipa all’organizzazione dei GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) di Cesena e in seguito si unisce all’ 8. Brigata partigiana d’assalto Garibaldi «Forlì», operante in Romagna, che era stata dispersa da un rastrellamento. Dopo aver operato alla sua riorganizzazione, ne diventa vice comandante, curando i difficili rapporti con gli Alleati. Dopo la liberazione di Forlì (9 novembre 1944) è designato, dal CLN, membro della Camera del Lavoro. Nel dopoguerra, ricopre incarichi di responsabilità in organizzazioni sindacali, politiche e partigiane della provincia. È stato presidente della sezione forlivese dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna (AICVAS). Nel 1975 pubblica la sua “Testimonianza su vent’anni di milizia comunista 1925-1945”.

Annotazioni: Nasce e trascorre l’infanzia a San Vittore, frazione del comune di Cesena. Il clima di violenza e le difficoltà  di un lavoro instabile per i genitori braccianti, costringono la famiglia a emigrare a Venaria Reale, comune della provincia di Torino, dove stanno sorgendo nuove fabbriche. Appena trasferito, trova lavoro presso la fabbrica di fibre artificiali SNIA-VISCOSA, tra il 1923 e il 1924, all’età  di sedici anni. Inizia a frequentare militanti del PCd’I in clandestinità . Nel 1925, a diciotto anni, s’iscrive al Partito e inizia l’attività  di propaganda clandestina (distribuisce, l’«Unità », «Avanguardia» e volantini prodotti dalla Direzione del Partito o dalla Federazione di Torino). Il suo stato di salute inizia a compromettersi, così si licenzia dalla fabbrica nel 1926 e va a lavorare come manovale muratore presso una ditta edile di Badia Sturia. Per la sua attività  clandestina antifascista, nel settembre del 1927, è sopreso e inseguito con i compagni dalla guardia fascista. Riesce a fuggire ma è ricercato e il 9 settembre 1927 «colpito da mandato di cattura» e costretto a nascondersi. Resta nascosto per due mesi e poi riesce a espatriare in Francia con l’aiuto del partito. Il viaggio si compie dalla Val di Lanzo, attraverso il Monte Bianco. Dopo alcuni giorni dall’attraversamento clandestino della frontiera arriva a Parigi - Ufficio Estero del Partito. A Parigi resta due mesi ed è inviato a Basilea per la Conferenza Nazionale del Partito. àˆ poi assunto a Lione da una piccola fabbrica di rimorchi - la Berlier - e ottiene la carta d’identità . Fa il manovale muratore, il carbonaio e l’operaio tra il 1928 e il 1929. Intanto alla prefettura di Forlì, dov’è segnalato, il 10 ottobre 1929, si attesta che: «sembra siasi rifugiato in Francia e precisamente a Grenoble. [...] àˆ iscritto alla Rubrica di Frontiera alla schedina n.8280». Alla fine del 1929 si trasferisce di nuovo a Parigi dove continua l’attività  nel Centro Estero del Partito. Nel gennaio del 1931 rientra in Italia, per ricostruire e seguire l’organizzazione giovanile in Piemonte, Liguria e Lombardia, con ufficio a Milano. Il 13 aprile del 1931 lo arrestano in un bar di Torino della zona «barriera Milano». Portato nella Questura di Torino e interrogato dal commissario Nudi dell’OVRA, ammette di essere un funzionario del PCd’I. In attesa del processo davanti al Tribunale Speciale, è rinchiuso nelle «carceri Nuove» di Torino, ha 23 anni. Con la data del processo è trasferito a Roma a Regina Coeli, nel 4. braccio dei «detenuti politici», in cella d’isolamento. Il processo del suo gruppo è presieduto dal generale Cristini e si conclude l’11 dicembre 1931 con la condanna a 12 anni di carcere, ventimila lire di multa, tre anni di libertà  vigilata, il pagamento delle spese processuali e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dopo due mesi è trasferito nel carcere di Santa Teresa del Fiore a Firenze. La polizia scopre le attività  sovversive che si svolgono all’interno del carcere e sposta tutti «i ribelli» nel penitenziario di Civitavecchia dove continuano le rivendicazioni dei detenuti politici. Nel settembre del 1934 un’amnistia fa decadere alcuni reati contestatigli per otto anni di prigione. Ne ha già  scontati quattro, così è liberato. Come renitente alla leva, viene inviato a Casale Monferrato nell’ottobre e incorporato nel 1. Reggimento Artiglieria Pesante Campale. Qui continua nell’attività  antimilitarista. Scoperto, viene arrestato ma riesce ad evadere. Attraversa a piedi le montagne e giunge in Francia. Secondo la Prefettura di Forlì, nel 1935 è ricercato perché scappato da Casale Monferrato, iscritto nella Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle ricerche con fotografia. Come molti compagni reduci dalle carceri italiane, anche Alberti viene inviato a Mosca per un coso di formazione alla scuola leninista di Mosca (dove incontra anche Alessandro Vaia) Fonte bibliografica: Testimonianza su venti anni di milizia nel Partito comunista italiano : 1925-1945 / Berto Alberti (Battaglia). - Forli : Federazione Forlivese del PCI, 1975. - 124 p. : ill. 24 cm. - Contiene: appendice di 19 c. di tav., ill. e facs. Da galeotto a generale / Alessandro Vaia ; prefazione di Luigi Longo. - Milano : Teti, c1977. - 276 p. ; 21 cm. - (Studi e documenti).

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Ad aprile del 1936 è ancora in Unione Sovietica, dove frequenta la scuola per allievi ufficiali di Karkov. Ai primi del 1937 è di nuovo in Francia e qui resta fino all’aprile del 1937 quando oltrepassa la frontiera francese verso il nord della Spagna, verso Bilbao. Secondo le testimonianze di Vaia, i due viaggiano da Mosca in treno fino a Leningrado e da qui, attraverso la frontiera finlandese, a Helsinki. Volano a Stoccolma con un aereo «di quel tempo» per poi salpare con una nave per Amsterdam dove arrivano il 1 maggio (1937?) mentre il 2 maggio arrivano in treno a Parigi. Da qui vengono inviati, con un motoscafo partito da Bordeaux verso la metà  di maggio, a nord nella regione tra Biscaglia e Guipuzcoa, tra i Pirenei e i monti Cantabrici e il mare. Vaia e Alberti, ormai Battaglia, arrivano una settimana prima (intorno al 12-13 giugno) della caduta di Bilbao (19 giugno 1937) insieme a una quindicina di compagni di altre nazionalità . Dopo la caduta di Bilbao si spostano verso Santander dove devono mettere in pratica il compito affidato: convincere le autorità  politiche e militari che anche la propaganda tra le file italiane era un contributo per la vittoria. Muniti di tromba di grammofono, fanno propaganda di notte negli accampamenti. Dopo lo sfondamento fascista del fronte di Santander (14 agosto - 1 settembre 1937), per Vaia e Alberti, il compito di propaganda è ormai arduo e sono «ormai decisi a darsi alla guerriglia sulle montagne» quando il PCd'I li raggiunge con un messaggio a Gijòn per offrire loro la possibilità  di imbarcarsi per l’Unione Sovietica insieme a un carico di bambini che vengono portati in salvo in Francia. Raggiungono così il porto francese di Saint Nazaire. Si recano, allora, a Parigi a riferire al Partito. Vogliono tornare subito in Spagna, ma Vaia ha un documento di frontiera preso a un ufficiale spagnolo di nome Martinez, mentre Alberti «dovette passare clandestinamente». Su questi passaggi la testimonianza di Alberti differisce. Sostiene che partono per la Francia su un bastimento norvegese che porta feriti in Francia. Dalla Francia, nel 1937, tornano in Spagna per prendere posto nelle Brigate Internazionali come comandante di brigata Vaia e come comandante di Battaglione Alberti. Alberti, poi, viene inviato in Catalogna e nel luglio 1938 come comandante della batteria anticarro partecipa alla battaglia dell’Ebro. Nel settembre del 1938 lascia assieme agli altri delle brigate internazionali le prime linee e sfila a Barcellona con gli altri combattenti in uscita dalla Spagna, anche se tornano a combattere contro i nazifascisti e aiutano a evacuare la popolazione civile.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Sull'uscita dalla Spagna le informazioni sono discordanti. In alcuni casi è indicato il febbraio, in altri in novembre il mese del 1939 nel quale varca la frontiera francese. Ad ogni modo, risulta subito inviato al campo di concentramento di Argelès-sur-Mer. Nel corso degli anni tra il ’39 e il ’41 viene spostato negli altri campi di lavoro: Saint-Cyprien, Gurs e Vernet, subendo l’imposizione dell’arruolamento nelle CTE. Da Vernet però riesce a fuggire e a raggiungere Parigi e a entrare in contatto con il Partito clandestino. Ottiene documenti d’identità  e inizia a lavorare come imbianchino e addetto al camouflage degli aerei tedeschi a Orly. Dopo un caso di sabotaggio di aerei, è scoperto senza permesso di soggiorno valido e arrestato prima a Parigi poi a Clermont. Dopo tre mesi è rimesso in libertà  e riprende la lotta nella resistenza francese dei “maquis”, fino alla notizia degli eventi del 25 luglio ’43 in Italia. Messo in libertà  il 6 settembre deve tornare nella citta dove risulta domiciliato: Cesena. Intanto si verificano gli eventi dell’8 settembre e le manifestazioni popolari nel caos dell’armistizio. Partecipa all’organizzazione del CLN e nell’ottobre alla costituzione delle Brigate d’assalto Garibaldi «Forlì», operante in Romagna. Partecipa anche alla costituzione dei primi nuclei GAP all’inizio di novembre. Dopo un anno di lotta partigiana, ai primi del marzo 1944, l’8. Brigata Garibaldi è rastrellata e in seguito ristrutturata e di questa diventa vice comandante. Dopo la liberazione di Forlì (9 novembre 1944) è designato, dal CLN, membro della Camera del Lavoro.

Revisore: Erica Grossi

Annotazioni: Nel dopoguerra ricopre responsabilità  in organizzazioni sindacali, politiche e partigiane della provincia. àˆ presidente della sezione forlivese dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna (AICVAS)

Revisore: Erica Grossi