Vivian Alfredo di Alessandro e Fiorotto Giuseppina, nato il 29 aprile 1908 a Venezia. Carpentiere, comunista. Il padre è uno scaricatore del porto, mentre la madre lavora in un cotonificio. Operaio al cantiere navale Breda di Porto Marghera tra il 1930 e il 1932, appartiene fin da giovane all'organizzazione comunista. Spirito e voglia da autodidatta – con passione della storia e una predilezione per Garibaldi, ma anche per la matematica e l’algebra – s’iscrive all’Istituto tecnico “Paolo Sarpi” frequentando con entusiasmo i corsi serali. Sposato perde il figlio in tenera età. Nel 1936 emigra clandestinamente in Francia con altri antifascisti e nel giugno 1937 si trasferisce in Spagna per combattere in difesa della Repubblica. Suo fratello Romeo è già giunto in Spagna dall'agosto 1936 a combattere contro i nazionalisti. Alfredo è assegnato al Gruppo Artiglieria internazionale e successivamente è nel 3. battaglione della 129. Brigata. Il 14 febbraio 1938 risulta presente nella base delle Brigate internazionali ad Albacete. Il primo settembre è ferito in combattimento sull'Ebro e dopo la guarigione è impiegato come cuciniere in ospedale. Nel febbraio 1939 passa in Francia con i resti delle Brigate internazionali ed è internato con il fratello nei campi di Argelès, Gurs e Vernet dove trascorre 32 mesi. Nel settembre 1941 dalla Francia occupata è tradotto in Italia, arrestato alla frontiera e l'8 dicembre la Commissione provinciale di Venezia lo condanna, insieme al fratello Alberto, a cinque anni di confino a Ventotene. Liberato nell'agosto 1943, torna a Venezia. Dopo l’8 settembre 1943, con l’inizio dell’occupazione tedesca e la nascita del fascismo repubblicano, decide di lasciare Venezia, ormai troppo pericolosa e, viene incaricato dal PCI di sovrintendere alle nascenti formazioni militari. Assieme ai fratelli si rifugia nelle barene vicine alla Riviera del Brenta. Dall’ottobre 1943 entra in clandestinità e si sposta a San Donà di Piave, partecipando alla costituzione della prima formazione partigiana veneziana, il Distaccamento “Venezia”, (sarà poi sostituito da Romano Zafalon) costituendo l’intelaiatura della futura Brigata “Biancotto”. da allora sarà conosciuto come “Dante”, nome scelto in ricordo delle letture fatte ai corsi serali. Primo comandante GAP del Distaccamento, ne organizza le azioni di sabotaggio alle linee ferroviarie e gli attentati ai presidi fascisti. Nel dicembre 1943 guida l'attacco ad un posto di guardia tedesco a piazzale Roma, provocando la morte di un marinaio e diversi feriti. Nel sandonatese e nella zona del Piave, assieme ad altri compagni, è molto attivo effettuando diverse azioni di sabotaggio alla rete ferroviaria e attentati ai presidi fascisti. Tuttavia la permeabilità e la fragilità della formazione nel gennaio 1944 porta l’ufficio politico della Guardia nazionale repubblicana (GNR) ad arrestare numerosi componenti, soprattutto comunisti, alcuni dei quali vengono fucilati sulle macerie di Ca’ Giustinian il 28 luglio 1944. Successivamente anche Vivian viene arrestato l'11 gennaio 1944 in un luogo di ritrovo ritenuto sicuro su delazione dalla Guardia Nazionale Repubblicana. Trasferito a Venezia per una settimana è duramente interrogato e seviziato a Ca’ Littoria, sede della Federazione fascista repubblicana e delle Brigate nere. Alfredo Vivian non cede e, per non compromettere i suoi compagni, si dichiara anarchico e racconta solo episodi che lo coinvolgono personalmente. In seguito è detenuto nel carcere di Santa Maria Maggiore. I familiari chiedono all’avvocato Contursi Lisi (repubblicano e antifascista) consigli e aiuto e l’avvocato cerca di adottare una linea difensiva basata sull’infermità mentale, presentando a tale scopo documentazione redatta da uno psichiatra amico. Processato da un Tribunale di guerra, è condannato a morte, ma l’avvocato ottiene il rinvio dell'esecuzione. In seguito alla sparizione di una sentinella tedesca di guardia alle navi attraccate sulla Riva dell'Impero, avvenuta tra l'1 e il 2 agosto, il comando tedesco chiede alla Questura repubblicana di Venezia la consegna di sette detenuti politici da giustiziare come rappresaglia, inserendo espressamente il nominativo di Vivian. L’esecuzione vuole essere anche una plateale “lezione” per gli abitanti di via Garibaldi, da sempre zona antifascista. All’alba del 3 agosto 1944 pattuglie tedesche perquisiscono le case, rastrellando oltre 500 persone – uomini e donne – che sono allineate lungo la via, mani in alto e faccia al muro, e così rimangono per due ore, prima di essere costrette ad assistere alla fucilazione, dopo la quale 136 uomini saranno condotti in carcere come ostaggi. Alle sei del mattino, i condannati vengono disposti in fila, legati tra loro con le braccia distese, schiena alla laguna, tra due pali eretti sulla Riva. Un ufficiale tedesco legge ad alta voce la sentenza ed il cappellano del carcere, l’antifascista don Marcello Dell’Andrea, che ha accompagnato in motoscafo i condannati, confessandoli e comunicandoli (soltanto Vivian, giunto in barella per le sevizie subite, si dichiara “non professante”), tiene alto il Crocefisso un attimo prima della scarica dei fucili. Vivian che è stato legato al palo perché non si regge in piedi, grida “Viva l’Italia libera” e un altro condannato implora “Vendicateci”. Poi l’ufficiale tedesco alle sei del mattino ordina il fuoco al plotone di 24 soldati, davanti alla folla atterrita. Con scope e secchi d’acqua, alcuni bambini furono costretti dai tedeschi a ripulire la Riva dalle chiazze di sangue. I corpi sono tumulati al cimitero di San Michele a Venezia. Pochi giorni dopo, le acque della laguna restituiscono il corpo della sentinella tedesca. Non ha ferite: il marinaio è caduto in acqua ubriaco ed è annegato. Alla memoria di Alfredo Vivian, la Brigata garibaldina veneziana “Biancotto” gli dedica il nome di un battaglione che prese parte alle fasi insurrezionali. A conflitto concluso essendo stata considerata l’azione rappresaglia di guerra, non vi sarà processo per i responsabili dell’eccidio. Soltanto tre giovani donne, alla cui delazione si doveva la cattura di tre dei Martiri sono condannate nel 1947 a otto anni di carcere, pena meramente simbolica per la sopravvenuta amnistia. Il luogo dell’esecuzione sarà ribattezzato Riva dei Sette Martiri.

Battaglia dell'Ebro (fino al 1 settembre 1938)
Annotazioni: Alcune fonti (\\\"Antifascisti italiani caduti nella guerra di Spagna 1936-1939...\\\"; \\\"I comunisti nella Resistenza veneta\\\"; documenti conservati in INSMLI, fondi Archivio Aicvas e Aicvas) indicano erroneamente come anno di nascita il 1916. Secondo \\\"La Spagna nel nostro cuore\\\" e \\\"60 anni dall\\\'inizio della guerra di Spagna (luglio 1936)\\\" e secondo documenti conservati in INSMLI, Archivio Aicvas e nell\\\'Archivio del Comintern, nel 1937 si reca in Spagna direttamente dall\\\'Italia. Secondo \\\"La Spagna nel nostro cuore\\\" è inizialmente internato ad Argelès e non a St. Cyprien. Secondo quanto riportato in \\\"1943-1945, Venezia nella Resistenza : testimonianze\\\" è arrestato dai tedeschi e da loro consegnato alla GNR.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi