Veronelli Giovanni Giacomo, di Carlo e Anelli Elisabetta, nato il 28 febbraio 1886, Sesto Fiorentino (Firenze) ma residente a Genova fin da giovane. Falegname, comunista. Espatriato clandestinamente in Francia nel 1927, si stabilisce a Chambèry (Savoia). Iscritto in Rubrica di frontiera, nel 1928 aderisce al Partito Comunista d’Italia ed entra a far parte di Soccorso rosso internazionale. Alla fine del 1937 va in Spagna per unirsi alle forze antifasciste. Arruolato il 28 dicembre nella 4. Compagnia del 3. battaglione della XII Brigata internazionale Garibaldi, combatte sul fronte di Estremadura, a Caspe e sull’Ebro, dove ricopre la carica di commissario politico. Ferito in combattimento nell'ottobre del 1938, nello stesso anno si iscrive anche al Partido Comunista de España (Pce). Nel corso dell’ultima offensiva sull’Ebro, il governo repubblicano decide nel settembre 1938 il ritiro dei volontari internazionali. Gli italianai vengono avviati al campo di smobilitazione di Torellò (Catalogna). Al crollo del fronte catalano i volontari italiani passano in Francia. Insieme ai commilitoni è internato ad Argelès sur Mer. Dalla Francia occupata dai tedeschi è rimpatriato nel giugno 1943. Arrestato alla frontiera, è incarcerato per 75 giorni e liberato solo dopo la caduta del fascismo. Unitosi alla lotta partigiana nelle fila dei GAP di Genova, viene catturato dai nazifascisti e imprigionato nel penitenziario genovese di Marassi. Per rappresaglia all’attentato gappista di via XX settembre effettuato la sera del 13 gennaio 1944 da Giacomo Buranello e Walter Fillak, in cui perde la vita un ufficiale tedesco, il Tribunale militare speciale la stessa notte tra il 13 e 14 gennaio, lo condanna a morte insieme a Dino Bellucci, Giovanni Bertora, Giovanni Giacalone, Romeo Guglielmetti, Amedeo Lattanzi, Luigi Marsano e Guido Mirolli. Tradotti dalle SS e dalla Milizia fascista a Forte San Martino per essere immediatamente giustiziati, la loro esecuzione viene in un primo momento sospesa, a causa del fermo rifiuto di eseguire la sentenza da parte del tenente di complemento Giuseppe Avezzano Comes, impartitogli dal Colonnello della Milizia Salvatore Grimaldi, Presidente del Tribunale, pur venendo minacciato di morte. Alle 5 del mattino del 14 gennaio tuttavia, sono gli stessi militi delle SS e della Milizia fascista a fare fuoco sugli 8 condannati. Dopo il massacro i nazisti offesi per lo smacco subito redarguiscono l’ufficiale fascista Grimaldi. L’eroico Avezzano Comes torna in caserma riuscendo a distruggere la nota di servizio con i nomi dei Carabinieri insieme a lui al Forte, per evitare le dure rappresaglie delle SS, ma lui viene arrestato e trattenuto nelle celle della Feld-Gendarmerie di Albenga fino alla Liberazione.

Revisore: Igor Pizzirusso

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Annotazioni: Secondo Lopez, alla sua memoria è stata attribuita la medaglia di bronzo al valor militare; questa informazione non ha tuttavia trovato riscontro altrove.

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