Tabarri llario di Egisto e Ceredi Argentina, nato il 3 aprile 1917 a Cesena nella frazione Tipano. Operaio, comunista. Il padre è un operaio metallurgico di idee anarchiche, mentre la madre è una sarta. Quando ha un anno quando il padre emigra in Germania, Svizzera ed infine in Francia. Alla morte della madre nel 1922, si ricongiunge col resto della famiglia al padre in Francia, e vi rimane fino al 1924 quando è riaccompagnato dal padre in Romagna e affidato allo zio, Aristide Medri, un piccolo coltivatore diretto senza figli. vecchio militante repubblicano. Negli anni successivi matura idee antifasciste, colpito dalle violenze e dagli arresti operati dal regime. Dopo le scuole elementari frequenta la scuola industriale di Cesena, da dove viene espulso per le sue posizioni anticlericali. Nel 1934 deve interrompere gli studi quando ha la possibilità di diplomarsi come perito industriale dopo due anni e gli viene rifiutato il passaporto per andare a trovare il padre che non vede dal 1924. Nel 1936 frequenta un corso a La Spezia per ottenere il brevetto di radiotelegrafista di seconda classe e subito dopo è inserito nella leva di mare anticipata. Il 15 agosto 1936, espatria clandestinamente in Francia attraverso il Piccolo San Bernardo e raggiunge il padre, la sorella maggiore e la sorellastra e fratellastro minori a Bezons a nord di Parigi. Frequenta l'ambiente dei compagni a Bezons, Argenteuil, Honilles ecc. Espulso dalle autorità francesi quale clandestino, decide di recarsi in Spagna per unirsi alle Brigate Internazionali ed il 3 ottobre 1936 è arruolato nel battaglione Garibaldi. In questo periodo, fine 1936 o inizio 1937 si iscrive al Partito Comunista. Combatte nella 3. Compagnia della Brigata Garibaldi a Cerro de los Angeles, Pozuelo, Boadilla, Mirabueno, Mahadahonda, Arganda e Guadalajara. Dopo la battaglia di Huesca (giugno 1937), viene avviato alla scuola per quadri militari a Pozorrubio vicino ad Albacete e ritorna alla Brigata a fine settembre 1937 come addetto al Comando della sezione mitraglia della 3. Compagnia del 1. battaglione. Alla formazione della compagnia mitraglia è aiutante del comandante della Compagnia stessa fino al suo ritorno in Francia. Partecipa alla battaglia di Fuentes del Ebro, Estremadura, Caspe, e successiva ritirata sino al mare. Infine partecipa all’ultima offensiva repubblicana sull’Ebro sino agli inizi di settembre 1938. Rientrato in licenza in Francia a Marsiglia il 4 settembre 1938, non rientra più in Spagna a seguito della decisione della Repubblica di ritirare i volontari internazionali. A Bezons si mette a disposizione del Partito e viene cooptato nel Comitato direttivo dell'U.P.I. (sezione Ovest di Parigi), come responsabile dell'Amministrazione (1939). In Italia viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento dell’arresto. Con la dichiarazione di guerra da parte dell'Italia viene arrestato insieme al padre e ad altri compagni e inviato in un campo presso Sartrouville. Con l'avanzata dei tedeschi che occupano Parigi è rilasciato e si porta a Sud a Murviel les Breziers (Herault). In accordo col Partito, nel settembre 1941 fa domanda di rientro in Italia presso la Commissione Italiana per l'Armistizio sita in Marsiglia Montpellier. Ottenuta l’autorizzazione il 19 dicembre, si presenta a Mentone dove è arrestato e tradotto nelle carceri di Forlì. Deferito alla Commissione Provinciale, viene assegnato a 5 anni di confino a Ventotene. Sull’isola conosce Sandro Pertini, Pietro Secchia ed Enrico Curiel. Liberato alla caduta del fascismo il 10 agosto 1943, dopo l’8 settembre torna a Cesena dove diventa membro del Fronte Nazionale (un organismo unitario che precede il CLN. Ai primi di ottobre 1943, scioltosi il Fronte Nazionale dopo l’abbandono dell’ULI, Tabarri diventa membro del Comitato Militare Romagnolo (poi Comando Militare) facente capo al Partito Comunista e poi al Comitato di Liberazione Nazionale col nome di battaglia “Pietro Mauri”. Nel dicembre ’43, partecipa, a Forlì, a un incontro alla presenza di Ilio Barontini “Dario”, responsabile del Comando regionale dei partigiani. Vengono prese delle decisioni: il Comando militare romagnolo diventa il Comando dei Partigiani Romagnoli con Antonio Carini “Orso” come comandante; un partigiano di Ravenna (Angelo Guerra) è nominato commissario politico; Tabarri assume la funzione di organizzatore delle formazioni militari. Il comando dell’8. Brigata Garibaldi “Romagna”, è affidato a Riccardo Fedel “Libero Riccardi”. A seguito di numerosi dissidi di Fedel con la popolazione, viene inviato Antonio Carini a risolvere la situazione, ma al rientro al Comando, Carini è arrestato su delazione e ucciso il 15 marzo 1944. A questo punto Tabarri è inviato con pieni poteri a riorganizzare la Brigata. Il 22 marzo raggiunge la formazione, trovando una notevole confusione ed impreparazione. Malgrado l’aperto dissenso di Fedel, assume il comando, spostando Fedel a capo dello Stato Maggiore. Forte dell’esperienza militare acquisita in Spagna Tabarri in previsione di un rastrellamento, decide di decentrare i reparti (che contano circa mille uomini), in una zona più sicura, al di là del massiccio del Monte Fumaiolo e dell’Imolese e le 19 Compagnie vengono raggruppate in tre Brigate. Mentre le unità si spostano verso le zone a loro assegnate, inizia in aprile un rastrellamento da parte di 15.000 tedeschi e fascisti che investe una vastissima zona dalla pianura romagnola alla montagna tosco-emiliana-marchigiana. L’operazione dura sino alla fine di aprile determinando lo sbandamento delle formazioni partigiane, la perdita di elementi preziosi come Terzo Loris e Amos Calderoni, rappresaglie sui civili e l’invio dei prigionieri in Germania. Dopo questi eventi Tabarri si impegna da maggio fino a tutto giugno a riorganizzare la formazione, raggruppando i distaccamenti in 4 battaglioni, con uno Stato Maggiore, un Servizio Informazioni Militari, un Servizio Sanitario ed un Servizio Intendenza. La nuova struttura si rivela in grado di resistere ai successivi rastrellamenti di luglio e agosto ed i nazifascisti, costretti a ripiegare. Gli Angloamericani che stanno avvicinandosi paracadutano due agenti dell’O.S.S. con ricetrasmittente e armi e denaro. Fondamentali sono le staffette tra cui Olga Guerra “Olghina” che in seguito sarà moglie di Ilario Tabarri. Ragazza ancora giovanissima che, pur consapevole dei rischi che avrebbe corso, fra gli altri compiti, accetta anche di condurre fin oltre le linee degli Alleati un giovane, ammalato gravemente, salvandogli così la vita: quel giovane è Luciano Lama, il futuro segretario CGIL. Successivamente il Comando di Brigata decide di ricongiungersi con i reparti che combattono già a fianco degli alleati e partecipa alla Liberazione di Forlì il 9 novembre 1944. Tabarri lascia il comando Brigata “Romagna” al suo scioglimento deciso dagli Alleati l’11 novembre 1944. Dopo la Liberazione è nominato dal CLN provinciale primo Presidente dell'Amministrazione Provinciale. Dal 1949 al 1952 è Segretario della Federazione Riminese del PCI e farà anche parte del Comitato Centrale del PCI. Passato al sindacato regge la Camera del Lavoro di Brescia, per diventare poi Dirigente del Centro Studi della Federazione Internazionale Sindacale a Bruxelles. Muore a Brescia il 27 aprile 1970. Così scrive Luciano Marzocchi in occasione del suo funerale: «Chi non conosceva Pietro da vicino avrebbe potuto dire di lui “è un duro”. Tutt’altro: era inflessibile nell’adempimento del dovere, chiedeva agli altri sempre meno di quanto chiedeva a sè stesso, ed esigeva il rispetto degli impegni; non rideva mai, sorrideva a volte, parlava poco e con frasi incisive (essenziali), ma tendeva a penetrare l’animo delle persone che lo circondavano, a comprenderne anche le sfumature; i dolori e le gioie di quanti lo circondavano si riflettevano profondamente nel suo intimo, vi partecipava. Chi voleva conoscere Pietro doveva badare al suo sguardo: limpido, sereno, intelligente, amico». Sia Forlì che Cesena hanno intitolato una via ad Ilario Tabarri.