Picelli Guido di Leonardo e Melegari Maria, nato il 9 ottobre 1889 a Parma. Orologiaio, socialista e poi comunista. Di umili origini, il padre è un vetturino e la madre una portinaia. Dopo le scuole elementari è avviato all’apprendistato come orologiaio, ma a 17 abbandona la famiglia per seguire una compagnia di attori girovaghi fino ai 23 anni. Tornato al lavoro di orologiaio, dopo aver aderito al Partito Socialista Italiano, allo scoppio della prima guerra mondiale assume inizialmente posizioni neutraliste. Infine si arruola in guerra come volontario della Croce Rossa Italiana, ma non riesce ad evitare il trasferimento nel 112. Reggimento della 103. Divisione fanteria "Piacenza" come sottotenente di complemento. Viene decorato con la medaglia di bronzo al valor militare e la medaglia di bronzo della Croce Rossa Italiana. In seguito decide di frequentare il corso ufficiali dell'Accademia militare di Modena. Dopo la guerra mondiale, nel 1919 si fa notare a Parma come segretario provinciale della Lega proletaria mutilati invalidi reduci orfani e vedove di guerra. Nel febbraio 1920 fonda le Guardie Rosse, organizzazione di autodifesa che non ha uno sviluppo rilevante e che è mal tollerata dal PSI parmense. L'azione più eclatante è il tentativo nel 1920 di impedire la partenza di un treno che trasportava un reparto di "Granatieri di Sardegna" diretti in Albania, azione per la quale fu arrestato. Resta in carcere quasi un anno, poi nel 1921 viene eletto, alla Camera dei deputati tra le fila del Psi, come indipendente ottenendo l’immunità. Fonda a Parma gli “Arditi del popolo”, una formazione armata di autodifesa dal fascismo e quando il primo luglio del 1922 diecimila fascisti capeggiati da Italo Balbo e dai maggiori gerarchi fascisti assediano Parma, capitale dell’antifascismo, per metterla a “ferro e fuoco” organizza la difesa del quartiere di Oltretorrente. Si uniscono lui gli anarchici, i socialisti, i comunisti, i repubblicani e i popolari. Dopo cinque giorni di battaglia i fascisti si sbandano e scappano lasciando sul campo 39 morti e 150 feriti, cinque sono morti tra gli antifascisti e numerosi i feriti. Nel 1924 viene rieletto deputato, stavolta nelle liste del Partito Comunista d’Italia. Il primo maggio 1924 issa la bandiera rossa su Montecitorio per protestare contro l’abolizione della festa dei lavoratori da parte del regime e viene arrestato lo stesso giorno. Liberato continua a svolgere sino al 1926 una intensa attività clandestina in tutta Italia, per la costituzione di una struttura illegale. Tra il 1926 ed il 1926 è vittima di numerose aggressioni e di due tentativi di sopprimerlo, durante uno dei quali viene ferito da un colpo di pistola alla tempia. Dopo l’entrata in vigore nel 1926 delle leggi speciali, dichiarato decaduto da deputato, è condannato a cinque anni di confino che sconta a Lampedusa e poi a Lipari, salvo sette mesi di carcere a Messina. Il 10 marzo 1927 sposa al confino la compagna Paolina Rocchetti. Scarcerato il 9 dicembre 1931, va a stare per alcuni mesi a Milano e poi, nel febbraio 1932, si trasferisce con la moglie in Francia dove si ricongiunge con il fratello Vittorio, vicino alle posizioni di Carlo Rosselli. La sua attività politica antifascista in Francia è interrotta dalla polizia francese che lo arresta e lo espelle in Belgio. Espulso anche dal Belgio per aver partecipato alla lotta dei minatori del Borinage, dopo un periodo in Germania riesce a febbraio a partire per Unione Sovietica con l’aiuto del Soccorso Rosso che gli fornisce un falso passaporto spagnolo. Arriva a Mosca il 26 agosto 1932 e si stabilisce all’Hotel Majak. Secondo le promesse del Partito avrebbe dovuto seguire un corso di addestramento all’Accademia Militare “Frunze”, ma, non viene accettato. Trova lavoro come operaio insieme ad altre maestranze italiane alla fabbrica di cuscinetti a sfera “Kaganovich”. Successivamente, grazie alla raccomandazione di Luigi Longo, insegna alla Scuola leninista strategia e tattica militare, incarico che mantiene sino al 9 ottobre del 1934. Quando l’insegnamento non viene rinnovato, Picelli lavora per un certo periodo al Comintern all’organizzazione del VII congresso del 1935, ed è membro del Comitato direttivo del Club degli Emigrati politici di Mosca, dove si occupa degli spettacoli teatrali. Nel marzo del 1935, Picelli viene escluso dal Comintern, il Club viene chiuso e rientra poco soddisfatto a lavorare in fabbrica. E’ un periodo in cui si ha un peggioramento del clima politico e di indagini sugli emigrati alla ricerca di oppositori a Stalin. Guido Picelli, soprannominato “Ferro”, è sospettato di mantenere legami con altri emigrati politici italiani oppositori di Stalin, per cui non è invitato al VII Congresso del Comintern. Si difende dai sospetti scrivendo a Togliatti e allo scoppio della guerra in Spagna chiede di poter partire come volontario. Dopo numerose insistenze, il 14 ottobre 1936, grazie all’intercessione di Manuil’skij, ottiene l’autorizzazione a lasciare l’Unione Sovietica e arrivato a Parigi riallaccia i rapporti con l’amico Michele Donati alias “Carlo Masi”, ormai da tempo rientrato in Francia dall’Unione Sovietica ed espulso dal PCI nel 1936 per trotzkismo. Masi avrebbe convinto Picelli in quel momento deluso dal PCd’I, a prendere contatto con Julian Gorkin il segretario del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), un piccolo partito comunista spagnolo antistalinista, che gli offre il comando di un battaglione delle sue milizie. Giunto a Barcellona, dopo qualche giorno al fronte in Aragona, è intercettato da esponenti del Partito Comunista, che lo convincono ad unirsi alle Brigate Internazionali. All'arrivo ad Albacete è nominato comandante del 9. Battaglione di cui cura l’addestramento. Il battaglione viene però sciolto ed inglobato nel Battaglione Garibaldi, dove Picelli ottiene il comando della 1. Compagnia. Combatte a Boadilla e conquista audacemente il paese di Mirabueno, a nord di Madrid. Il 4 gennaio 1937, durante un'offensiva tra Mirabueno e Algora, nella località di El Matorral, muore mentre è in ricognizione (secondo altri nel corso in uno scontro), colpito da un singolo colpo di fucile (secondo altri da una raffica di mitragliatrice). Sarà possibile recuperare il suo corpo solo all’alba del giorno 5 e Giorgio Braccialarghe scriverà che è stato colpito da un unico colpo alla schiena, circostanza che insieme alle testimonianze contraddittorie sulla dinamica della morte, alimenta ancora oggi polemiche che vorrebbero Picelli vittima di “fuoco amico” da parte di agenti stalinisti. Le analisi degli archivi sovietici aperti al pubblico, non hanno evidenziato ad oggi alcuna prova di un possibile coinvolgimento dei servizi segreti sovietici nella morte di Picelli. Il governo repubblicano spagnolo gli assegna la Medaglia al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione: “Per la sua fedeltà alla causa della Repubblica, per le sue qualità militari di capo, di Comandante, di compagno amato e stimato da tutti i suoi Garibaldini per il coraggio eccezionale, caduto come un eroe sotto il piombo nemico al suo posto di comando il 5 gennaio 1937”. I funerali di stato si svolgono a Madrid, dove la salma è coperta dalla bandiera del 5. Reggimento, poi Valencia ed infine a Barcellona. Lì la camera ardente è allestita nell’atrio dell’Hotel Colòn in Plaza de Catalunya, dove Picelli riceve l’omaggio della cittadinanza. Dopo il corteo che traversa le Ramblas con la banda che suona “Bandiera Rossa” e “L’Internazionale”, Dopo la commemorazione fatta da Edoardo D’Onofrio in Plaza Colòn, Picelli viene seppellito in una tomba nel cimitero di Montjuic, con una lapide che riporta:” Deputato italiano antifascista morto per la libertà della Spagna”. La tomba sarà distrutta dai franchisti alla fine della guerra civile. Il primo giugno 2013 è stato inaugurato sempre a Montjuic, su iniziativa dell’AICVAS con la collaborazione del Memorial Democratic e di una ventina di associazioni italiane e spagnole, un monumento realizzato dall’artista Ana Marín Gálvez a ricordo di Guido Picelli, Antonio Cieri e dei compagni antifascisti che lottarono contro il fascismo a Parma nel 1922 e contro il franchismo in terra spagnola tra il 1936 e il 1939.