Penello Luciano di Domenico e Barbiero Regina, nato il 2 giugno 1899 a Montemerlo, frazione di Cervarese Santa Croce (Padova). Scalpellino, comunista. Secondo di dieci figli di uno scalpellino, di cui gli otto maschi seguono l’attività del padre. Frequenta solo le prime classi elementari. Presta servizio militare dal 1917 al 1920, prendendo parte alla grande guerra. Inizialmente simpatizzante per il Partito Socialista, dopo numerosi scontri con gli squadristi, è arrestato, processato e prosciolto. Nel maggio-giugno 1922, all'età di 23 anni, per sfuggire alle persecuzioni sceglie la via dell'emigrazione. Passato in Francia con regolare passaporto, si stabilisce in Alsazia-Lorena e fino al 1930 lavora come operaio in una fabbrica metallurgica della Mosella. Nel 1926 aderisce al Partito Comunista d’Italia e partecipa alle lotte operaie ed agli scontri con la polizia. In quel periodo conosce una francese, Marguerite Thyl che sposa. Espulso dalla Francia il 10 febbraio 1930 per attività comunista, si trasferisce in Lussemburgo. Individuato e diffidato dalle autorità del principato, passa in Belgio stabilendosi a Seraing-Tilleur (Liegi), dove diviene membro del Comitato federale del PCd’i e svolge attività sindacale fra i minatori italiani del bacino carbonifero di Seraing. Il 15 luglio 1931 è espulso dal paese e si sposta in Olanda, ma lì è atteso dalla polizia per cui torna in Belgio a Bruxelles. Dopo pochi giorni su indicazione del Partito si trasferisce a Basilea in Svizzera, ricoprendo vari incarichi di partito e sindacali. E’ attivo nei gruppi di soccorso alle vittime del fascismo e nell’inviare materiale di propaganda in Italia tramite gli operai stagionali. In Italia è iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento di arresto. Dopo lo scoppio della guerra civile in Spagna, alla fine del 1936, Penello si sposta a Parigi, centro del reclutamento internazionale di volontari. Collabora all’arruolamento ed alle iniziative in sostegno della repubblica spagnola Quattro mesi dopo decide di partire volontario ed entra in Spagna attraversando clandestinamente i Pirenei giungendo il 20 aprile 1937 alla base delle Brigate Internazionali ad Albacete. Viene assegnato alla 2. Compagnia del 2. Battaglione della XII Brigata Garibaldi. Partecipa come commissario politico di compagnia ai combattimenti sul Fronte di Aragona e a Fuentes de Ebro, rimanendo il 10 ottobre 1937 gravemente ferito alla spalla destra e al capo da una pallottola. Viene ricoverato all’ospedale n.15 di Terragona e poi resta per 5 mesi e mezzo al centro di recupero di Benicàssim. Il 12 aprile 1938 rientra nella Brigata ed in seguito rimane a disposizione alla base di Albacete. Durante l’ultima offensiva dell’Ebro, il governo repubblicano decide nel settembre 1938 il ritiro dei volontari internazionali. I volontari italiani vengono avviati al campo di smobilitazione di Torellò in Catalogna. Penello viene incaricato di cercare di mantenere alto il morale dei garibaldini smobilitati. Dopo il crollo del fronte catalano nel gennaio 1939, è coinvolto nel progetto di Pietro Pavanin portare in salvo in Francia i documenti dell’archivio delle Brigate Internazionali. Passa la frontiera il 9 febbraio del 1939, dalla frontiera di La Junquera e, dopo essere stato arrestato, è internato nel campo di Saint-Cyprien, dove tenta di riorganizzare il gruppo di partito. Successivamente trasferito nel campo di Gurs, si offre come barbiere del gruppo degli internati italiani. Allo scoppio della guerra mondiale gli viene offerto di entrare nelle Compagnie di Lavoro per Stranieri (CTE) per effettuare lavori per l’esercito francese, e avendo rifiutato è portato nel campo di Vernet. Dopo l’armistizio tra l’Italia e la Francia, Penello riceve indicazioni dal Partito di chiedere il rientro in Italia. Il 26 aprile 1941 viene consegnato alle autorità italiane di Mentone. Rinchiuso nelle carceri di Ventimiglia e poi in quelle di Padova per quattro mesi, è deferito alla Commissione Provinciale che lo assegna a 5 anni di confino a Ventotene, dove continua ad esercitare il mestiere di barbiere, partecipando alle riunioni politiche degli altri confinati. Liberato alla caduta del fascismo, nell’agosto 1943 raggiunge la Liguria, dove la famiglia si trova a Finale Ligure (Savona). Dopo l’8 settembre ripresi i contatti con il Partito, inizia l’attività di costituzione di gruppi armati col nome di battaglia di “Oliva”. Trasferito a Genova collabora alla costituzione delle formazioni partigiane GAP (Gruppi d’Azione Patriottica). Nel marzo 1943 è inviato come ispettore nella 3. Brigata “Liguria”, per organizzare il numeroso gruppo di fuggitivi, molti dei quali disarmati, confluiti sulla Benedicta sul Bruc dell’Alpesella nell’Appennino ligure-piemontese. Scampato per caso al rastrellamento nazi-fascista, la cosiddetta “Strage della Benedicta”, che provoca 175 morti e 149 deportati che non rientreranno da campi in Germania, Penello rientra a Genova. Attivamente ricercato, nel giugno 1944 si sposta in Piemonte a Novara, ma è arrestato per una delazione insieme a Paolo Scarpone e Giovanni Dalleolle, Penello. Portato nei sotterranei del Tribunale di Novara viene picchiato e torturato. La moglie di Scarpone informa dell’arresto Cino Moscatelli comandante di una zona liberata in Valsesia, che con una mossa audace, sequestra alcuni ufficiali tedeschi e riesce a scambiarli con i tre arrestati alla periferia di Borgosesia. Dopo una convalescenza in Alta Valsesia, rientra nella sede del comando di zona a Valduggia, dove è nominato commissario politico di una Brigata della 2. Divisione Garibaldi comandata da Aldo Aniasi e partecipa a numerose azioni contro i nazifascisti. E’ presente alla liberazione di Domodossola ed alla creazione il 10 settembre 1944 della Repubblica partigiana dell’Ossola. A seguito del contrattacco tedesco che rioccupa Domodossola, Penello è costretto a riparare in Svizzera con i partigiani scampati. Dopo la Liberazione è nominato vice-segretario della Federazione del PCI di Novara e nel settembre del 1946, rientra a Padova. Ottenuto il divorzio in Francia dalla prima moglie, sposa con rito civile Gilda Ruzzante. Lavora come dirigente nella federazione padovana del PCI e nel 1951 è colpito da una malattia che lo immobilizza temporaneamente, ma si riprende e dirige una importante sezione del partito. Successivamente direttore della Cooperativa articoli di abbigliamento di Pontevigodarzere. Per il peggioramento delle sue condizioni di salute si trasferisce a Loano (Savona). Il 23 giugno 1981 ritorna per gli ultimi giorni a Padova, dove muore il 30 giugno.