Gatti Giuseppe, di Augusto e Guaitoli Giselda, nato il 17 gennaio 1912 a Nonantola (Modena.). Noto come ‘Nino’, è fratello degli antifascisti Enzo e Giovanni. Si trasferisce a Modena con la famiglia il 9 gennaio 1916. Si imbarca a Genova nel dicembre 1936 e via Marsiglia raggiunge in treno Perpignan, passando poi con una corriera in Spagna. Il 29 dicembre 1936 scrive una lettera ai fratelli dal castello di Figueras: “Siamo partiti [da Marsiglia] a sera tardi con tanti autopullman francesi in direzione della frontiera, con tutte le luci spente ed il silenzio imposto. Arrivati alla frontiera, dove ci hanno aperte le porte in fretta e furia, i soldati doganieri ci hanno salutato freneticamente con il pugno alzato, abbiamo acceso le luci, cambiato gli autopullman e intonando l’Internazionale a squarciagola siamo giunti alle 2 dopo mezzanotte […] Ieri sera, quando siamo venuti a letto immaginatevi in più di 1200 tutti in un grande camerone sotterraneo. Una confusione, una babilonia di lingue […]. Oggi siamo andati tutti in corteo […] e ho pianto dalla consolazione, o commozione, o debolezza, nel vedere il paese tutto imbandierato con delle bandiere rosse con falci e martello e l’accoglienza fatta dalla popolazione tutta col pugno alzato e donne e bambini che insieme a noi cantavano l’Internazionale è una cosa per sentire il cuore battere forte forte […]. Dopo un addestramento di cinque giorni a Figueras, si arruola tra i combattenti “rossi” della centuria Gastone Sozzi. Nel febbraio 1937 la polizia di Modena intercetta una lettera diretta all’amico Carlo Piccagliani, nella quale G. chiede ai fratelli di rispondergli presso il Soccorso rosso internazionale di Albacete. Passa nella 13a brigata internazionale e nel battaglione Dimitrov. È presente a Jarama, Albacete, Teruel, Motril, Pozoblanco ed Almeria. Viene ricoverato per dieci giorni ad Albacete a causa delle ferite agli occhi provocate dai gas lacrimogeni dei miliziani fascisti. Il 31 maggio 1937 il suo nome è inserito nel Cpc. Nella scheda biografica compilata dalla prefettura viene riportata la sua partecipazione alla terza leva fascista e l’iscrizione al Pnf (risalente al 24 maggio 1934). Viene inserito nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche per arresto. Rientra in Francia ai primi di giugno 1937 e la polizia registra un suo violento alterco alla Borsa del lavoro di Marsiglia «perché non erano stati versati alla sua famiglia i sussidi promessi». Vive in estrema indigenza. Per mantenere i contatti con la famiglia utilizza ingegnosi stratagemmi. Affida a un calciatore del Torino, durante un match che la squadra disputa in Francia, alcune lettere dirette ai famigliari ma indirizzate a Guido Tarantola, figlio di Antonio, che conduce un’avviata libreria a Modena. Da Marsiglia si trasferisce successivamente a Parigi, dove il 5 agosto 1937 entra in contatto con il movimento di Giustizia e Libertà, chiedendo lavoro. Si rivolge al consolato al fine di rimpatriare come disoccupato, pur sapendo di rischiare misure restrittive e procedimenti penali, visto che i fratelli sono stati arrestati e confinati. In settembre il ministero dell’Interno comunica che G. si sarebbe offerto a noti esponenti di Gl per tornare in Italia al fine di commettere un attentato nei confronti del duce. Viene dunque disposto che le indagini nei suoi confronti siano condotte «con massimo impegno». In novembre si segnalano la sua occupazione in un caffè e l’invio al suo indirizzo, da parte del fratello Enzo, di due fotografie e di un biglietto da 50 lire (circostanza, quest’ultima, proibita). Nell’aprile 1938 è segnalato come appartenente a una cellula comunista di Marsiglia. Viene espulso dalla Francia. Nel porto di Sète si imbarca sul battello inglese “Eleni” che trasporta munizioni, per tentare di rientrare in Spagna. Al largo di Cartagena l’imbarcazione viene tuttavia affondata da due aerei italiani. G., dopo cinque ore di nuoto, viene salvato. Ritorna clandestinamente in Francia prima di riparare in Belgio, Olanda e Lussemburgo. Nel gennaio 1939 una fonte fiduciaria ne segnala il rientro a Marsiglia e il trasferimento a Parigi. Trova rifugio e lavoro, come timoniere, su un piroscafo rumeno con bandiera panamense. Il 19 giugno sbarca abusivamente in Inghilterra, nel porto di Swansea, e raggiunge in treno Londra, dove viene accolto da membri del Labour Party. Gli viene concesso un permesso di soggiorno provvisorio, ma poco dopo viene arrestato. Il 18 ottobre subisce un processo per contravvenzione alle leggi sull’immigrazione, ma il 7 novembre è rilasciato in libertà, ottenendo di rimanere in Inghilterra come rifugiato politico. Va ad abitare presso il medico socialista Francesco Galasso, ed in particolare nella sede del giornale “Spain and the World” gestito da Recchioni, che dopo aver cessato le pubblicazioni ospita comunisti che hanno combattuto in Spagna. Nel giugno 1940 si imbarca a Liverpool per il Canada. A Montréal viene rinchiuso per sei mesi tra centinaia di prigionieri fascisti. Riconosciuto come combattente repubblicano in Spagna, è liberato e tradotto a Londra. Ottiene il permesso di risiedere in Inghilterra. Parla diverse volte alla stazione radio di “Italia Libera”. È promotore e segretario, fino al suo scioglimento, della Federazione Antifascista Italiana (di cui è presidente Galasso), costituita il 10 febbraio 1942 a Londra. La Federazione dà impulso alla lotta antifascista attraverso scritti e varie iniziative. Il 5 settembre 1947 si sposa a Hackney con Joyce Edith Murlet. Muore a Londra nel 1993,