Pavanin Pietro di Sante e Pasello Antonia, nato il 27 ottobre 1908 nella borgata di Campomarzo a Lendinara (Rovigo), da una famiglia di fornaciai. Carpentiere, comunista. Frequenta la scuola fino alla quinta elementare, imparando il pomeriggio il, mestiere di fornaciaio dai genitori. Viene espulso dalla scuola nel 1922 per un nastrino rosso appuntato al giubbino con cui si presenta il 1° maggio. Nel dicembre del 1922 la sua casa è assalita da una squadra fascista che devasta la casa e bastona il padre arrestandolo per la sua ideologia socialista. Nel 1925si trasferisce a Milano, dove lavora nell’edilizia e collabora attivamente con l'organizzazione comunista milanese. Nel 1926 fa richiesta formale di iscrizione al Partito Comunista. Con le leggi eccezionali il Partito passa alla clandestinità e Pavanin diviene segretario di cellula, incaricato della distribuzione della stampa comunista e di tenere le fila dei compagni dispersi. Chiamato alle armi, il 24 aprile 1928 viene incorporato nel 23. Reggimento di fanteria di stanza a Gorizia, come fuciliere, poi a Idjia (Slovenia). Viene congedato l’8 settembre 1929 col grado di caporalmaggiore. Dopo un arresto da parte della polizia, decide di espatriare illegalmente in Svizzera il 17 agosto 1930. Da Basilea viene aiutato a passare in Francia a Moulhouse, dove lavora nell’edilizia e svolge propaganda attiva sugli immigrati italiani. Nel 1931, il Partito lo richiama a Parigi e decide di inviarlo a Mosca alla scuola leninista. Rimane a Mosca all’Hotel Lux, dal marzo 1931 al marzo1934. Rientrato a Parigi si stabilisce ad Arcueil (Valle della Marna) e riprende l’attività di Partito sugli italiani immigrati e nel Soccorso Rosso. Allo scoppio della guerra civile si porta in Spagna, il 2 settembre 1936 e si arruola nella centuria Gastone Sozzi quale delegato politico della squadra mitraglieri, prendendo parte ai combattimenti di Pelahustàn, Cenicientos e Chapinerìa. Dopo quest’ultimo scontro Pavanin scrive in una lettera ai compagni italiani in Francia:” Siamo ancora vivi, entusiasti e pieni di coraggio. In due giorni di combattimento tra le rocce e le alture di Chapinerìa sotto il fuoco continuo ed incrociato delle mitragliatrici fasciste, dell’artiglieria e degli aeroplani di Hitler e Mussolini, l’eroismo della nostra centuria Gastone Sozzi e di altri combattenti, si è dimostrato insuperabile…Intensificate l’aiuto per i combattenti spagnoli ed uniti al popolo di Francia fate pressione sul governo per levare il blocco alla Repubblica spagnola. Avanti compagni! Sempre avanti! Il nome che si è dato alla nostra centuria lo porteremo sempre più in alto e con esso il nome del popolo italiano. Noi giuriamo di essere degni di Gastone Sozzi”. I superstiti delle Centuria entrano nel Battaglione Garibaldi il 22 ottobre 1936. Col grado di sottotenente combatte al Cerro Rojo e poi alla Casa de Campo di Madrid, dove viene ferito seriamente alla clavicola destra. Ospedalizzato nell’ospedale di Jàtiva (Valencia), sino al 26 gennaio 1937, quando ritorna alla base delle Brigate Internazionale di Albacete invalido del braccio destro e viene messo da Antonio Roasio all’Ufficio censura con Libertario Rubini e Dragotin Gustincich. Tra il 1937 ed il 1939, sotto la direzione di Edoardo D’Onofrio dell’Ufficio Quadri, si occupa anche di censire politicamente tutti i volontari italiani. Le schedine con i giudizi di Pavanin su ogni volontario, sono oggi disponibili in rete nel fondo 545 del RGASPI di Mosca. L’attività di schedatura viene proseguita da Pavanin anche al termine della guerra civile nei campi di internamento francesi. In Italia, essendo Pavanin ormai abbondantemente segnalato, viene aggiornato il Bollettino delle Ricerche e la Rubrica di Frontiera da “vigilare e segnalare” ad “arrestare”. Trasferito a Barcellona a lavorare al Partito Comunista, il 26 gennaio 1939, sotto l’avanzata delle truppe franchiste, è costretto a fuggire dalla città, che cadrà il giorno stesso, portando con sè un gran numero di documenti. Giunto a Figueras, ritorna al fronte cercando di organizzare un fronte di resistenza con le poche truppe garibaldine disponibili a ritornare al fronte. Al crollo dell’ultima difesa è costretto a fuggire a Gerona ed infine il 4 febbraio raggiunge il confine a La Junquera, dove incontra D’Onofrio ed Andrè Marty. Il 9 febbraio quando il nemico è ormai in vista, attraversa il confine francese. Arrestato dai gendarmi francesi viene avviato al campo di Argelès-sur-Mer e poi in quello di Saint Cyprien. Evaso dal campo raggiunge Parigi. Il Partito lo fa ripartire per l’Unione Sovietica. Inizialmente lavora nell’Internazionale comunista, incarico che lascia per divergenze di vedute. Nel 1941 allo scoppio della guerra si offre volontario per collaborare con l’Armata Rossa e viene inquadrato in un reparto dei servizi segreti dell’NKVD. Nel 1943 è incaricato di svolgere propaganda politica sui prigionieri di guerra italiani in veste di Commissario Politico. Nel 1946 è richiamato in Italia, che raggiunge attraverso l’Ucraina e la Jugoslavia. Ritorna a Rovigo dalla famiglia riprendendo l’attività politica nel Partito Comunista Italiano. Si trasferisce a Roma nel 1953 per lavorare nella Direzione del PCI. Nel 1977 risulta ancora vivente. Nel 1989 viene pubblicato il suo libro di memorie intitolato "Un uomo contro: Francia, Spagna, U.R.S.S."