Orlandini Ottorino di Sabatino e Baragatti Maria, nato il 12 settembre 1896 a Lorenzana (Pisa). Commerciante, di orientamento cattolico. Nel 1903 si trasferisce con la famiglia a Mosciano, frazione Scandicci all'età di sette anni. Studia nel seminario di Firenze, com’era abitudine all’epoca per le famiglie di modeste possibilità che volessero mandare un figlio a scuola, dai 12 anni fino al 1915 quando e si presenta alle armi come volontario. Combatte nella Prima guerra mondiale prima sul Carso e poi in Macedonia, raggiunse il grado di tenente di complemento. Nella Grande Guerra è anche ferito a una gamba da una pallottola e intossicato dai gas venefici gli compromettono parzialmente l’apparato respiratorio. Congedato, abbandona la vita ecclesiastica, consegue la licenza liceale e si iscrive al Partito popolare nel di Don Sturzo sin dalla sua formazione nel 1919. Nel 1920 è nominato Segretario dell’Unione Mugellana del Lavoro, l’organizzazione che raccoglie i mezzadri del Mugello e che si dimostra particolarmente combattiva nei confronti dei grandi proprietari terrieri. Orlandini diviene ben presto uno dei leader delle leghe bianche nelle campagne fiorentine fino a quando il fascismo agrario toscano non reprime le mobilitazioni, costringendolo ad abbandonare Firenze. Espatriato clandestinamente nel 1926, si stabilisce a Malijai (Alpi Alta Provenza) dove fa per un periodo il gelataio e si iscrive alla LIDU (Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo). In Italia viene iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche (schedina 0286) per attività antifascista in Francia. Vive anche a Nizza, Marsiglia e Digne svolgendo, per sbarcare il lunario, numerosi lavori anche tra i più umili ed entrando in contatto con gli ambienti antifascisti d’Oltralpe ed in particolare diviene ammiratore e amico di Carlo Rosselli. In seguito all'espulsione dalla Francia per le denunce dei numerosi creditori, il 20 maggio 1935 rientra in Italia e viene diffidato. Arrestato alla frontiera di Ventimiglia il 6 luglio 1935, mentre cerca di espatriare clandestinamente, viene tradotto a Pisa e quindi a Firenze. Nell'ottobre viene rilasciato, ammonito come antifascista pericoloso e munito di foglio di via per Scandicci. Il 27 ottobre 1935 è nuovamente arrestato per tentato espatrio clandestino. Nel luglio 1936 gli viene concesso il passaporto per la Francia per permettergli il ricongiungimento con la moglie, residente a Malijai e nell'agosto 1936 transita per il valico di Ventimiglia. Prima di partire per la grande avventura in Spagna, Orlandini ha però una crisi di coscienza; esprime così i dubbi sulla sua partecipazione a Luigi Sturzo che, anche a distanza di quindici anni dall’uscita dal Partito Popolare (avvenuta nel 1921), considera ancora la sua guida politica. La risposta del sacerdote è che segua il suo impulso «perché dove si combatte per la libertà si combatte per il cristianesimo. Il 27 settembre 1936 raggiunge Barcellona e fin dal suo primo giorno da volontario, constata le difficoltà per un volontario cattolico, che va in Spagna per combattere, circondato dalla diffidenza degli anarchici maggioritari in Catalogna. Si arruola nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri, aggregata alla Colonna Ascaso della CNT-FAI con cui è tra i protagonisti della battaglia del lago di Santa Quiteria, nella quale gli italiani riuscirono a conquistare importanti posizioni. Grazie a questa vittoria è ritardato l’attacco nemico su Tardienta, snodo fondamentale del fronte aragonese, permettendo in questo modo l’arrivo dei rinforzi della Colonna Durruti per la difesa della città. Successivamente combatte ad Almudevar in Aragona. Così ricorda quello scontro: «Baldanzosi e fieri, preceduti da autoblinde, gli ufficiali a cavallo, in testa alle loro compagnie, erano ben lontani da immaginare che pochi guerriglieri, sperduti sulle colline, avrebbero osato interrompere la loro marcia con le armi in pugno. Nella casa cantoniera, a cinquecento metri da monte Pelato, vegliava una sentinella italiana. Al segnale di allarme gli italiani saltarono in piedi e cominciarono a sparare. Non pensarono di fuggire nemmeno all’alba, quando si resero conto della loro enorme inferiorità in uomini e armi, quando Rosselli, ferito, fu evacuato, e quando Angeloni, che correva allo scoperto da un ridotto all’altro, cadde colpito a morte. Il nemico, indispettito da questa inopinata e feroce resistenza, moltiplicò i suoi attacchi per parecchie ore. Alla fine, cento uomini in tuta, male armati, senza alcun vincolo di disciplina militare all’infuori della loro fede, ebbero ragione su mille soldati, sui cannoni e sulle autoblinde». Orlandini è poi scelto da Rosselli, con l’approvazione di Ascaso, per comandare una delle tre formazioni anarchiche. La maggioranza della Colonna, riunita in assemblea, decide però di negargli la propria fiducia. Il motivo è il rifiuto da parte degli anarchici di essere guidati da un ufficiale di origine cattolica popolare, che i più intransigenti definivano senz’altro fascista. Orlandini guida ugualmente la Colonna promettendo però agli anarchici di ritirarsi dopo l’attacco da qualsiasi posto di responsabilità o di comando. Pur in un pesante clima d’inquietudine, disillusione e di sospetti reciproci, con milizie non preparate, indisciplinate e mal organizzate e con un servizio di comunicazione sanitario e di intendenza deficientissimo, la Colonna di Orlandini riesce a ben comportarsi nella battaglia. Nel complesso però l’attacco, durato dal 17 al 22 novembre, non ottenne i risultati sperati. Il 6 dicembre 1936 i contrasti con gli anarchici portano alle dimissioni di Rosselli dal comando, all'uscita dei giellisti, dei repubblicani e dei comunisti dalla formazione e alla nascita del Battaglione Matteotti. Dopo aver vissuto dall’interno l’esperienza anarchica di Barcellona, la roccaforte della rivoluzione libertaria e dell’Aragona, Orlandini decide di continuare la sua esperienza in terra iberica andando a conoscere da vicino l’ambiente comunista di Madrid, la capitale assediata ormai ininterrottamente da dieci mesi. Arriva a Madrid il 21 aprile e si arruola immediatamente nella Brigata Garibaldi (XII Brigata Internazionale). Il 4 maggio 1937 è nominato comandante di compagnia della 12. Brigata Garibaldi (2. Battaglione, Compagnia Mitraglieri. Nel luglio 1937 Orlandini partecipa, con il grado di capitano d’intendenza, alla battaglia di Brunete. Combatte poi in Estremadura e partecipa con il grado di comandante della compagnia mitraglieri del 2. Battaglione all’ultima grande offensiva della Repubblica sull’Ebro nell’estate del 1938. Dopo la decisione del governo repubblicano di ritirare dal fronte i volontari stranieri, viene smobilitato. Rientrato in Francia con un treno che parte da Barcellona in direzione della Francia, il 24 gennaio del 1939, è internato ad Argelès e, giudicato di comportamento estremista, trasferito come misura punitiva al forte di Collioure anche perché pare trovato in possesso di un chilo di oro. In seguito è trasferito a Gurs. Inoltre, secondo un documento reperito nell'archivio dipartimentale dei Pirenei orientali, Orlandini (Ottorino Baragat Orlandino) sarebbe evaso dal Campo di Saint Cyprien, il 18 ottobre 1939. In seguito prende parte alla Resistenza francese nella regione parigina. Rientrato in Italia a Firenze il 12 settembre 1943, si iscrive al Partito d'azione e partecipa alla Resistenza, svolgendo un ruolo di primo piano nella nascita della formazione Giustizia e Libertà nel Mugello e partecipando al comando militare della stessa zona. Arrestato dai nazifascisti, è consegnato alla Banda Carità, viene torturato, ma riesce a fuggire e partecipa alla Liberazione di Firenze. In seguito allo scioglimento del Partito d'azione, si iscrive alla Democrazia cristiana tornando a interessarsi di sindacato e di contadini. Muore a Firenze il 19 gennaio 1971.

Annotazioni: La scheda Include alcune Informazioni biografiche reperite nella banca dati ISGREC dei volontari antifascisti toscani in guerra di Spagna: http://gestionale.isgrec.it/sito_spagna/ita/all_ita_details.asp?offset=270&id=2653