Negarville Osvaldo di Angelo e Rosina Bracotto, nato il 5 giugno 1908 a Buttigliera Alta (Torino). Operaio metallurgico, comunista. Di famiglia proletaria, originaria della val Susa, cresce tra Avigliana e Torino in Borgo San Paolo dove nel 1912 si è trasferito il padre, che lavora come operaio specializzato alla FIAT. La madre invece lavora come sarta in un atelier torinese. Fin da giovanissimo si impegna nell’attività antifascista, partecipando fin da ragazzo alle lotte politiche e sindacali. Più giovane di tre anni del fratello Celeste, si forma alla stessa scuola di socialismo, nell'ambiente "sovversivo" del rione di Borgo San Paolo, dove afferma le sue caratteristiche di "quadro" rivoluzionario prima nella gioventù socialista e dopo la scissione di Livorno nella Federazione giovanile comunista d'Italia. Nel 1924 è membro del Comitato federale della Federazione Giovanile Comunista. Mentre lavora in quel periodo allo stabilimento Lancia come operaio metallurgico, riesce a dare impulso e sviluppo alla costituzione delle cellule d'officina, raggiungendo risultati che avrebbero dimostrato tutta la loro importanza in seguito, quando il partito sarebbe stato costretto all'illegalità. Arrestato per la prima volta alla metà di maggio del 1927 ad Abbadia di Stara con altri militanti della FGCI, è deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato. E' processato e assolto il 31 luglio 1928 per insufficienza di prove, dopo oltre un anno di carcerazione preventiva. Prosegue l'attività clandestina negli anni in cui i compagni di partito sono quasi tutti in carcere o rifugiati all’estero. Nell’agosto del 1934 sposa a Torino Emma Bronzo, conosciuta nell’ambito dell’organizzazione torinese del Partito (che lo affianca nella lotta antifascista prima col nome di battaglia di "Rosetta" e poi, durante la Resistenza, con il nome di "Franca"). Nella seconda metà dello stesso mese, atteso il rientro a Torino del fratello Celeste e di Ettore Vacchieri (appena liberati dai penitenziari di Castelfranco Emilia e di Civitavecchia), partono per una finta escursione in montagna. Partiti in treno per Bardonecchia come escursionisti alpini del fine settimana, pernottano nella baita di una nota guida (un montanaro del posto), in una minuscola borgata sovrastante il paese. Destati nel cuore della notte, la guida li porta lungo sentieri sicuri fin oltre un valico di confine. Qui giunti sani e salvi, dopo una sosta per una rapida colazione indica loro il ripido sentiero in fondo a cui sono visibili il paese e la stazione ferroviaria di Modane (Savoia). Da qui Negarville prosegue in treno con gli altri per Parigi, dove riprende i contatti con il Centro estero del partito. Inviato dal Partito in Unione Sovietica dal 1934 al 1936, per frequentare la scuola leninista, ha il coraggio di contestare la lezione di Togliatti sul fascismo che invita ad una maggiore conoscenza del fenomeno fascista ed alla collaborazione con le altre forze politiche della sinistra. Ritornato a Parigi nel 1936, il 5 agosto, su incarico del partito, parte per la Spagna repubblicana assieme a Francesco Scotti, Giacomo Pellegrini ed Ettore Grassi, come rappresentanti del Partito Comunista italiano, svolgendovi una preziosa attività organizzativa in vista della creazione delle Brigate internazionali. Arrivati a Barcellona il 12 agosto, i quattro vengono indirizzati alla caserma “Carlos Marx” e incorporati nella Colonna Del Barrio-Trueba organizzata da PSUC (Partito Socialista Unificato della Catalogna) e UGT (Union General de Trabajadores). Negarville parte per il fronte di Tardienta (Alto de Aragon), ma presto è trasferito a Barcellona per occuparsi dello smistamento dei volontari comunisti italiani in arrivo e delle trasmissioni per l’Italia di Radio Barcellona. Richiamato in Francia dal partito nel marzo del 1937, è incaricato della organizzazione del lavoro clandestino in Italia. Dopo soste in alcune città italiane, è arrestato a Pisa il 17 maggio del 1937 e nuovamente denunciato al Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Processato il successivo 16 ottobre, è condannato il 16 ottobre 1937 a 18 anni di carcere per ricostituzione del Partito comunista, appartenenza allo stesso e propaganda sovversiva. Dopo essere stato tradotto alla casa penale di Civitavecchia, vi trascorre gli anni che precedono il crollo del fascismo, con altri antifascisti tra cui Giancarlo Pajetta, Salvatore Cacciapuoti e Vittorio Foa. Irriducibile, nel carcere di Civitavecchia è sottoposto anche al "letto di contenzione", ma i fascisti non riescono a piegarlo. Il 23 agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, è rimesso in libertà. Rientrato a Torino con Pajetta, riprende l’attività di partito ed il 5 settembre 1943 è designato a far parte del Comitato Direttivo del Partito Comunista. Nel novembre 1943 rappresenta il Partito Comunista nel CNL (Comitato Nazionale di Liberazione), sostenendo isolato posizioni di lotta contro l’attendismo degli altri componenti. Partecipa attivamente alla Resistenza italiana dal 9 settembre 1943 fino a all’8 giugno 1945. Infatti dopo aver fatto parte del gruppo di Roma della direzione del Pci, è vicecomandante delle formazioni garibaldine del Piemonte, comandante della 3. Divisione Garibaldi in Val di Susa (fino a metà luglio 1944) e Commissario politico della 4. Zona partigiana piemontese (Cavesano, Valle del Lanzo, Val di Susa e Val Chisone) fino alla liberazione. Decorato con la “Bronze Star” americana, Dal 1945 al 1946 è segretario della Federazione di Torino. Dal 1946 al 1948 è segretario della Federazione di Bergamo. Dal 1948 al 1951 è segretario della Federazione di Pavia. Rientrato a Milano è responsabile della sezione propaganda nella redazione del quotidiano “l’Unità” e dirigente dell’ANPI. Rientrato a Torino nel 1958 e abbandonati per una serie di dissidi gli incarichi di Partito, inizia a lavorare per l’imprenditore d’abbigliamento comunista Alessandro Vittadello. Fonda allora il “Circolo della Resistenza” a cui aderiscono anche personaggi non comunisti che svolgono lezioni di storia presso il Teatro Alfieri di Torino, che vedono la partecipazione dei più grandi storici dell’epoca. Muore a Torino 12 gennaio del 1978. Ha lasciato una autobiografia inedita del titolo “La pazienza e l’ironia. Biografia di un militante comunista”. Il paese di Avignana in provincia di Torino, gli ha dedicato una via.