Franchini Maria Giaele di Enrico e Maria Giovannini, nata il 22 gennaio 1898 a Cesena (Forlì). Socialista. Giaele nasce in una famiglia di tradizioni repubblicane Suo padre. Enrico Franchini, è l'ultimo sindaco democraticamente eletto che amministra Cesena nel primo dopoguerra. Nel 1922, dopo quattro mesi e mezzo di attività, la sua amministrazione è chiusa con la forza dalle squadre fasciste. Il 18 luglio 1921 Giaele sposa l'avvocato Mario Angeloni. I due si trasferiscono a Perugia, dove Mario viene perseguitato dai fascisti. In una occasione viene picchiato selvaggiamente tanto che Giaele, costretta ad assistere allo spettacolo, perde il bambino che stava aspettando da qualche mese. Nel novembre 1926 Mario è arrestato e confinato a Lipari. Giaele lo segue, qui i due conoscono alcuni degli esponenti di maggior rilievo dell’antifascismo di matrice socialista e repubblicana, da Carlo Rosselli a Emilio Lussu, Ferruccio Parri, Luigi Basso e molti altri. In seguito su richiesta del segretario locale del fascio, Mario Angeloni è trasferito ad Ustica e Giaele lo segue anche qui. Sull’isola, oltre ai rifugiati politici soggiornano 200 arabi ribelli della Cirenaica, deportati dagli italiani. Le condizioni sull’isola sono pessime, manca l’acqua, che arriva da Palermo ogni 15 giorni, e non vi sono negozi di alimentari. Sull’isola dal contatto con altri confinati, Giale matura l’adesione al socialismo. Nell’ottobre 1927 Mario è arrestato assieme ad altri 46 confinati per aver organizzato iniziative in favore di Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani condannati a morte ingiustamente negli Stati Uniti, ed è incarcerato a Palermo, accusato di ricostituzione dei partiti e di tentativo di figa dall’isola. Giaele lo segue durante la sua detenzione al carcere dell’Ucciardone. L’anno successivo Angeloni è trasferito al carcere di Salerno e Giaele lo segue. Viene infine assolto ma confinato per ulteriori cinque anni all'isola di Ponza. Qui Mario si ferma pochi mesi perché viene liberato grazie ad un'amnistia concessa ai volontari della prima guerra mondiale e la coppia può così stabilirsi a Cesena, nella casa dei genitori di Giaele. Quattro anni dopo, avuto sentore di una possibile nuova condanna al confino, Mario espatria clandestinamente in Francia. Dopo qualche mese Giaele lo raggiunge, e lo segue negli anni successivi in Svizzera ed in Belgio, dove si sposta svolgendo una intensa attività politica antifascista nelle file del partito repubblicano. Alla fine di luglio del 1936 Mario arriva in Spagna ed è uno dei comandanti della Colonna Italiana, Il 28 agosto cade sul fronte di Aragona, durante la battaglia del Monte Pelato. Giaele riceve la notizia nella loro abitazione francese e si reca subito in Spagna. Così descrive glie venti: ” Il giorno dopo [della morte di Angeloni] io ebbi un telegramma dal Comandante di tutte le milizie, De Santillan, il quale mi pregava di raggiungere al più presto Barcellona. Pensai che la colonna fosse entrata in azione e che forse mio marito fosse stato ferito. Il telegramma mi giunse alla sede di “Giustizia e Libertà” dove andavo ogni mattina ad aiutare gli amici e subito Cianca e Venturi mi accompagnarono a casa e quindi alla stazione. Con che animo affrontassi quel viaggio è facile immaginare ma per fortuna alla fermata in una stazione francese vidi il nostro amico Luigi Campolonghi, presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, e sua moglie, Ernesta Cassola, che erano gli amici più cari che avessimo a Parigi. Lo chiamai e quando seppe del telegramma ricevuto da Barcellona salì sul mio treno deciso ad accompagnarmi. Arrivati, ci dirigemmo subito alla sede della FAI, la federazione anarchica, dove eravamo certi di trovar qualche italiano e infatti il primo a venirci incontro fu Camillo Berneri che, allargando le braccia e stringendomi forte senza parlare, mi fece comprendere che il mio Mario non era più. Mi disse che gli avevano fatto una camera ardente negli stessi locali della FAI, ma io non volli vederlo. Preferivo ricordarlo come l’avevo visto l’ultima volta alla Gare d’Orsay allegro, entusiasta di partire, di affrontare, come lui disse, l’avventura più bella della sua vita”. Poi, dopo un breve rientro a Parigi, raggiunge la Sezione Italiana di Carlo Rosselli con l’intenzione di fermarsi al fronte e proseguire l'opera del marito. Lavora come infermiera presso l'ambulanza svizzera che opera a Castillo de San Luis. Nel marzo 1937 Luigi Campolonghi, presidente della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo, le offre la direzione dell'Ufficio della Lega di Barcellona che svolge funzioni di consolato per la comunità italiana residente in Catalogna, con l'autorizzazione del governo repubblicano. Dopo i moti dal maggio 1937 che vedono lo scontro tra il governo autonomo catalano e gli anarchici spalleggiati dal POUM. Così Giaele descriverà l’evento: ”Purtroppo, a tubare il nostro entusiasmo nel maggio del ’37 scoppiarono i dolorosi avvenimenti che costarono la vita ai due anarchici Barneri e Barbieri, prelevati dal loro appartamento e fucilati alle spalle in una caserma, e a due giovanissimi miliziani venuti direttamente dall’Italia. Erano giunti in licenza dal fronte la sera prima e, ignari di quanto stava succedendo a Barcellona, al mattino uscirono dall’albergo e dopo pochi passi furono raggiunti da una raffica di mitragliatrice. Facevano parte della Colonna Italiana che, come ho già detto era aggregata alla Divisione Ascaso. Con quell’insegna della divisione furono presi per anarchici e uccisi. Per me furono giorni molto tristi durante i quali mi chiesi più di una volta se non fosse il caso di tornarmene in Francia. Temevo che la politica avesse il sopravvento e che i miliziani cominciassero ad uccidersi tra di loro. Soprattutto ero molto addolorata per la morte di Berneri, che era diventato per me un amico carissimo del quale apprezzavo la profonda cultura, l’animo gentile e generoso e l’incapacità assoluta di nuocere a chicchessia. Per fortuna, dopo pochi giorni l’atmosfera si calmò e la città tornò alla normalità; ma molti anarchici e molti trotzkisti del POUM furono costretti a fuggire. Fra questi ricordo il mio concittadino Elmo Simoncini, e poi Giuseppe Bogoni, Gino Bibbi e altri”. Giaele si ferma nella capitale catalana sino alla fine di gennaio del 1939, quando con un viaggio avventuroso sfugge alle truppe franchiste e fasciste che stanno puntando sulla città e riesce a rientrare in Francia il 2 febbraio 1939. Si stabilisce a Saintes-Cergues-les-Voirons in Alta Savoia. Qui si occupa dell'ospitalità ai bambini spagnoli provenienti dai campi di concentramento, organizzando una colonia nella zona pirenaica, non lontano dal confine con la Spagna. Dopo che le autorità francesi hanno ordinato lo sgombero della colonia, si rifugia a Tolosa. Qui è arrestata dalla polizia del regime di Vichy nel 1940 e confinata in un paesino pirenaico, a residenza forzata. Nel 1941 riesce però ad imbarcarsi, e con un lungo viaggio si porta prima in Nord Africa ad Algeri, Orano ed infine Casablanca. Poi parte per a Veracruz. che raggiunge il 16 dicembre 1941. Nel frattempo aderisce al Partito Socialista. Rientra in Italia 1946. Nel dopoguerra prosegue nell'impegno politico militando nelle associazioni antifasciste, in particolare nell'AICVAS, quale membro del Comitato d'Onore. Muore a Cesena il 26 gennaio 1991. Ha scritto il libro "Nel ricordo di Mario", dedicato alla figura del marito.