Fortini Francesco di Francesco e Varina Matilde nato il 30 maggio 1905 a Milano. Fattorino, comunista bordighista. Non si ha nessuna notizia sull’abitazione della famiglia e sulla educazione scolastica ricevuta. Risulta iscritto al Partito Comunista d’Italia sin dalla sua fondazione nel 1921. Il 15 ottobre del 1923, si arruola volontario nel corpo della Guardia di Finanza e vi presta servizio per quasi cinque anni fino al primo di settembre del 1928. In questa data, dopo gli opportuni esami clinico-sanitari, svoltisi presso l’Ospedale Militare di Milano, nel quartiere di Baggio, è riformato, forse per una forma di TBC. L’esperienza militare nella Guardia di Finanza ha sicuramente sviluppato in Francesco una particolare abilità nel mimetizzare la sua identità attraverso l’uso di vari pseudonimi o nomi di copertura: il seguito della sua militanza politica indurrà in confusione non solo i solerti “spioni” fascisti dell’OVRA, ma anche gli estensori di questa biografia. Ritornato civile, risiede con la famiglia in via Filippo Argelati numero 9. Sopravvenuti dissapori con i genitori, Cecchino cambia domicilio di frequente trovando ospitalità presso compagni e conoscenti. In questo periodo probabilmente svolge mansioni di fattorino finché, nell’aprile del 1931, espatria clandestinamente, raggiunge Zurigo, dove dimora per dieci settimane. In seguito va Basilea, dove incontra Romano Cocchi “Adani” futuro segretario generale della LIDU (Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo). Con le indicazioni che riceve passa il confine svizzero, raggiunge Saint Louis e quindi Mulhouse. Da questa città, curiosamente e diversamente dal solito percorso dei fuorusciti, passa il confine tedesco e si reca nella cittadina di Lörrach. Ai primi di agosto del 1931 si reca a Bruxelles. In questi passaggi da una nazione ad un’altra è sostenuto dalla solidarietà dei connazionali, perché non riesce a trovare un lavoro essendo sprovvisto di documenti validi. Lascia quindi anche il territorio belga e, a piedi, raggiunge Parigi il 2 settembre del 1931. Anche in questa città le sue condizioni economiche continuano ad essere precarie e si arrangia contando sull’appoggio dei compagni fuorusciti, dormendo la notte in un cantiere edile nei pressi del bosco di Vincennes. In quei giorni a Parigi è in corso la Mostra Coloniale Internazionale, nella quale è presente anche il padiglione italiano, che attende di essere visitato da un’autorità fascista. Il 4 settembre 1931, giunge nella locale stazione ferroviaria Gare de Lyon il quadrunviro della marcia su Roma, il generale Emilio De Bono. “Cecchino” quando la macchina che porta il fascista all’esposizione passa vicino a lui, salta sul predellino e inveisce con forza urlando: “Infame assassino!”. Francesco, subito bloccato e malmenato dai poliziotti è, portato al commissariato di zona, è perquisito e, trovato in possesso di copie de “La galera” e “La Riscossa”, è sottoposto ad interrogatorio. Nell’occasione è identificato sotto il nome di “Egidio Cavallini” e, viste le sue condizioni precarie, la salute malferma e le conseguenze del pestaggio subito, devono prestargli le cure del caso presso l’infermeria della “Santé”. Vi resta solo per pochissimi giorni, quel tanto che basta per rimetterlo in condizioni presentabili per evitare attacchi giornalistici. In conseguenza di questi fatti Francesco è espulso in Belgio, dove è aiutato dal prestigioso esponente socialista Luigi Lazzarelli, segretario del Fondo Matteotti. Anche in questo Paese è fermato e mandato innanzi al giudice competente, che lo condanna a tre mesi di carcere per immigrazione clandestina. Scontata la pena, è espulso in Lussemburgo, da dove riesce a ritornare in Francia. Si mette in contatto con il gruppo “Crimèe”, composto da esuli antifascisti italiani con i quali concerta una azione clamorosa nei confronti del Consolato italiano della capitale francese. Il gruppo entra di prepotenza nella sede diplomatica e Francesco, insieme al milanese Riccardo Molina, futuro combattente antifranchista di Spagna, e altri, si rende responsabile della distruzione di due ritratti del Duce e di diversi altri materiali di propaganda fascista. In seguito a questa azione, con provvedimento giudiziario, “Cecchino” è nuovamente espulso dalla Francia, ma non ottempera all’ingiunzione e rimane clandestinamente nel Paese transalpino nella più pesante indigenza. Intanto il Ministero dell’Interno in Italia si attiva per inserire il Fortini nella “Rubrica di Frontiera” e nel “Bollettino delle Ricerche- Supplemento Sovversivi”, pubblicato il 2 dicembre del 1932 con il n.01670 con l’indicazione “da arrestare”. Nelle condizioni precedentemente accennate Francesco è ancora aiutato dagli ambienti dell’antifascismo parigino, che gli permettono di rimanere in stato di clandestinità fino al 31 gennaio del 1933, data in cui è ancora una volta arrestato e condannato a un mese di carcere per infrazione al precedente decreto di espulsione. Scontata la pena, rimane clandestino a Parigi aiutato dalla sinistra comunista e dal trentino Costante Mengoni, futuro combattente antifranchista di Spagna, lavorando saltuariamente nell’edilizia. Nello stesso anno la polizia politica italiana lo inserisce nell’elenco particolare dei possibili potenziali attentatori alla vita del Duce. Dopo lo scoppio della Guerra Civile Spagnola, il 17 agosto del 1936 si costituisce in Barcellona per volontà di Carlo Rosselli e Camillo Berneri, la Sezione Italiana della Colonna “Francisco Ascaso” della CNT-FAI della capitale catalana. Ricordando la partenza per la Spagna Fortini ci fornisce con precisione le posizioni politiche del gruppo: “sono partito in treno da Parigi, con alcuni comunisti dissidenti, aderenti o simpatizzanti della Frazione bordighista, abbiamo passato i Pirenei di notte e a Barcellona siamo andati in una caserma anarchica”. Fortini aderisce ed è inquadrato nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri, aggregata alla Colonna Asdcaso della CNT/FAI, che muove in Aragona, e il 28 agosto è presente al combattimento di Monte Pelato, nei pressi di Huesca, il settembre successivo agli scontri di Tardienta e, quasi sicuramente, tra il 20 e il 22 novembre ai combattimenti di Almudevar. Quando Carlo Rosselli è esautorato dal comando militare della Colonna per sfiducia da parte degli anarchici, buona parte dei combattenti lascia la formazione, specialmente i non anarchici. I seguaci di Rosselli confluiscono nel costituendo Battaglione Matteotti della 26ª Divisione, 120° Brigata Mista, mentre “Cecchino” sceglie di confluire nel Battaglione Francesc Pi y Margall di matrice prettamente anarchica catalana. L’otto marzo 1937 questa formazione militare si trova coinvolta nelle prime fasi della battaglia di Guadalajara. Nel giugno successivo la stessa unità è presente, nella battaglia di Huesca, nel corso della quale Francesco rimane ferito, seppure leggermente. A questo incidente bellico personale si aggiungono i suoi persistenti problemi di salute, che impongono una sosta al suo impegno militare suggerita anche da parere medico: questa situazione lo induce a ritornare in Francia per meglio curarsi. In un primo tempo si reca all’ospedale di Eaubonne, località a nord di Parigi, e poi lo si trova ristabilito nella località di Audum-le-Tiche, dove rimane fino a quando rientra in Spagna. Per il periodo successivo al suo rientro in territorio spagnolo non si è in grado di indicare quale compito abbia svolto fino al 15 dicembre del 1938, quando ritorna in Francia con un convoglio sanitario, in anticipo rispetto al grosso delle forze repubblicane, il che gli permette di evitare l’internamento nei Campi di concentramento, che date le sue condizioni precarie di salute potrebbe essergli esiziale. Tornato a Parigi, riprende a campare contando sulla solidarietà antifascista fino a quando il 5 settembre del 1939 è arrestato nelle retate anticomuniste scatenate del governo Daladier e trattenuto in carcere per dodici mesi senza essersi potuto difendere in un regolare processo. Tornato in libertà, trova domicilio a Parigi al 204, Faubourg Saint Antoine e si dà da fare per trovare lavoro, fino a quando si reca, nel marzo del 1941, al Consolato Generale italiano, a cui richiede il rilascio di un passaporto per potersi recare a lavorare in Germania (Todt?). A quest’ultima notizia si può solo aggiungere che Fortini è ancora in vita il 7 gennaio del 1977, come attesta Giuseppe Marchetti, e che nella stessa data abita a Parigi al 55, Rue Renilly. Nessuna ulteriore notizia.
Annotazioni: Scheda biografica compilata da Augusto Cantaluppi per il suo libro La Ringhera in Spagna, antifascisti milanesi nella guerra civile spagnola (1926-1939)
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