Montanari Oddino di Emilio e Mazzoni Virginia, nato l'8 ottobre 1903 a Cesena. Meccanico, comunista. Il padre Emilio (1876), sposato con Virginia Mazzoni (1878), è un socialista e abita nella frazione rurale di San Giorgio di Cesena. Oddino è il maggiore di cinque figlie e figlie. Il fratello Alano sarà di idee politiche completamente opposte ad Oddino e partirà volontario con le Camicie Nere in Africa Orientale. Nei primi giorni del 1927 Oddino Montanari emigra con regolare passaporto in Argentina, imbarcandosi dal porto di Genova sulla nave "Taormina" e sbarcando a Buenos Aires il 23 gennaio. In Argentina svolge un'intensa attività politica, aderendo all’Alleanza Antifascista, venendo più volte arrestato. A seguito dei provvedimenti repressivi contro i comunisti in Messico, partecipa ad una sassaiola contro l’ambasciata di quel paese. Un ulteriore arresto è legato all’aggressione ad un fascista. Nello stesso periodo pubblica un articolo per spronare i conterranei ad iscriversi ad una Società Romagnola di cultura e divertimento di cui era anche segretario della commissione provvisoria. Sempre in Argentina, nel 1935, si sposa con Vittoria Aldama (1911), spagnola dei Paesi Baschi, e dalla loro unione nasce la figlia a cui danno il nome della sorella di Oddino, Norma. Allo scoppio della guerra spagnola pochi mesi dopo la nascita della figlia nel marzo 1937 si porta in Francia e da qui passa in Spagna ad Albacete, dove si arruola nel 3. battaglione della brigata Garibaldi. Nelle formazioni garibaldine ricopre anche il ruolo di Commissario politico della compagnia di punizione. Combatte in Estremadura, a Gandesa ed a Caspe col grado di sergente. Ferito nel settembre 1938 sulla Sierra Caballs, nel corso della battaglia dell'Ebro. Dopo il ritiro dal fronte dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano spagnolo, è avviato nel campo di smobilitazione di Torellò. Dopo il crollo del fronte catalano riprende le armi e ritorna al fronte nel gennaio 1939 nella ricostituita XV Brigata Internazionale in difesa di Barcellona e poi per rallentare l’avanzata nemica e consentire alla popolazione civile di trovare scampo in Francia. Passata la frontiera francese nel febbraio 1939, è internato nei campi di St. Cyprien, Gurs (estate 1939) e Vernet, dove è membro del Comitato del Partito comunista. Avendo richiesto il rimpatrio, è tradotto in Italia il 10 aprile 1941 e arrestato alla frontiera di Mentone. Incarcerato a Forlì ed interrogato, il 29 maggio è deferito alla Commissione provinciale di Forlì che lo confina a Ventotene per 3 anni in quanto combattente antifranchista in Spagna. Il 19 ottobre 1941, Oddino viene punito a 5 giorni di consegna perché sorpreso, assieme al confinato Dino Saccenti, mentre consuma cibo in una trattoria senza la necessaria autorizzazione. Un altro episodio che fa ben comprendere la situazione dei confinati ci è tramandato dalla figlia Norma che ricorda ancora la visita che fecero lei e la madre sull’isola. Finalmente dopo molti anni di lontananza la famiglia si può riunire, anche se in un ambiente non proprio familiare e solo per qualche giorno. Questo il ricordo di Norma: “L’isola mi parve subito molto, molto piccola, molto stretta, soffocante, solo tutti gli amici di mio padre che facevano una gran festa, però non potevano comunicare, nemmeno mio padre con loro, intanto che c’era mia madre, mentre c’eravamo noi e quindi ero io che venivo salutata abbracciata, perché potevo, anche le guardie mi permettevano di andare a salutare gli altri che erano lì. Poi l’altro ricordo orribile sono i catenacci la sera quando ci chiudevano nell’appartamento, la famiglia doveva pagare una stanza dove dormire e noi la sera dovevamo essere chiusi dentro, alle finestre c’erano le inferiate, alla porta c’era il catenaccio come in una prigione”. Durante il periodo di confino sono varie le richieste della moglie, e degli altri familiari, per poter ottenere licenze o la commutazione della condanna in ammonizione. Le loro istanze sono sempre rifiutate visto che per le autorità Oddino “non da segno di ravvedimento nelle sue idee politiche e si accompagna ai «peggiori elementi della colonia». Liberato il 21 agosto 1943, dopo la caduta del fascismo nei mesi della Resistenza si impegna, con il nome di “Lino”, all’interno del Partito comunista e delle brigate partigiane, nell’arruolamento dei giovani e nei compiti militari. A Cesena sono presenti la 29. Brigata GAP “Gastone Sozzi” e l’8. Brigata Garibaldi “Romagna” e lui si adopera in entrambe le formazioni, inoltre è «tra gli organizzatori del Partito [comunista] – Membro del Comitato di Zona – Membro del Comitato Militare e del Comitato di Liberazione». Nel dicembre 1943 arriva in Romagna Antonio Carini che costituisce il Comitato militare romagnolo con Ilario Tabarri, Luigi Fuschini e Oddino stesso come commissario politico. Montanari assume presto un ruolo di guida nel locale movimento partigiano e questo è ben testimoniato da Sergio Flamigni, commissario politico della 29. GAP, che, quando gli viene affidato questo compito, è istradato proprio da Lino, che dopo una giornata di istruzioni gli dice: «Abbiamo parlato molto ma la cosa più importante è l’azione, l’impegno nel realizzare i propri compiti. Un buon Commissario partigiano è quello che parla con l’esempio dell’azione, che sa realizzare i suoi doveri con molta attenzione». La figlia Norma si lamenterà dell’assenza del padre in casa impegnato nell’attività politica: “Io non ho nessun ricordo particolare di gioia di allegria del ritorno di mio padre. Ricordo solo […] quando riuscì a tornare a casa, era sempre il periodo che ancora loro si dovevano organizzare, era sempre fuori casa, era sempre in città, finché arrivò il giorno in cui mia mamma tornò e mio padre era stato avvertito che doveva scappare perché i fascisti si erano riorganizzati e gli antifascisti correvano nelle nostre montagne e quello è stato tutto il periodo buio per me.” Il 22 agosto 1944, l’amico fraterno di Montanari, Ernesto Barbieri, è ucciso in un agguato fascista. Barbieri era segretario del CLN e segretario del comitato di zona del PCI, incarico che, in seguito alla sua morte, viene affidato allo stesso Montanari. Non arriva a vedere i giorni della Liberazione poiché muore al rientro da una riunione clandestina il 3 ottobre 1944, diciassette giorni prima della Liberazione di Cesena, colpito da una granata sparata dall'artiglieria inglese, lasciando la moglie e una bambina. Riconosciuto ufficialmente partigiano della 29. brigata GAP “Gastone Sozzi”.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi