Molina Riccardo di Giuseppe e Lavezzi Savina nato il 7 febbraio 1911 a Milano. Elettricista, comunista. La sua attività politica e la sua militanza si manifestano, quando è ancora molto giovane, nell’organizzazione della federazione giovanile comunista milanese della zona Sempione, nella cellula che comprende anche tre futuri combattenti antifranchisti di Spagna: Emilio Croce, il mantovano Cesare Roda e il bolognese Vittorio Ghini. Gran parte dei componenti di questa cellula sono arrestati e processati: Riccardo, sottrattosi al possibile arresto espatria clandestinamente. Nel settembre del 1931 è consegnato alle autorità di polizia italiane a Genova. Sentendosi in pericolo e in prossimità della chiamata alle armi, il 12 ottobre espatria per la seconda volta clandestinamente in Svizzera. Si reca a Zurigo e, al conseguimento della maggiore età, si rivolge al Consolato Italiano per il rilascio del passaporto a suo nome, che però gli è negato perché risulta renitente alla leva. Decide allora di andare in Francia attraverso Basilea, Saint Louis e Mulhouse. Da quest’ultima città raggiunge Parigi, entra in contatto con gruppi di fuorusciti antifascisti militanti dei Comitati Proletari Antifascisti (CPA). Con questi compagni partecipa a varie dimostrazioni contro le sedi parigine fasciste. Il primo aprile 1932 è presente alla manifestazione organizzata presso il consolato italiano: arrestato dalla polizia francese trattenuto in commissariato per quindici giorni. In questa azione il Molina si vanterà di aver distrutto personalmente il ritratto di Mussolini ivi esposto. Cinque giorni dopo si ripete lo stesso tipo di manifestazione, che fallisce per intervento della polizia. Il 21 dello stesso mese partecipa all’assalto e devastazione di un caffè-ristorante gestito dai connazionali Piccardi e Rossi, forse fascisti. Nel maggio devastano la sede dell’Associazione Combattenti Italiani; nel giugno assaltano la sede del fascio di Parigi. Nel settembre 1932, ritornato in Svizzera, è implicato nell’attentato dinamitardo, compiuto a Zurigo alla sede del Consolato Generale d’Italia. Nella stessa città successivamente partecipa ad una dimostrazione che contesta l’iniziativa fascista nel cinquantesimo della morte di Giuseppe Garibaldi. Nell’occasione è arrestato, perché sospettato di essere tra gli autori dell’attentato dinamitardo del mese precedente. Rilasciato dalla polizia svizzera, torna in Francia e cerca di tornare in Italia attraverso il valico di Bardonecchia; qui, il 14 dicembre 1932, è arrestato perché segnalato renitente alla leva. Tradotto a Milano presso il locale Distretto Militare, il 23 dello stesso mese è assegnato al 10° Reggimento di Fanteria “Regina”, di stanza a Bari. L’11 giugno del 1933 è trasferito presso il Reparto Speciale Politici del Battaglione di disciplina, di stanza in quel di Pizzighettone, in provincia di Cremona. Nell’ottobre del 1933 è congedato e torna a Milano dove abita in via A. Aleardi n° 8. Il 24 aprile del 1935 è richiamato alle armi in vista dell’”impresa” etiopica, ma riesce a farsi riformare, con la conseguenza che dopo questo fatto, è fermato tutte le volte che i gerarchi fascisti sono in visita nel capoluogo lombardo, e la vigilanza su di lui si fa sempre più pressante. Le sue convinzioni antifasciste non vengono meno, poiché nel 1937 espatria clandestinamente per recarsi in Spagna a combattere in difesa della Repubblica. Nel luglio del 1937 arriva ad Albacete si arruola nelle Brigate Internazionali e inquadrato nella XII Brigata “Garibaldi”, 3° Battaglione, 3ª Compagnia, con il compito di autista. Con questo ruolo partecipa nell’agosto dello stesso anno, alla battaglia di Farlete e nell’ottobre è impegnato negli scontri di Fuentes de Ebro. In seguito è trasferito all’Autocentro-Officina delle Brigate Internazionali nei pressi di Albacete. Nel 1938 il suo impegno in Spagna è legato ai servizi sanitari. Il 6 aprile è ad Albacete, inserito nel 2° Battaglione di Istruzione. L’unica notizia che diverge dal contesto appena accennato riguarda la sua presenza il 6 aprile dello stesso anno nel battaglione n° 2 di istruzione di stanza ad Albacete. Nel settembre-ottobre dello stesso anno Riccardo è coinvolto con il milanese Oreste Della Torre in vicende che lo portano addirittura a un arresto, perché frequentano ambienti barcellonesi equivoci e assai discutibili sotto il profilo politico. Fino al febbraio del 1939 resta in Spagna, passa in territorio francese ed è internato nel Campo di Argelès-sur-Mer. Nel giugno dello stesso anno è trasferito al Campo di Gurs dal quale riesce a evadere e, nel giugno del 1940, si trova a Nizza. Per mantenersi lavora per la Todt fino all’8 settembre 1943. Dopo l’armistizio i tedeschi arrestano e deportano Riccardo nei Campi di concentramento in Germania per utilizzarlo come operaio- schiavo. Alla fine della guerra rientra a Milano, la sua salute è talmente compromessa che muore a Milano il 2 agosto del 1949, a soli trentotto anni. Il 7 novembre del 1976 il Consiglio Regionale Lombardo insignisce Riccardo Molina di Medaglia d’Oro alla memoria, attribuita in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.