Mocci Sisinnio di Giuseppe e Piras Barbara, nato il 31 dicembre 1903 a Villacidro (Cagliari). Meccanico e fabbro, comunista. Il padre era bracciante agricolo e la madre casalinga. Il nucleo familiare era composto anche dalla sorella Giovanna, nata a Villacidro il 26 marzo 1901, che era casalinga e coniugata con il manovale di miniera Deidda Salvatore. Frequenta la scuola fino alla terza classe elementare. Nel 1922 si trasferisce a lavorare a Roma come fabbro-aggiustatore meccanico. Entra in contatto con esponenti del Partito comunista, a cui si iscrive nel 1924. Nel 1925, forse per incarico del Partito, si sposta in Istria, dove lavora come aggiustatore meccanico nelle miniere di Albona (oggi Labin, Istria). Nel 1927 emigra con regolare passaporto in Argentina, imbarcandosi dal porto di Trieste sulla nave "Belvedere" e sbarcando a Buenos Aires il 9 maggio. Stabilitosi ad Avellaneda provincia di Buenos Aires, partecipa alle attività della Lega Sarda d'Azione, e del suo organo propagandistico Sardegna Avanti, che riuniva gli emigrati sardi antifascisti di matrice tendenzialmente comunista. Ha contatti frequenti con i massimi esponenti dell'antifascismo italiano, tra cui l'ex deputato comunista del Friuli, Giuseppe Tuntar, Agenore Dolfi, segretario nazionale dell'Alleanza Antifascista Italiana, i comunisti Silvio e Carlo Ravetto ed Enrico Pierini, direttore de L'Italia del Popolo. Nel 1930, in seguito al golpe autoritario di José Félix Uriburu, su indicazione del Partito Comunista, risiede in Francia, prima a Harnes (Pas de Calais), dove trovò ospitalità a casa della famiglia di un suo cugino, e poi a Saint-Denis (Seine-Saint Denis). Impegnato nell’attività politica a favore del PCd’I, il 10 ottobre 1931 è arrestato ad Aubervilliers mentre vende i giornali "Vie proletarienne" e "Battaglie sindacali". Espulso due volte e accompagnato alla frontiera con Belgio, in entrambi i casi fa rientro in Francia. Nel 1932 si trasferisce in Unione Sovietica a Mosca, dove lavora come meccanico in una fabbrica di cuscinetti a sfera, mantenendo i rapporti con la sua famiglia, che risiede stabilmente a Villacidro. Il 31 dicembre 1937 raggiunge la Spagna dopo aver trascorso un breve periodo in Francia. Il 7 gennaio 1938 arriva alla Base delle Brigate Internazionali ed è addestrato nel Battaglione di istruzione n. 2. In marzo è arruolato nella 1. compagnia del 2. battaglione della brigata Garibaldi ed è inviato al fronte. Il primo aprile, durante la ritirata da Caspe sull'Ebro, è promosso tenente per meriti di guerra. Il 6 settembre 1938 nel corso dell’ultima offensiva repubblicana sull’Ebro viene ferito. Dopo il ritiro dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano il 24 settembre 1938, è avviato al campo di smobilitazione di Torelló. Al crollo del fronte catalano nel gennaio 1939 riprende le armi nella ricostituita XV Brigata Internazionale e tenta di ritardare l’avanzata dei franchisti per consentire alla popolazione civile di trovare scampo in Francia. Il 7 febbraio 1939 passa in Francia ed è internato nei campi di St. Cyprien, Gurs ed infine Vernet. Il 16 giugno del 1939 viene iscritto nella Rubrica di Frontiera con provvedimento di arresto (schedina n. 0171), per aver svolto attività comunista all’estero e per aver combattuto in Spagna come ufficiale miliziano nella Brigata Garibaldi. Estradato in Italia il 20 novembre 1941, è arrestato a Mentone. Tradotto il 14 dicembre 1941 nelle carceri giudiziarie di Buon Cammino di Cagliari. Nell’interrogatorio ammette di essersi recato in Spagna e di aver combattuto con l’esercito repubblicano. Il 16 febbraio 1942 la locale Commissione provinciale lo condanna, in quanto combattente antifranchista in Spagna, a cinque anni di confino a Ventotene. Dal confino inviava all’anziana madre, rimasta vedova, e alla sorella Giovanna dei modellini di aerei. Questi venivano venduti e il ricavato utilizzato dalla madre per sfamare la famiglia. Liberato alla caduta del fascismo nell'agosto 1943, si stabilisce a Roma, dove prende parte alla Resistenza nel Lazio nei GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) con il nome di battaglia "Paolo". Comandante di una formazione partigiana, si finge maggiordomo della villa sulla via Salaria di proprietà del regista Luchino Visconti, ma il 28 febbraio 1944 è scoperto e catturato dai tedeschi. Condotto nella pensione Jaccarino, è sottoposto a torture e sevizie da membri della banda Koch, per poi essere consegnato alle SS di via Tasso e lì incarcerato. Mocci cerca di salvarsi negando di essere un antifascista, non fa mai i nomi dei compagni complici delle sue attività, resistendo a pesantissime violenze fisiche e psicologiche. Il 24 marzo 1944 è fucilato dalle SS alle Fosse Ardeatine con altre 334 vittime come rappresaglia all'attacco effettuato il giorno precedente dai GAP di Roma in via Rasella. Il 4 novembre 2001 il suo paese natale gli ha intitolato una piazza.

Ritirata di Caspe
Battaglia dell'Ebro
Difesa di Barcellona
Annotazioni: Le fonti datano il trasferimento a Roma tra il 1920 e il 1922 e quello in Istria dopo tre anni. Secondo \\\"Vento del Sud\\\" in Spagna è nella compagnia mitraglieri del 2. battaglione della Brigata Garibaldi e l\\\'arresto a Mentone avviene il 14 dicembre 1941.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi