Menna Nicola di Ferdinando e Patella Anna, nato il 3 maggio 1901 a Patrasso (Grecia). Meccanico, anarchico. Oriundo di Castelfrentano, in provincia di Chieti. Ritenuto di ideologia anarchica, anche se non svolge mai attività politica. Prima dell’arrivo in Spagna colleziona una serie di condanne per reati comuni. Espulso dall’Egitto nel 1930 in quanto “pericoloso per la sanità e per la sicurezza pubblica”, raggiunge Barcellona. Lì il primo luglio 1933 subisce un arresto per un omicidio avvenuto nel corso di una rapina ad una gioielleria. Processato inspiegabilmente due anni dopo con i presunti complici gli anarchici Mario Bordoni e Maria Segni. Bordoni si assume tutta la responsabilità dell’omicidio e riceve una condanna a 20 anni, mentre Menna se la cava con una espulsione dalla Spagna alla fine del 1935. Allo scoppio della guerra civile, rientra in Spagna e nel luglio 1936 fa a parte della Sezione Italiana di Rosselli e Berneri, aggregata alla Colonna Ascaso della CNT-FAI. In Itali viene inserito nel Bollettino delle ricerche, schedina n. 0278 del 25 aprile 1936. In seguito è l’ideatore del cosiddetto “Battaglione della Morte”, reparto anarchico alle dipendenze del governo autonomo catalano comandato inizialmente da Candido Testa, di cui diviene Intendente. Nella primavera del 1937 Menna è arrestato per una serie di furti e per essersi allontanato dal reparto impadronendosi di un’automobile. Per questo il Tribunale lo condanna a morte per fucilazione, ma la sentenza non può essere eseguita in quanto Menna viene rilasciato dalla prigione in cui si trovava per ordine di Candido Testa. Appena liberato lascia la Spagna portandosi in Francia il 18 aprile 1937. A Marsiglia si presenta al consolato italiano di quella città in compagnia di una spagnola, chiedendo il rilascio del passaporto per la Grecia e l’Egitto, richiesta subito respinta. Allo scoppio della seconda guerra mondiale viene internato in un campo francese. Rimpatriato in seguito agli accordi di armistizio con l’Italia, è arrestato a Sanremo il 20 luglio 1940. Deferito alla Commissione Provinciale è condannato a cinque anni di confino a Ventotene, dove giunge il 17 settembre 1940. Successivamente trasferito a Renicci d’Anghiari (Arezzo), viene presumibilmente liberato dopo la caduta del fascismo e se ne perdono le tracce. In generale il suo contegno durante la guerra di Spagna viene giudicato in modo estremamente negativo dai suoi contemporanei. Secondo alcune fonti sarebbe da considerare un collaboratore dell'OVRA. Sebbene non esistano prove a riguardo, va segnalato che il suo comandante Candido Testa è quasi certamente un collaboratore dell'Ovra.