Familiari Andrea di Santo e Comerci Concettina, nato il 23 novembre 1904 a Palmi (Reggio Calabria). Maestro e giornalista, comunista. Trasferitosi con tutta la famiglia a Reggio Calabria, è legionario fiumano ed iscritto al Partito fascista dal 1920 al 1927, anno in cui viene espulso per indisciplina, e successivamente riammesso nell’anno 1931, senza però rinnovare ulteriormente la tessera. Emigrato nel 1933 con regolare passaporto, due anni dopo risulta in Spagna, a Barcellona, dove dichiara di essere fascista per farsi assumere dalla ditta italiana di oli d’oliva dei fratelli Moro, sostenitori del regime italiano, ma poi si lega ad ambienti antifascisti iscrivendosi al sindacato rosso UGT nella sezione di Arti Grafiche ed è ritenuto l'organizzatore del comizio all’ Ateneo Enciclopedico Popolare di Barcellona, nel quale rimane ferito il fascista Luigi Sofia. Nel 1934 inizia a lavorare a Valencia, nel giornale "El Mercantil Valenciano", e gode di una certa popolarità per il suo lavoro giornalistico e per essere il traduttore in spagnolo dell’opera del siciliano Nino Martoglio “San Giovanni Decollato. A Valencia sposa la cittadina spagnola Paz Azzati Cutanda (Valencia 17 giugno 1917 - Valencia 12 agosto 1995). Arrestato il 6 ottobre 1934, viene processato l’anno successivo per partecipazione ai moti di Barcellona avvenuti contemporaneamente all'insurrezione delle Asturie dell'ottobre 1934 e condannato a sei anni di carcere. La notizia del suo arresto ha ampio risalto sul giornale “El Mercantil Valenciano” con la foto di lui dietro le sbarre ed un articolo dove fornisce la sua versione dei fatti. Liberato dal carcere dopo la vittoria del Fronte Popolare, allo scoppio della guerra civile combatte a Madrid sul Guadarrama e poi ricopre diversi incarichi politici nel Partito Comunista spagnolo tra cui quello di delegato del Comitato Centrale a Comitato Provinciale di Albacete. Nel 1937 è assunto come redattore e speaker per le emissioni radio del Ministero di Propaganda a Valencia, Nel 1939 è a Valencia come direttore del quotidiano comunista “Verdad” e dove lo sorprende il colpo di stato anticomunista del colonnello Casado proclamato il 4 marzo 1939. Partecipa allora all’organizzazione della partenza di Alfredo Togliatti in aereo per sfuggire ai golpisti. Vanni rimane in Spagna fino al 29 marzo del 1939, quando chiede il passaporto per sé e la moglie per sfuggire alle rappresaglie dell’imminente sconfitta della Repubblica spagnola. Riesce ad imbarcarsi in extremis sul piroscafo “Lezardrieux” inviato in soccorso dal Comintern, lasciando però in Spagna la moglie. Giunge ad Orano in Algeria dove Rita Montagnana riesce a farlo sbarcare clandestinamente. Successivamente è internato in un campo a Bogaro, situato tra Orano e Algeri. Parte poi per l'Unione Sovietica dove giunge il 21 maggio 1939 a Leningrado col piroscafo “Cooperatsia” con Edoardo D’Onofrio imbarcato a Le Havre, Trasferito a Mosca deve adattarsi ai problemi della realtà sovietica, dove trova miseria, inefficienza e burocrazia. Da Mosca è portato a Zanki, un villaggio ad un’ora di treno da Karkov in Ucraina, dove è allestito un centro per i rifugiati dalla Spagna. Da lì è assegnato all’insegnamento per cui il 7 gennaio 1940 raggiunge Kùibiscev nella regione di Novosibirk ed inizia l’insegnamento a bambini spagnoli nella colonia numero 14 di Poliana Frunze. Allo scioglimento della colonia è inviato a Jevpatorija, una città della Crimea sul Mar Nero, ad insegnare alla colonia numero 6 per bambini spagnoli. A seguito dell’invasione tedesca la colonia viene spostata ad Est ad Otradnaya. Un mese dopo vengono trasferiti a Orloskove nella provincia di Rostov sul Volga. Licenziato a seguito di dissidi col direttore corrotto, si sposta a Saratov sul Volga, dove trova lavoro come insegnante degli apprendisti operai. Rientrato a Mosca Vanni è assegnato dal dall’Ufficio Quadri del Comintern alla fabbrica “Molotov” di Gorki come operaio, ottenendo per i suoi ritmi produttivi la tessera di operaio modello. Trasferito in un “sovcoz” (fattoria collettiva statale), partecipa alla dura vita dei contadini sovietici e in seguito denuncerà l’inefficienza e la corruzione dei responsabili di stato. Al termine della guerra mondiale viene rimandato alla colonia di Jevpatorija dove vengono fatti rientrare i bambini spagnoli, ormai adolescenti che le durezze della guerra hanno trasformato in molti casi in delinquenti. Nel marzo del 1946 apprende che la maggior parte degli italiani sono tornati o in procinto di tornare in Italia. L’autorizzazione al rientro viene gestita dal funzionario di Partito Paolo Robotti. Vanni decide allora di rientrare a Mosca e scrive a Robotti offrendosi di lavorare a Radio Mosca. Ottenuto l’assenso inizia il lavoro di redattore, giornalista e traduttore. Nell’ottobre del 1946 dopo sette anni riceve finalmente notizie dalla moglie e scopre che stata imprigionata nel 1939 e si trova ancora in carcere. Ammalatosi ai polmoni viene ricoverato in ospedale e licenziato da Radio Mosca. Finalmente riesce ad ottenere, malgrado l’ostilità di Robotti, l’autorizzazione a rientrare in Italia. Imbarcatosi ad Odessa giunge a Napoli il 12 luglio 1947. Nel 1949 in piena guerra fredda pubblica con lo pseudonimo di Ettore Vanni il libro di memorie "Io comunista in Russia", dove denuncia la grave situazione economica in Unione Sovietica ed le motivazioni del suo allontanamento dal Partito Comunista. Non sono noti i dettagli sugli anni successivi, né quando sia riuscito a riunirsi alla moglie rilasciata dal carcere spagnolo. In data sconosciuta si trasferisce in Spagna dove muore a Valencia il 27 aprile 1970.