Mastrodicasa Leonida di Liborio e Santovecchio Rosa, nato il 23 gennaio 1888 a Ponte Felcino (Perugia). Meccanico, anarchico. Nato in una famiglia di “sovversivi”, avviato al mestiere di fabbro fin da giovanissimo e attivista politico, a sedici anni si trasferisce a Terni, lavorando alle Acciaierie ed entrando in contatto con il locale gruppo libertario. E’ fondatore del gruppo giovanile anarchico di Ponte Felcino (Perugia) e nel 1906 viene arrestato con altri compagni una prima volta e malmenato. Nel 1909 è chiamato per prestare servizio militare presso il Reggimento di Fanteria di Piacenza ma, dopo alcuni mesi, diserta rifugiandosi a Milano. In seguito ad amnistia, nel 1911 torna a Perugia, trovando impiego presso un’officina meccanica. Nell'agosto 1914 espatria a Ginevra perché richiamato a partecipare alla guerra di Libia. Trasferitosi a Ginevra nel 1914, frequenta il gruppo anarchico di Luigi Bertoni che pubblica «Il Risveglio», avviando una collaborazione alla testata (che si protrae per un quindicennio) e distinguendosi come attivo antimilitarista. In seguito, chiamato alle armi nel 1914 con la mobilitazione dell'esercito italiano nella Prima guerra mondiale, rifiuta di rientrare in Italia ed è dichiarato disertore. Nel giugno del 1919, “a causa della sua turbolenta attività” è arrestato e successivamente internato nella colonia penitenziaria di Orbe. Nel novembre dello stesso anno è colpito da decreto di espulsione e rimpatriato con foglio di via obbligatorio. A Perugia gli viene contestata la diserzione ed è inquadrato nel plotone misto del Comando di Distretto ed assegnato al Deposito del 51. Reggimento Fanteria. Fugge nel trasferimento ma viene catturato il giorno successivo a Ponte Felcino. Tradotto a Brindisi presso la Delegazione Intendenza Albania-Macedonia, viene destinato in un reparto di stanza in territorio albanese. Nel 1920 si ammala di malaria ed è rinviato in Italia e, a ottobre, aggregato al Distaccamento malarici di Arpino (Frosinone). Dopo un mese di convalescenza, a dicembre è assegnato, come caporale, al 79. Reggimento Fanteria di Venezia. A gennaio del 1921 è congedato e torna a Perugia dove, grazie al fratello, trova lavoro presso la SIAMIC (Società industrie aeronautiche e meccaniche Italia centrale). Si distingue come dichiarato antifascista ed è denunciato in aprile insieme ad altri anarchici per associazione sovversiva e detenzione e fabbricazione di esplosivi. Quando viene raggiungo da mandato di cattura, si dà alla latitanza ma a novembre è assolto per insufficienza di prove. Dal 1922 al 1927 si trova a Milano, dove lavora come operaio meccanico presso diverse officine. Alla fine di giugno 1925 prede parte ai lavori del Convegno dell’USI (Unione sindacale Italiana) a Genova. A maggio del 1927 è colpito da diffida per attività anarchica. Espatria ad ottobre clandestinamente in Francia dalla Val d’Aosta con l’aiuto del fratello e dopo un periodo a Marsiglia, dove viene raggiunto dalla moglie Lidia Telline e dalla figlia, si stabilisce nei dintorni di Parigi (Hauts-de-Seine), dove continua nell'intensa attività antifascista nel movimento anarchico, collaborando ala periodico “La Lotta umana” (del gruppo “Pensiero e Volontà”, ed al giornale “Fede!”. Infatti, nel 1929 è tra i promotori della sezione dell'Unione Comunista Anarchica Italiana in Francia e del quindicinale "La lotta anarchica" che dirige insieme a Berneri. Nel 1933 poi entra nel Comitato nazionale pro-vittime politiche d'Italia e della LIDU. Alla fine dell'anno partecipa alla fondazione della Federazione Anarchica Comunista dei Rifugiati Italiani in Francia e entra nel comitato della redazione dell'organo del movimento "Lotte sociali". Collabora anche con “L’Adunata dei Refrattari” di New York. Tra il 1933 e il 1935 è colpito da diversi decreti di espulsione che lo impegnano nel rendersi irreperibile ed evitare il rimpatrio, partecipando nel '35 alle agitazioni per la richiesta di diritto d'asilo, proponendo l’attuazione dello sciopero della fame come strumento di protesta. Nel gennaio successivo è arrestato per infrazione al decreto di espulsione e per uso di documenti falsi ed è condannato a quindici giorni di carcere. Nel luglio 1936 fa parte, assieme a Virgilio Gozzoli e Umberto Tommasini, del Comitato Anarchico pro Spagna di Parigi per coordinare l'invio di armi e volontari. Alla fine del '36 si trova a Barcellona dove aderisce alla CNT-FAI, collaborando col giornale di Berneri “Lotta di Classe”. Il suo nome figura anche in un elenco di volontari combattenti nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri aggregata alla Colonna Ascaso della CNT-FAI. Nel dicembre 1936 fa modo parte dell'Ufficio Politico anarchico di Barcellona. Dopo l’assassinio di Camillo Berneri, con cui condivideva la casa, durante gli scontri che dal 3 al 7 maggio 1937 contrappongono il governo autonomo catalano agli anarchici spalleggiati dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), rientra in Francia alla fine dell’estate per sottrarsi alle rappresaglie che colpiscono gli anarchici ed il POUM. Ad ottobre del 1937 è segnalato a Parigi, dove continua nella sua attività antifascista e a dicembre partecipa al Congresso nazionale degli anarchici italiani a Marsiglia. A Mastrodicasa è anche affidato il compito di redigere il «Bollettino d’informazioni dell’UAI», che egli riesce a pubblicare fino al dicembre 1939, nonostante affetto da tubercolosi e ricercato dalla polizia francese per essere espulso. Fallisce il tentativo di sottrarsi all'espulsione arruolandosi nella Legione straniera come molti ex reduci spagnoli. Risulta tra gli organizzatori della Resistenza parigina finché agli inizi del 1941 si fa arrestare dai tedeschi, pare per ottenere la libertà per i suoi familiari. Viene deportato, insieme a Giovanna Berneri e altri anarchici italiani in Germania, è internato nel campo di concentramento di Treviri, dove muore di tubercolosi il 20 maggio 1942 nella clinica ospedaliera di Marien-Krankenhaus. Sepolto nel cimitero della città tedesca, dopo la fine della guerra, il governo francese di De Gaulle assegna la Legion d'Onore di 3. classe alla sua memoria in quanto eroe partigiano e riconosce alla moglie, Linda Tellini, il diritto alla pensione come vedova di guerra. L'amministrazione comunale di Perugia, nel 1968, intitola a suo nome una delle vie principali di Ponte Felcino.

Annotazioni: La scheda biografica è in in parte integrata da notizie tratte da : http://www.antifascismoumbro.it/personaggi/mastrodicasa-leonida; Dizionario biografico degli anarchici italiani / diretto da Maurizio Antonioli ... [et al.]. V. 2: I-Z. - Pisa : BFS, [2004]. - 802 p., [8] c. di tav. : ill. ; 25 cm.. - [ISBN] 88-86389-87-6. - [BNI] 2005-5992., p. 126-128.