De Leone Mario di Tommaso e Prodromo Giannina, nato il 2 luglio 1889 a Napoli. Comunista internazionalista. Il padre è pensionato delle Ferrovie dello Stato e la madre una casalinga. Frequenta le scuole tecniche, conseguendo il diploma di ragioniere e poi si impiega nella Compagnia del Gas di Napoli. Sposa Minieri Giuseppa che gli da due figli. Coltiva però ambizioni letterarie e il primo luglio 1914 una sua poesia è pubblicata su “Lacerba” una importante rivista letteraria fiorentina di avanguardia. Nel 1915 un’altra sua poesia compare sul periodico ’”Eco napoletano”. Pubblica tre volumi di componimenti poetici, “In sordina. Poesie“ (1913), “Sonorità. Liriche” (1916) e “Le dolci stagioni. Purezze” (1917). Una sua breve pièce appare nella primavera del 1916 sulle pagine di “Teatro Futurista Sintetico”. Il suo abbandono della vocazione letteraria procede di pari passo con l’adesione al Partito Socialista Italiano (PSI) e, all’interno di esso, alla tendenza intransigente e rivoluzionaria che ha, come massimo esponente, il suo coetaneo Amadeo Bordiga. Nel 1918 pubblica articoli sul suo periodico “Il Soviet”. Nel luglio 1918 tiene un comizio nel quadro dello sciopero generale internazionale a favore della Russia sovietica. Candidato per la lista socialista il 13 luglio 1919 viene eletto con 5000 voti alla Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro di Napoli. Nel 1919 aderisce alla Frazione astensionista del partito, nel 1921 è tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia. Un anno dopo, al II Congresso provinciale del PCd’I napoletano svoltosi sotto la guida di Bordiga, De Leone risulta eletto nel Comitato provinciale e nell’Esecutivo napoletano. La repressione fascista lo costringe ad espatriare nel 1922 e si reca in Austria a Vienna e Germania con la scusa di acquistare per una ditta ricambi automobilistici. Ottenuto a Berlino il visto parte per l’Unione Sovietica raccomandato da Amedeo Bordiga. Qui ritrova Ambrogi, Silva e Virgilio Verdaro ed è eletto segretario dei gruppi di lingua italiana del Pcd'I, lavorando in una cooperativa agricola e di consumo nei dintorni di Mosca ed iscrivendosi al Partito Comunista bolscevico. De Leone vive nella Russia sovietica per oltre sette anni, fino al novembre 1929, eccetto la breve parentesi del suo rientro a Napoli tra gli inizi di settembre e la fine di ottobre 1925. Nulla si conosce dell’attività politica che svolge a Mosca durante quasi tutto il biennio 1926-27, anche se fa sicuramente parte del gruppo bordighista guidato da Virgilio Verdaro e Ersilio Ambrogi. Dopo aver partecipato alle celebrazioni del decimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre e dopo l’esilio del suo amico Trotsky ad Alma Ata, nel 1928 partecipa a Pantin in Francia al congresso costitutivo della Frazione di sinistra dell'Internazionale comunista, evoluzione della preesistente Frazione di sinistra del Pcd'I. All’inasprirsi delle repressioni nel partito, De Leone è consigliato di espatriare e riesce faticosamente a ottenere il rinnovo del passaporto dall’ambasciata italiana a Mosca che gli permette di raggiungere la Svizzera nel novembre 1929, insieme alla moglie Giuseppina Minieri e ai suoi due figli, Ovidio e Wanda ed è segnalato a Lucerna, a Basilea, dove dichiara di voler aprire un negozio di agrumi. Espulso dal paese elvetico ripara in Francia ad Annemasse (Alta Savoia) dove apre una drogheria chiamata “Epicerie du Pont d’Ambilly” in Rue de l’Hopital, e poi a Marsiglia dove incontra il suo vecchio amico Dino Fienga. Nello stesso anno il suo nome compare tra i sovversivi editi nel Bollettino delle ricerche (schedina n. 6129 datata 28 settembre 1929). A Marsiglia mette in piedi con Dino Fienga una fabbrica di biscotti la Savoy Cakes in Rue Montevideo che però fallisce e la fabbrica viene pignorata. La moglie ammalata gravemente malata, muore in ospedale a Tolosa e De Leone è quindi costretto a mandare i due figli nati a Mosca a Napoli dalla madre e la cognata Gilda Minieri affinchè se ne facciano carico. Lui rimane a Marsiglia partecipando alle riunioni della Frazione bordighista. che nel luglio 1935 aveva adottato il nuovo nome di Frazione italiana della Sinistra comunista. Scoppiata la guerra in Spagna il 17 agosto 1936 la Federazione marsigliese ritiene nella sua maggioranza che si tratti di uno scontro tra schieramenti borghesi e perciò i proletari non debbano partecipare alla guerra. Viene comunque deciso di inviare De Leone per tentare la creazione di un vero Partito Comunista che potesse guidare una transizione rivoluzionaria. All’arrivo il 19 agosto incontra Bruno Sereni, ancora convalescente dalla ferita subita l’1 agosto a Siètamo (Huesca). De Leone, amico di Andreu Nin segretario del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), gruppo comunista dissidente, aderisce alla Colonna Lenin organizzata quel partito, ove già si trova Enrico Russo, Bruno Zecchini, seguiti poi da altri militanti e simpatizzanti tra cui Gildo Belfiore, Mario Bramati, Enrico Cesarin, Francesco Fortini, Emilio Lionello, Constante Mengoni, Renato Pace e Salvatore Velotto che hanno costituito la Federazione barcellonese della Frazione. L’Esecutivo di Bruxelles invia una delegazione per valutare la situazione e ordina allora di “rompere ogni intesa con il POUM” e di “sciogliere la colonna”, che viene considerata parte di un esercito borghese, per dedicarsi invece ad un lavoro politico tra i proletari. A fronte delle indicazioni di Bruxelles, De Leone si attiva per trovare un lavoro con gli altri italiani che lasciano la Colonna per seguire le indicazioni dell’Esecutivo. Le posizioni politiche di De Leone e dei suoi compagni italiani a Barcellona rimangono comunque sostanzialmente antitetiche rispetto a quella della delegazione maggioritaria, e lui stesso ha occasione di ribadirle più volte in occasione del viaggio di due settimane in Francia effettuato, tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre, insieme a Turiddu Candoli, uno dei tre delegati della maggioranza. De Leone, l’8 ottobre rientra a Barcellona, dove viene ospitato dal POUM all’Hotel Falcón. Il 12 ottobre 1936, mentre la Columna Internacional Lenin si appresta a ripartire per il fronte sotto il comando di Russo, che era stato autorizzato dal gruppo, in considerazione del suo incarico militare di alta responsabilità dopo un breve periodo di riposo a Barcellona, i miliziani bordighisti (Belfiore, Bramati, Lionello, Pace e Zecchini) decidono di abbandonarla in segno di protesta contro il decreto di militarizzazione, che avrebbe limitato la loro azione politica Mentre divampa la discussione tra le diverse fazioni bordighisti, De Leone viene a mancare. Sulla sua morte esistono diverse versioni. La versione più probabile è quella del suo amico Dino Fienga per cui muore d’infarto il 5 novembre 1936 nella “Pension Parisienne” di Barcellona in Plaza del Teatro 2-4, di fronte all’Hotel Falcòn. Secondo il racconto i due si trovano insieme nella pensione fino a quando De Leone dice “Tengo un dolore qua dentro”. Fienga gli suggerisce di prendere un’aspirina. De Leone si avvicina al lavandino per prender l’acqua e improvvisamente si accascia. Soccorso da Fienga che gli somministra alcune iniezioni, viene chiamata un’ambulanza, ma non c’è più niente da fare. Le esequie vengono annunciate il 7 dal quotidiano del POUM “La Batalla”. Il corteo parte della sede del POUM dove la salma resta esposta tutta la mattina. Al termine di una cerimonia solenne De Leone viene sepolto nel cimitero di Barcellona in un tumulo dove l’amico Berardino Fienga fa collocare una lapide: ”A Mario De Leone, dolce poeta quanto tenace lottatore, l’amico della giovinezza turbolenta e sognatrice, a memoria del sodalizio pose”. Il testo è riprodotto il 22 novembre sulla prima pagina di “Prometeo” con un articolo commemorativo.