Cristino Giuseppe di Pietro e Capozzi Michelina, nato il 1° maggio 1918 a Montecalvo Irpino (Avellino). Studente, antifascista. Studia e vive a Napoli nel rione Mater Dei. Dopo aver conseguito il diploma di istituto magistrale, si iscrive all’Università. Il 19 marzo 1938 si reca a Parigi per una gita con passaporto collettivo, e da qui si allontana deciso a partire per la Spagna. Un italiano conosciuto al ristorante, un certo Giuliani, lo accompagna al centro di arruolamento volontari per la Spagna, presso la Maison des Syndicates in Rue Maturin Moreau. Il 14 aprile 1938 è condotto a Nimes (Gard), da dove con altri volontari raggiunge i Pirenei che attraversa a piedi, giungendo in Spagna a Figueras il 17 aprile 1938. Da lì prosegue per Basalù (Gerona), dove viene addestrato fino al mese di maggio. Nei primi giorni di giugno viene assegnato alla brigata Garibaldi, 3. battaglione, 2. compagnia mitraglieri. Fatto prigioniero dai franchisti il 13 settembre 1938, durante la battaglia dell’Ebro, sulla Sierra de Caballs. Viene rinchiuso nel monastero-prigione di San Pedro de Cardeña (Burgos) destinato a prigionieri internazionali, da dove scrive più volte ai familiari, esprimendo un forte attaccamento alla famiglia e la voglia di scrivere il più possibile, sperando che almeno una lettera giunga a destinazione. Particolarmente angosciosa è la sua completa ignoranza della sorte dei suoi cari che rende ancora più insopportabile la sua pena. Solo e malnutrito, prigioniero in una terra straniera, nelle lettere racconta una vita di attese e di speranze che gli evitano però “di morire disperato”. Il 25 agosto 1939 la famiglia Crispino riceve una lettera proveniente dalla Francia, firmata Robert Steck, probabilmente uno pseudonimo del mittente che ove si legge: “sono un amico di vostro figlio Giuseppe, col quale ho trascorso diversi mesi di prigionia a San Pedro in sua compagnia. Essendo stato più fortunato di lui sono stato oggi rilasciato libero. […] Intanto lasciate che vi dica qualcosa in merito alla situazione ed al modo come voi potreste assisterlo. La situazione dei prigionieri è veramente triste: Essi soffrono per la malnutrizione. In tutta la Spagna esiste una scarsezza di cibi e naturalmente i prigionieri soffrono più degli altri. Le loro condizioni di vita in generale dono anche pessime. Al presente i prigionieri è permesso ricevere pacchi e denaro. Vi consiglierei quindi di inviargli dei pacchi di viveri. Il denaro potete inviarlo a mezzo della Croce Rossa. Innanzi tutto scrivetegli spesso, perché non tutte le lettre gli pervengono. Di modo che scrivendo spesso egli ne riceverà sempre qualcuna.” I genitori di Giuseppe seguono i consigli e scrivono al figlio rappresentandogli immagini di vita quotidiana, le difficoltà di tutti i giorni, gli esami superati, la vita sempre uguale, sperando in questo modo di abbattere le distanze. Nelle parole della madre traspare la disperazione per l’assenza del figlio e la gioia di riceverne notizie nuove “Non mi sembra vero che nelle mie mani ho la tua calligrafia”, come avere in mano la lettera sia come stringere di nuovo a sé quel figlio lontano. Nel novembre del 1939 Cristino torna a scrivere ai suoi, ma le lettere dal campo si fanno nel tempo sempre più rare e confessa di non avere neanche il denaro necessario per comprare una cartolina. Integrato in seguito nelle compagnie di lavoro, passa nei campi di concentramento di Saragozza, Belchite e Alcazar de San Juan e muore in prigionia il 18 agosto 1941 nel carcere di Palencia per complicazioni da febbre tifoide.