Aureli Pietro, di Eugenio (per Alvaro Lopez di Luigi), caposquadra nel carcere locale, e Benucci Italia casalinga, nato il 28 settembre 1905 a Montelupo Fiorentino (Firenze). Pescatore, anarchico. Trasferitosi a Piombino con la famiglia nel 1910, Pietro frequenta le prime classi elementari. In seguito è bracciante, quindi pescatore e merciaio. E’ a Piombino che Pietro inizia il lavoro di pescatore ed ha le prime frequentazioni con ambienti anarchici, durante gli scioperi per l’occupazione che avevano prodotto, nel 1920, cruenti movimenti di lotta e molti arresti tanto a Piombino che nei piccoli centri agricoli della attigua Val di Cornia. Il 30 aprile 1931 viene arrestato, , per aver emesso “grida e canti sovversivi” e offeso i militi della MVSN. Processato il 29 maggio 1931, è condannato a 40 giorni di carcere per il reato di oltraggio alla forza pubblica, ma assolto dall’accusa di grida sediziose ed espia completamente la pena. In seguito è sospettato di aver favorito l’espatrio clandestino di alcuni antifascisti piombinesi in Corsica e diventa amico di Italiano Giagnoni, un anarchico massetano, che è stato membro della “Banda del Prete”, un’organizzazione di disertori armati, che agiva nelle macchie di Tatti, Prata e Roccatederighi durante la Grande Guerra. Poi, nel giugno 1936, si stabilisce a Talamone dove ripara le barche da pesca. Successivamente, nell’estate del 1937, riceve 900 lire, frutto di una sottoscrizione degli antifascisti, da Aristeo Banchi, Ilario Cannoni e altri antifascisti di Grosseto, per acquistare un natante che permetta ad alcuni oppositori di andare in Spagna a combattere. Acquistata una piccola imbarcazione a remi a Porto Ercole chiamata “Alba” da un certo Genesio Loffredo, Aureli la ripara e la mette a punto per il viaggio; parte il 21 agosto 37 (dopo aver fatto salire a bordo Angiolo Rossi, Vittorio Alunno, Luigi Amadei e Italo Giagnoni) dalla spiaggia delle Marze di Castiglione della Pescaia in direzione Corsica. Arrivati nel porto di Macinaggio, malgrado l’azione di disturbo di un guardacoste francese a Capo Corso, i cinque grossetani sbarcano venendo arrestati e trasferiti a Bastia. Respinti gli inviti dell'autorità locale ad arruolarsi nella Legione straniera, con la promessa di acquisire la nazionalità francese dopo 5 anni, Aureli e gli altri sono rilasciati e firmano un contratto con un imprenditore di carbone per tagliare legna vicino ad Aiaccio. In seguito al contatto col PCI attraverso un comunista corso, il gruppo (ad eccezione di Italo Giagnoni, respinto perché quasi cieco da un occhio) raggiunge la Spagna attraverso la Francia e i Pirenei. Il 1° ottobre 1937 ad Albacete, dopo un breve addestramento militare, Aureli si arruola nella Brigata Garibaldi (3° battaglione, 1° compagnia). Combatte in Estremadura nel febbraio e sul fronte di Aragona nel marzo 1938; quindi, nella primavera del 1938, è aggregato al battaglione di disciplina della 44. Divisione dove subisce maltrattamenti continui e minacce e con cui combatte a Caspe e sull'Ebro, fino alla decisione del governo repubblicano di ritirare i volontari stranieri nel settembre 1938. Trasferito al campo di smistamento di Torellò nell’ottobre 1938 a seguito della caduta di Barcellona il 26 gennaio 1939, è costretto a mettersi in marcia verso la frontiera con gli altri volontari e le colonne di profughi. Si impone dover segnalare, caso curioso ma non unico fra i volontari anarchici rimasti sui fronti sino alla fine del cimento spagnolo, come Pietro Aureli possa aver abbandonata la fede anarchica per aderire al Partito Comunista. Lo attesterebbe che egli venga elencato, dall’Ufficio Quadri del P.C.E. per la costituzione di un” 1° convoglio per il Messico” (3 gennaio 1939), con queste caratteristiche: “Pescatore-Comunista-Attivo-Buono-Da valutare il suo passato”. Entrato in Francia il 7 febbraio 1939 dopo alcuni giorni di attesa dell’autorizzazione del governo francese, è internato ad Argelès-sur-Mer. In Italia è iscritto in Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche nel novembre 1939 come “bracciante comunista pericoloso da arrestare” (sarà schedato dalla Prefettura di Livorno solo il 15 dicembre di quell’anno). Nel marzo 1940 viene trasferito al campo di Gurs (sezione E). Qualche settimana dopo viene incorporato d'autorità nella 253. compagnia di lavoratori stranieri incaricati di fortificare la frontiera francese e finisce nel campo di Moulin de Torpac (Noordpeene par St. Omer-Pas de Calais; si rivolgerà inutilmente all'Agenzia consolare di Pau (Pyrénées Atlantiques) per essere liberato. Arrestato dai nazisti a Dunquerque (Pas de Calais) nel giugno 1940, viene internato nell'ex ospedale militare di Reims (Marne) trasformato in campo di concentramento, insieme con il toscano Egidio Fossi ed altri volontari della guerra di Spagna. E’ riconsegnato alle autorità francesi in dicembre e dal luglio 1941 lavora a Guerigny (Niève) sulle coste della Loira, in un’azienda controllata dai nazisti, avanzando inutilmente richiesta di rimpatrio. Nuovamente arrestato è deportato dai nazisti in Germania in data imprecisata, vi resta fino al 1945. Rientra in Italia alla finr del conflitto, malato di TBC ed in completo stato di indigenza. L’ANPI di Livorno ne assiste –fra il ‘47 ed il ‘48—le pratiche per l’ottenimento della pensione di guerra. e risiede a Firenze negli anni Sessanta, per poi tornare a Livorno dove muore il 18 settembre 1987. E’ sepolto al cimitero della Cigna o dei Lupi, reparto A fila 5. Sulla lapide si legge “Combattente di Spagna”.

Annotazioni: Scheda biografica integrata con informazioni raccolte da Ilaria Cansella e Francesco Cecchetti per la banca dati ISGREC sui volontari antifascisti toscani in guerra di Spagna: http://gestionale.isgrec.it/sito_spagna/ita/grossetani/aureli_ita.htm (URL consultata il 1° maggio 2021) e nel Dizionario biografico online degli anarchici italiani https://www.bfscollezionidigitali.org/collezioni/6-dizionario-biografico-online-degli-anarchici-italiani