Cavaleri Onofrio di Angelo e Calabritto Grazia, nato il 21 febbraio 1890, a Licata (Agrigento). Operaio, anarchico. Da giovane emigra con regolare passaporto in Argentina a Buenos Aires., dove alloggia dallo zio. Lavora come cementista, prima come dipendente, poi fonda una società di fabbricazioni mattonelle in cemento. Si lega ad una donna argentina Gracia Gonzales dalla quale avrà una figlia. Rientra in Italia nel 1922. Dopo un matrimonio nel 1926 che si conclude dopo pochi giorni, Cavalieri si porta al Nord stabilendosi in Liguria a Savona, dove lavora come fotografo presso un cognato con il quale acquista uno studio fotografico ad Ovada. Tenta di espatriare in Francia clandestinamente, ma viene arrestato e condannato. Fallito lo studio fotografico nel 1936 fa ritorno a Genova, dove chiede il passaporto per poter ritornare in Argentina. Al rifiuto del consolato, espatria clandestinamente in Francia, dove tenta di imbarcarsi senza successo a Marsiglia. Passa allora in Belgio, prima a Bruxelles e poi ad Anversa, dove entra in contatto con i gruppi anarchici. Scoppiata la guerra di Spagna, è prima capitano nella Colonna “lberia” organizzata dalla FAI (Federaciòn Anarquista Iberica), e poi combattente nella brigata Garibaldi. Ricoverato per malattia nel 1937, rientra a Bruxelles nel giugno 1938, sostenuto dal Fondo Matteotti del Soccorso Rosso, ma dove viene arrestato per mancanza di mezzi di sussistenza ed espulso in Francia il primo luglio 1938. Espulso anche dalla Francia riesce a tornare a Bruxelles, dove il 10 agosto 1938 ottiene il permesso di soggiorno. Dopo alcuni ricoveri in ospedale viene internato in un campo di concentramento fino allo scoppio della guerra mondiale, quando dopo l’invasione del Belgio, passa in Francia dove viene arrestato ed internato a Gurs dove rimane 19 mesi. Dopo il crollo della Francia sotto l’attacco italo-tedesco su richiesta della Commissione Italiana per l’Armistizio con la Francia (CIAF), Cavalieri viene tradotto in Italia nel 1942. Arrestato al confine di Mentone, viene deferito alla Commissione provinciale che lo assegna al confino a Ventotene per 5 anni. Liberato nell’agosto del 1943, si trasferisce a Milano. Poi se ne perdono le tracce.