Casella Antonio Silvio di Luigi e Angella Maria Cecilia nato il 23 marzo 1895 a La Spezia. Fonditore, anarchico. Frequentate le scuole elementari, si avvicina giovanissimo agli ambienti anarchici e, trasferitosi insieme alla famiglia a Savona dove risiede in via del Molo 4-6, già nel 1912 si mette in luce partecipando alle attività del movimento nel gruppo “P. Gori” . Occupato come in manovale nella Siderurgica negli stabilimenti industriali di Savona e di Vado Ligure si forma una discreta cultura politica, leggendo le pubblicazioni sovversive. Nel 1914 Casella si pronuncia fermamente contro l’intervento italiano nella guerra mondiale mettendosi in evidenza come uno dei più attivi protagonisti del gruppo anarchico. Il primo gennaio 1915 Casella lascia il posto di fonditore allo stabilimento Westinghouse di Vado Ligure per trasferirsi allo stabilimento Servettaz di Savona, ma dopo 10 giorni viene licenziato per mancanza di lavoro. Inscritto alla leva di mare in attesa della chiamata Casella trova lavoro come manovale al porto di Savona per essere poi nuovamente riassunto alla Servettaz come calderaio il 12 agosto. Il 27 ottobre 1915 è finalmente designato al Corpo Reale Equipaggi a La Spezia dove viene sorvegliato dalla polizia per i suoi precedenti politici. In seguito Casella viene imbarcato come fuochista sulla nave “Conte di Cavour”, dove continua a professare le sue idee politiche. Infatti il 3 agosto 1917 gli viene sequestrata dal Capitano di Vascello Solari, una cartolina diretta ad un certo Segatta Giuseppe, dove esprime chiaramente concetti contrari alle istituzioni ed alla guerra. Viene pertanto sbarcato a Taranto e messo a disposizione delle autorità. Presta servizio sulle navi da guerra fino al 1919, allorché viene congedato dopo la disfatta asburgica. Nonostante i provvedimenti disciplinari nel 1920 Casella riprende l’attività politica e raccoglie, insieme a Umberto Marzocchi e a Costante Danesi, delle sottoscrizioni per il Comitato pro vittime politiche, che vengono versate a Lanciotto Benvenuto, Raimondo Giraffa, Giuseppe Cozzani, Pasquale Binazzi, Carlo Cafiero Godani e Giuseppe Bacchini e alle loro famiglie. Nel 1921 si trasferisce a La Spezia dove gestisce con la moglie una latteria in via Montenotte. In città interviene a manifestazioni sovversive e collabora con un gruppo di militanti libertari legati a Pasquale Binazzi e Ottavio Tonietti. Diviene allora membro comitato spezzino di difesa proletaria che confluisce negli Arditi del Popolo e si oppone con estrema decisione alle violenze squadristiche. Nel 1922 espatria clandestinamente in Francia perché accusato dell’omicidio dei fascisti Augusto Bisagno e Amedeo Mariani, avvenuto a Sarzana nel luglio 1921 e si stabilisce a Marsiglia, dove incontra Gino Lucetti e ha modo di conoscerne le intenzioni e i progetti. Nel luglio 1924 processato in contumacia viene assolto il 17 luglio per insufficienza di prove, ma viene comunque iscritto nella Rubrica di Frontiera. Intanto Casella si è stabilito a Marsiglia dove conosce Gino Lucetti. Nel 1926 Casella è accusato di complicità nell’attentato di Lucetti contro Mussolini e di essersi espresso a favore ad un piano per l’uccisione di Arnaldo Mussolini, ideato dall’ex redattore de «L’avvenire anarchico» di Pisa, Renato Siglich (pseudonimo: Renato Souvarine), per liquidare a colpi di bombe il capo del fascismo durante i funerali del fratello, è colpito, il 26 maggio 1927, da un mandato di cattura del Tribunale speciale fascista, che lo accusa di aver rafforzato la determinazione “criminosa” di Gino Lucetti ad attentare alla vita del duce, dicendogli che se il gesto “fosse riuscito sarebbe finito il fascismo in Italia” e i “partiti estremi” sarebbero saliti “al potere”. Processato in contumacia è prosciolto il 3 dicembre 1927. Si sposta allora a Parigi con la sua compagna Josephine Pourcel ed il figlio, dove si guadagna da vivere facendo il rappresentante di libri. Se si crede alle fonti di polizia, tenta di arruolarsi nelle “legioni” di Ricciotti Garibaldi. Qualche mese dopo è a Lyon, da dove manda delle piccole somme a «La Diana» di Parigi, il foglio diretto dal discusso anarchico Paolo Schicchi. La sentenza assolutoria nei suoi confronti per i fatti di Sarzana del 1921, viene annullata e nel nuovo processo Casella viene condannato il 15 dicembre 1930 a 30 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Genova. Il 18 maggio 1930 Casella è segnalato a Lione come acceso anarchico e propagandista. Avrebbe sposato una certa Guelandri, sorella di Andrea Guelandri, da Poggio Renatico (Ferrara), anarchico abitante a Nizza. Trasferitosi a Parigi Casella si sposta ad Algeri dove lavora alla Libraire Cosmopolite. Nel settembre 1933 è incluso nella lista degli attentatori. Frequenta nel 1935 altri anarchici come Boccardi, Lari e Lucchini e dal 1935 vede spesso Vindice Rabitti. Nella primavera del 1936 è in Francia, dove assiste, a Parigi, alle conferenze, che Tintino Persio Rasi tiene sul diritto d’asilo e sul comunismo libertario. Di nuovo ad Algeri nell’agosto 1936, informa la madre di Rabitti, Marta Torri, che il figlio è partito per la Spagna, “in compagnia di altri animosi per la difesa della Repubblica minacciata dalle orde di Franco…”. Rientrato a giugno a Parigi risiede in rue des Amandiers. Il 4 dicembre 1936 parte per la Spagna da Tolone dove si arruola nella divisione Ascaso della CNT-FAI, nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri a maggioranza anarchica. La conferma della sua presenza ci vien anche dai ricordi di Vindice Rabitti. Nel marzo del 1938 Casella è già uscito dalla Spagna forse a seguito dei fatti di Barcellona del maggio 1937 che contrappongono gli anarchici ed il POUM ai comunisti ed il governo catalano, e si trova a Villeurbanne, nelle vicinanze di Lione. In Italia il suo nome risulta sempre nella Rubrica di frontiera per il provvedimento dell’arresto ed il nome nel 1940 viene trasmesso dalla polizia collaborazionista ai nazisti per la cattura come pericoloso sovversivo. Lo stesso anno viene segnalato ad Algeri dove gestisce una bottega di romanzi a dispense di proprietà dell’ingegnere Ettore Carrozzo. Si ignorano data e luogo di morte.