Carbonaro Biagio di Raffaele e Colombo Elisa, nato il 23 maggio 1915 a Tunisi ma di famiglia originaria di Comiso (Ragusa). Elettromeccanico, anarchico. Il padre Raffaele scalpellino emigra a Tunisi in cerca di lavoro. Biagio si iscrive alla scuola francese dove segue studi tecnici fino al diploma di elettricista. Inizia quindi a lavorare con uno zio in un’azienda che istalla impianti elettrici per committenti inglesi, dove impara l’inglese, sperimenta l’istallazione di ponti radio e costruisce prototipi di auto elettriche. Con l’avvento del fascismo in Italia sviluppa un’ideologia antifascista e libertaria legandosi ai gruppi anarchici che a Tunisi si scontrano spesso con i fascisti, pur essendo contrario alla strategia degli attentati propugnata da alcuni anarchici. A Tunisi si lega a Vincenzo Mazzone e Filippo Politi che saranno con lui volontari in Spagna. A Seguito dello scoppio della guerra civile in Spagna, il 2 novembre 1936 lascia Tunisi assieme a Vincenzo Mazzone, ufficialmente per recarsi a lavorare in Francia, ma subito da Marsiglia si porta in Spagna, giungendo a Port Bou il 6 novembre 1936. Da lì si trasferisce con altri compagni a Barcellona nella Sede della FAI con una lettera di presentazione della Federazione Anarchica Italiana di Marsiglia. Si arruola nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri, aggregata alla Colonna “Ascaso” della CNT/FAI e mantiene i contatti con i compagni di fede politica in quanto le sue lettere vengono pubblicate sul settimanale antifascista “L’italiano a Tunisi”. In Italia è inserito nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di frontiera per il provvedimento di arresto. Allo scioglimento della Sezione italiana per i dissidi relativi all’ordine di militarizzazione delle milizie da parte del governo repubblicano, rimane nei reparti anarchici (probabilmente la Colonna “Durruti” che si trasforma poi in 26. Divisione Durruti). Assegnato ai reparti corazzati è autista dell’autoblindo numero 3 “Exterminador” e combatte sul fronte di Huesca. Il 7 maggio 1937 viene ferito al piede a Carrascal de Huesca e ricoverato in un ospedale di Barcellona. Guarito riprende la lotta partecipandovi fino al 1939, quando riesce a riparare a Marsiglia evitando l’internamento nei campi francesi. Dopo aver tentato inutilmente di rinnovare in consolato il passaporto italiano, rientra clandestinamente a Tunisi, dove dopo l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi e la formazione del governo collaborazionista di Vichy, deve mantenersi nascosto, riuscendo a far perdere le sue tracce alla polizia italiana. Il 13 marzo 1943 Tunisi è occupata dalle forze alleate. In vista dello sbarco in Sicilia gli alleati reclutano agenti tra gli italiani antifascisti a Tunisi, Carbonaro è arruolato il 5 luglio 1943 dai servizi americani dell’OSS (Office for Strategic Services) nella Special Operations Branch, scelto per la sua esperienza militare e la conoscenza delle lingue. E’ destinato ad azioni di spionaggio e sabotaggio dietro le linee nemiche. Sbarcati gli anglo-americani in Sicilia, iniziano la loro avanzata in Italia, Carbonaro dopo lo sbarco di Salerno del 9 settembre 1943 è paracadutato segretamente a Paestum, per preparare insieme agli antifascisti locali, la liberazione di Napoli col suo responsabile, il capitano corso Andrè Pacatte. Da Paestum si spostano ad Amalfi, a Capri infine ad Ischia per organizzare la rivolta della città. Carbonaro è tra gli agenti alleati che sostengono i patrioti napoletani nel corso della quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943). Liberata la città dopo l’arrivo degli alleati si stabilisce nella sede dell’OSS a Villa Maria in via Manzoni 61, requisita ad un senatore fascista, e manterrà questa residenza sino al 1951. Da Napoli Carbonaro compie numerose missioni oltre le linee, ad esempio a Roma per aiutare i perseguitati politici ed ebrei nascosti in Vaticano o nei conventi della città. E’ in possesso di un lasciapassare alleato che gli garantisce libertà di movimento in tutti i territori occupati e impone di fornirgli aiuto e collaborazione. Al termine della guerra è riconosciuto partigiano dall’8 settembre 1943 al 19 febbraio 1945 e riceve dall’esercito americano un certificato di partecipazione ed apprezzamento. Analogo riconoscimento dell’attività prestata gli viene concessa direttamente dall’OSS. A Napoli Biagio Carbonaro sposa Ginevra d’Andrea e il 26 febbraio 1945 nasce la figlia Yvonne. Dopo la nascita del secondo figlio Fulvio nel 1950, emarginato dalla vita politica e deluso per la piega politica presa dopo l’”amnistia Togliatti” del 22 giugno 1946, che proscioglie tutti i fascisti, nel dicembre 1951 lascia la famiglia e parte per il Venezuela. Il 28 gennaio 1952 è assunto a Caracas come direttore dalla fabbrica di biscotti “Galletas Puig” di proprietà di una famiglia catalana. Per sei anni non fa mancare il sostegno economico alla famiglia che finalmente lo raggiunge in Venezuela. Dopo la crisi economica del 1983 Carbonaro decide, nel 1985, di trasferirsi negli Stati Uniti a Washington dove è residente il figlio Fulvio, stabilendosi a Gaitherburg. Ammalatosi di enfisema polmonare fa ritorno in Venezuela sperando che il clima possa giovargli., ma a marzo 1989 è ricoverato per una emorragia interna. Stabilizzato è riportato negli Stai Uniti, ma dopo una ulteriore emorragia è ricoverato un ospedale di Bethesda (Washington), dove muore per un attacco cardiaco il 5 maggio 1989. Le sue ceneri secondo le sue volontà, vengono sparse da un elicottero sulla foce del fiume Potomac nella baia di Chesaspaeke. Il nipote Alessandro è caduto nel maggio 2006 nella guerra in Iraq ed è sepolto nel cimitero di Arlington.
Annotazioni: Scheda basata sulle informazioni contenute nella biografia del padre di Yvonne Carbonaro Scelse la libertà, Kairòs, 2019
Giuseppe Aragno, “Carbonaro, un erone nell’ombra”, la Repubblica, Roma, 28.09.2018
https://giuseppearagno.wordpress.com/2018/09/28/biagio-carbonaro-e-le-quattro-giornate-sconosciute/
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Enrico Acciai, “Viaggio attraverso l’antifascismo. Volontariato internazionale e guerra civile spagnola: la Sezione Italiana della Colonna Ascaso”, Dipartimento di Storie e Culture del Testo e del Documento, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 2009, Pag. 298
http://dspace.unitus.it/bitstream/2067/961/1/eacciai_tesid.pdf
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