Capizzi Giuseppe di Francesco e Buzzanca Giovanna, nato il 13 maggio 1888 a Patti (Messina). Cocchiere, comunista. Dal 1901 al 1916 subisce un serie di condanne per reati vari. Il 26 maggio 1914 contrae matrimonio con Zopito Maria. Richiamato al fronte allo scoppio della guerra mondiale nel settembre del 1916 viene condannato dal Tribunale del 14. Corpo d’Armata a 15 anni di reclusione militare per rifiuto d’obbedienza ed insubordinazione. Espatriato clandestinamente in Belgio per sfuggire alla condanna viene arrestato ed espulso in Lussemburgo, dove frequenta ambienti antifascisti Nel 1931 giunge a Lixhe in Francia dove lavora senza documenti e cerca di comprare qualche documento di identità dai connazionali. Ad aprile del 1931 giunge in Belgio proveniente dalla Francia stabilendosi a Vilvorde con un passaporto rilasciato dal consolato italiano di Bruxelles, ma viene presto espulso. Nel 1932 è arrestato in una retata della polizia e trovato in possesso di chiavi false e di un passaporto contraffatto in cui le generalità di Capizzi sono state sostituite con quelle di Giuseppe Genovese. Rilasciato nel maggio del 1932, in seguito si imbarca clandestinamente per la Spagna a Marsiglia sulla nave norvegese “Cypria”, giungendo a Barcellona nei primi mesi del 1934. Durante il viaggio scoperto, è coinvolto in una rissa con dei marinai, ed ha la peggio, per cui all’arrivo deve essere ricoverato in ospedale. Il 14 aprile del 1936 si trova in carcere a Barcellona, dove partecipa ad uno sciopero della fame di un gruppo di detenuti tedeschi ed italiani che chiedono di essere rilasciati come perseguitati politici, tra cui Nicola Di Bartolomeo e Virginia Gervasini. Terminato lo sciopero per intervento del Soccorso Rosso che promette aiuto, viene rilasciato con gli altri per l’intervento della LIDU (lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo). A maggio del 1936 viene nuovamente arrestato perché in possesso solo della tessera del Partito Socialista Belga e una lettera di raccomandazione di tale partito. Liberato allo scoppio della guerra civile, dopo aver difeso la città dai militari nelle giornate del 18-20 luglio insieme alle milizie operaie, parte per il fronte con la Colonna Trueba-Del Barrio, anche detta “Carlos Marx”, organizzata dal PSUC (Partido Socialista Unificado Catalan). Muore colpito al ventre la mattina del 1° agosto 1936 a Siétamo sul fronte di Huesca. Testimone della sua morte è Bruno Sereni che si trova accanto a lui. È uno dei primi volontari antifascisti italiani a cadere in terra spagnola in difesa della Repubblica.