Guerini Pietro Mosè di Pietro e Vivenzi Maria, nasce a Magno d'Inzino, frazione di Gardone Val Trompia (Brescia), l'11 giugno del 1900. È segnalato come socialista. Di famiglia operaia, rimane orfano del padre a soli dieci mesi. È costretto a lavorare già in giovane età. A 12 anni fa il manovale; successivamente diventa un meccanico aggiustatore (armaiolo) presso la Beretta di Gardone Val Trompia. Lì inizia a frequentare gli operai socialisti. Attivo politicamente nella gioventù del PS1 sin dal 1915, partecipa ad alcune riunioni indette localmente a seguito delle conferenze internazionali contro la guerra di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916). Chiamato alle armi il 27 marzo del 1918, presta servizio militare prima nel 35. e quindi nel 66. Reggimento fanteria. Congedato definitivamente il 29 ottobre del 1921, dopo un breve periodo di disoccupazione, trova lavoro prima alla Redaelli di Gardone, per riprendere in seguito il mestiere d'armaiolo per conto terzi. Sono mesi segnati da un aspro conflitto di classe e dallo scontro diretto con lo squadrismo fascista. A causa delle agitazioni che tra il giugno e luglio del 19228 coinvolgono le maestranze della Beretta, e in quanto guardia del corpo del segretario provinciale della FIOM, si vede costretto ad abbandonare il paese per rifugiarsi a Genova. Qui lavora come gruista; ma dopo circa un anno, col sostegno della Società umanitaria di Milano e l'aiuto di un certo Gherardi, un socialista impiegato presso la Prefettura di Brescia il 1. agosto del 1923 emigra in Francia con un regolare contratto di lavoro. Ad Angers fa il trafiliere: ma una volta ottenuta la carta d'identità, si stabilisce a Parigi. Stringe stretti rapporti con i fuorusciti socialisti. Alla nascita del Partito Comunista d'Italia, aveva preferito non aderirvi, scegliendo di militare fino al 1924 nel PSI nella frazione dei «terzini» favorevoli alla III Internazionale. Quando poi decide di entrare nella nuova formazione politica, spartisce tale impegno con quello nei Comitati proletari antifascisti (CPA). E ciò gli procura da subito l'attenzione delle autorità francesi, tanto che emetteranno a suo carico un provvedimento d' espulsione. Ma il Nostro non si allontana dal Paese; nella seconda metà degli anni Venti, è attivo in uno dei Gruppi di lingua italiana del PCF e svolge un'intensa azione politica e sindacale a Vitry (Seine), un Comune «rosso» della regione parigina, dove vive. In seguito, farà parte anche del comitato della zona Sud di Parigi per coordinare il lavoro dei Gruppi di lingua. Verso la fi ne del 1931, Giuseppe Di Vittorio e Mario Montagnana, dirigenti della CGdL e del PCd'I, decidono di inviarlo legalmente in Italia, per portare a termine una delle missioni che in questi anni il Centro estero del partito decide di affidare ai militanti ritenuti più capaci. II loro compito è quello di creare localmente i nuovi «quadri» e riorganizzare le file del partito in modo da riprendere i contatti con le masse e sostenere le loro rivendicazioni sociali. Ma il primo tentativo fallisce: dopo soli tre mesi rientra in Francia senza aver ottenuto un qualche risultato significativo. Nel 1933, è nuovamente in Val Trompia. L'obiettivo è lo stesso del primo viaggio: riprendere i contatti e consegnare materiale illegale ad un gruppo di militanti comunisti che svolgono attività in zona. Tra questi ci sono Antonio Forini, Ernesto Montini, di Villa Carcina, Angelo Montini, Achille Sina e Margherita Pedretti Forini di Zanano. Ma la polizia non si fa cogliere impreparata: il 7 febbraio del 1934 sono tutti arrestati. Prosciolti in istruttoria la donna e Sina, tutti gli altri sono processati e condannati dal Tribunale speciale per "delitto di propaganda comunista". Il Nostro è più fortunato: riesce ad allontanarsi per tempo, raggiunge Milano e lì riceve un passaporto falso per espatriare. Appena rientrato in Francia, nel settembre, è inviato a Mosca, alla Scuola leninista internazionale del Komintern, dove avrà occasione di famigliarizzare anche con alcune delle armi che saranno impiegate dalle formazioni repubblicane in Spagna. Ritornato a Parigi il 19 luglio del 1936, il giorno stesso dell'inizio della rivolta dei militari, è fra i più accesi sostenitori della necessità di inviare immediatamente dei volontari a sostegno del legittimo governo repubblicano, anche se il PCd'I non condivide al momento tale scelta. Così, il 20 agosto attraversa il confine con un gruppo di altri suoi correligionari residenti a Sud di Parigi e in Svizzera. Giunti a Barcellona, sono radunati in un primo tempo nella caserma Carlos Marx; quindi, il 5 settembre partono alla volta di Madrid dove entrano a far parte della centuria Gastone Sozzi, Con questa, tra settembre e ottobre, il Nostro combatte a Pelahustàn. Real Cenicientos e Chapineria col grado di caporale al comando di una sezione di mitraglieri. Durante le varie azioni, l'unità è decimata tanto che i superstiti si fonderanno coi nuovi volontari giunti nel frattempo ad Albacete, per dar vita al nuovo Battaglione Garibaldi. ln un primo momento, Guerini è eletto commissario politico della terza compagnia, ma data la sua indiscussa professionalità, gli è affidata prima la direzione di un treno munizioni e nel gennaio del 1937, il comando della compagnia de munizionamento promuovendolo di grado. In occasione degli scontri per la difesa di Madrid, quando le truppe franchiste tentano di riconquistare Algora e i garibaldini ricevono il cambio dalle unità spagnole, “l’ottimo tenente Guerrini [Guerini, nda], con i suoi uomini dell'armeria, rimette in ordine le loro mitragliatrici”. Nel numero 19 de “Il Garibaldino”, organo del Battaglione Garibaldi, del 7 novembre 1937, appare un ritratto umoristico del volontario scritto da Giacomo Calandrone con lo pseudonimo di Canapino: “E’' uno dei migliori garibaldini. Faceva parte della gloriosa Centuria ''Gastone Sozzi”. Alla formazione del Battaglione “Garibaldi” gli venne affidata la direzione del Treno Munizioni. Assolse ed assolve al suo incarico con capacita. Diligenza ed entusiasmo. Modello del militante trasformatosi in soldato popolare, rifiutò la licenza concessa a Natale, ai miliziani della "Sozzi", per restare al Battaglione. Tipo modesto ed infaticabile non ama la popolarità. E’ l ’opposto del ''Nazzareno", cioè di Scavran, che nella sua permanenza al Battaglione e alla Brigata si è fatto fotografare almeno un migliaio di volte. In tutte le pose, in tutti gli aspetti della vita del fronte e della retrovia. Con il casco osenza a casco, con la maschera dei gas asfissianti o sotto il platano del viale che conduce alla stazione di Y o Z , dove i giovanotti, nei tempi beati della pace, aspettavano la loro Dulcinea. Guerrini no, non ama "posare” per il fotografo né per i giornalisti, Ed è per questo che gli giocarono più di un tiro. In un paese della Castiglia, un popolano conversò a lungo con il nostro amico, sulla situazione italiana. sulla guerra di Spagna, sulle azioni dei garibaldini. Due o tre giorni i dopo, su un importante giornale madrileno, veniva pubblicata un'intervista lunga un metro; un'intervista con Guerrini, perbacco! E Guerrini era in primo plano in due o tre fotografie ... Fotografie prese di sorpresa dal "nazzareno", pardon, dal barbuto Scavran." Nel corso della guerra, il suo impegno e le sue capacità saranno ulteriormente premiate, tanto da raggiungere il grado di capitano. Sino al settembre del 1938, quando sarà ricoverato in ospedale per curare una febbre malarica, "Pedro" rimane l'unico responsabile del munizionamento della XII Brigata. Rientrato in Francia il 7 febbraio del 1939, è internato nei campi di Gurs (lotto E, gruppo italiano) e Saint-Cyprien, nei pressi di Perpignan. Successivamente è incarcerato nella fortezza di Mont-Louis, da dove evade il 29 aprile del ’41. Raggiunta Parigi il 13 maggio, riprende i contatti con i compagni della regione Sud, combatte nella Resistenza e riesce a sfuggire agli arresti dei membri del gruppo Manouchian di cui pare faccia parte. ln seguito, per incarico del partito costituisce nella capitale alcune unità di FTP diventandone uno dei maggiori dirigenti fino all'insurrezione della capitale (24 agosto 1944). Equiparato dall'Armata francese al grado di sottufficiale della riserva, dopo la liberazione prosegue la sua attività nel PCF e in varie organizzazioni antifasciste. Muore a Parigi il 27 febbraio del 1982. Il 7 novembre del 1976 il Consiglio Regionale Lombardo insignisce Pietro Guerini di Medaglia d’Oro attribuita in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.

Annotazioni: Basato sulla scheda biografica redatta da Roberto Cucchini per il volume I soldati della buona ventura: militanti antifascisti bresciani nella guerra civile spagnola (1936-1939) 2. ed. riveduta e aggiornata. - Rudiano (Bs): GAM, 2011 [ISBN] 978-88-89044-56-8 sulla base delle seguenti fonti: ACS, Mi, DGPS. cpc. b- 2571. fasc. 123926; AICVAS. La Spagna nel nostro cuore. cit., p. 241; Fondo AICVAS. B. 33. fasc. 136; FLM, Fondo Militanti, ad Archivio Milano. scheda ad personam; G. Petrillo (a cura), Kl B45 Lombardi e ticinesi perle libertà della Spagna, cit.. pp. 113-4; A.a.V.v.,Anlifascisti nel Casellario politica centrale. cit., n. 10, ad nomen; A. Lòpez (a cura), La centuria Sozzi, Roma, AICVAS, quaderno 4, 1984, pp. 14-5; D. Morelli, Antifascisti bresciani nel Casellario politico centrale, cit., n. 24. 1993, ad personam.