Bronzo Emma Maria di Domenico e Moschetti Luigia, nata il 9 febbraio 1907 a Torino. Sarta, comunista. Nasce in una famiglia di lavoratori socialisti. Non si sa molto sulla militanza politica di Emma Bronzo negli anni difficili di un partito clandestino e fuorilegge, costretto prevalentemente in carcere o in esilio. Nel 1926 conosce il comunista Osvaldo Negarville, che in seguito diverrà suo marito. Nel 1927 dopo l’arresto del fratello Luigi Bronzo, membro di una organizzazione comunista clandestina, inizia a collaborare con il Soccorso Rosso. Nel 1934 aderisce al Partito Comunista d’Italia. Dopo una lunga attesa dovuta alla detenzione di Negarville nel penitenziario di Civitavecchia, la coppia si sposa a Torino il 16 agosto del 1934, pochi giorni dopo la liberazione del cognato Celeste (futuro sindaco di Torino e parlamentare) dal penitenziario di Castelfranco Emilia. E’ probabile che un progetto per l’espatrio clandestino esistesse già da tempo. I tre insieme a Ettore Vacchieri, rilasciato a sua volta da poco dal penitenziario di Civitavecchia, decidono di passare la clandestinamente la frontiera. Partiti in treno per Bardonecchia come escursionisti alpini del fine settimana, pernottano nella baita di una nota guida (un montanaro del posto), in una minuscola borgata sovrastante il paese. Destati nel cuore della notte, la guida li porta lungo sentieri sicuri fin oltre un valico di confine. Qui giunti sani e salvi, dopo una sosta per una rapida colazione indica loro il ripido sentiero in fondo a cui son visibili il paese e la stazione ferroviaria di Modane (Savoia). Da lì raggiungono Parigi, dove li aspetta una nuova vita nella casa al n. 12 di Place Gambetta, Seguono altri cambi di domicilio fino a quello definitivo, al n. 20 di rue Ernest Gresson. Nel 1934 segue il marito Osvaldo Negarville in Unione sovietica, la coppia frequenta la scuola leninista. Nel 1936, allo scoppio della guerra civile, il marito è inviato in Spagna via Parigi, mentre lei rimane ancora in Unione Sovietica per raggiungerlo nel 1937. Il Partito affida in Spagna a Rosetta (nome di copertura di Emma Bronzo) compiti piuttosto importanti e delicati nel Commissariato generale delle Brigate Internazionali ad Albacete (Murcia) ed a Valencia (Levante). Uno di questi consiste in quattro avventurosi viaggi aerei, notturni tra Perpignan e Valencia su aerei privi di strumentazione adeguata, per assicurare i trasporti clandestini di armi per la Repubblica. Di ritorno da uno dei voli vive all’aeroporto di Valencia un’esperienza traumatica come quella di apprendere da un giornale in italiano delle Brigate Internazionali della morte di Osvaldo Negarville. In realtà la notizia della morte è falsa e si tratta di una copertura clandestina dettata dalle circostanze. Luigi Longo vedendola sconvolta, la avvicina all’aeroporto dicendole che ha una sorpresa per lei. In macchina la porta da Valencia a Barcellona dove in un albergo ritrova il marito vivo, ma in procinto di tornare in Francia a disposizione del Partito. Il marito sarà inviato in Italia a riorganizzare il Partito, ma verrà arrestato a Pisa il 17 maggio 1937, condannato dal Tribunale Speciale a 18 anni di reclusione e riacquisterà la libertà solo dopo la caduta del fascismo. Emma Bronzo rimane in Spagna e vive poi tutte le vicissitudini ed i travagli della sconfitta di primavera (1938) in Aragona, che obbliga l’apparato del Commissariato ad un frettoloso trasferimento a Barcellona (Catalogna). Fa ritorno in Francia a Parigi nel corso dello stesso anno e si rimette a disposizione del Centro Estero del Partito Comunista dove lavora il cognato Celeste Negarville. Per vivere riprende il lavoro di sarta. Poco tempo dopo si deve preparare ad una missione clandestina in Italia nel settembre del 1938, mentre sul declinare della battaglia dell’Ebro svaniscono le speranze della Repubblica. Finita la guerra civile in Spagna Emma Bronzo vive lo scoppio della II guerra mondiale e l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi. Gli viene quindi ordinato di rientrare in Italia con un passaporto falso per riorganizzare il Partito per la Resistenza. Ritorna in treno facendo a ritroso il viaggio del 1934, questa volta da Parigi a Bardonecchia, via Modane. Giunta al confine il 22 novembre del 1941, viene riconosciuta (forse perché il passaporto è stato preparato da una spia dell’OVRA), arrestata portata a Susa. Da qui viene tradotta a Genova (anziché, secondo logica, a Torino) dove rimane 4 mesi. Poi affronta il giudizio della commissione provinciale per il confino di polizia che la assegna per 5 anni a Ventotene. Riprende sull’isola la sua attività di sarta che esercita per il Direttore dell’isola e per i compagni di confino, vivendo in una camerata con Camilla Ravera, Adele Bei, le sorelle Baroncini, la Bianciotto ed altre compagne slave. Una foto di gruppo scattata sull’sola la ritrae insieme tra gli altri a Pietro Secchia, Giuseppe Alberganti e Anello Poma. Torna in libertà dopo la caduta del regime, nell’agosto del 1943. Rientrata a Torino, ritrova il marito Osvaldo Negarville e riprende l’impegno politico, cambiando nome di copertura (sarà “Franca” per tutto il periodo della Resistenza). Dopo un breve periodo trascorso a Barge (Cuneo) opera come attiva organizzatrice e dirigente dei GDD (Gruppi di Difesa della Donna) capaci d’appoggiare il lavoro dei combattenti, ma anche d’assumere iniziative rischiose ed importanti nella lotta per il pane, contro la guerra ed il terrore nazifascista. Nel dopoguerra riprende il lavoro politico e svolge incarichi funzionaria del Partito Comunista prima a Bergamo, dove è segretario il marito, poi sempre col marito a Pavia. Rientrata a Milano, pur mantenendo gli impegni a favore delle donne nell’ambito del Partito, inizia a lavorare alla Feltrinelli, casa editrice appena nata. Ritornata a Torino prosegue la collaborazione con Feltrinelli e nel 1958 apre per circa un anno un piccolo negozio di merciaia con annessa sartoria nel quartiere Cit Turin. Muore a Torino il 21 novembre 1987.

Annotazioni: Biografia che integra dati di Gianpaolo Giordana aggiornati a maggio 2017 e realizzata sulle seguenti fonti consultate: Archivio INSMLI – Milano (Fondo Archivio Aicvas), Archivio Centrale dello Stato – Roma (Casellario Politico Centrale, busta 851, fascicolo 137727, Archivio dell’Istituto Gramsci Piemontese –Torino, Archivio di Stato Civile del Comune di Torino, Testimonianza in forma narrativa del figlio Massimo (Torino, Circolo ARCI “La Cricca”, ottobre 2010)