Golosio Pietro di Antonio e Biggio Anna, nato il 24 maggio 1904 a Mamoiada (Nuoro). Marinaio, antifascista. Fratello di Domenico Golosio, anche lui volontario in Spagna. Presta il servizio di leva in marina, a completamento dei suoi studi all'istituto Nautico di Cagliari, ma non vuole iscriversi al corso ufficiali. Ha un buon fisico: è campione italiano dei pesi gallo dilettanti e i suoi allenatori, ne avrebbero voluto fare un pugile professionista. Nel 1930 si trasferisce a Milano nella speranza di trovare uno spazio che gli desse qualche soddisfazione. Anche nella città lombarda, però ritiene ingabbiato. Chiede allora il passaporto per emigrare all’estero. Il questore inizialmente glielo rifiuta in quanto dalla polizia di Nuoro e dai Carabinieri di Mamoiada sono arrivate informazioni poco buone. Riesce finalmente ad ottenerlo grazie a Giovanni Maria Angioy, giovane studente cagliaritano in giurisprudenza, che intercede per lui presso il questore. Nel 1933, esce quindi legalmente dall'Italia per andare a Parigi con la motivazione ufficiale di visitare certi vecchi parenti. Da Parigi si porta in Spagna dove il mese seguente è raggiunto dal fratello Domenico, anche lui di fede anarchica. Allo scoppio della guerra civile, decide di dare il proprio contributo alla causa repubblicana, e nel luglio 1937 si arruola nella Marina repubblicana. Successivamente fa parte dello staff del Presidente del Consiglio Largo Caballero. Accetta di parlare in dialetto sardo ai suoi conterranei dai microfoni di Radio Barcellona, la stessa che doveva annunciare ai combattenti repubblicani di Spagna, la morte di Antonio Gramsci, con le parole commosse dell’anarchico Camillo Berneri. L'idea di parlare in sardo alla radio gli viene quando sa che certi suoi conterranei si arruolano con i fascisti delle truppe italiane mandate in Spagna per affiancare Franco. Comprende che molti lo facevano per aggiustarsi la vita con una buona paga, e dopo, a guerra finita, con i soldi «guadagnati» sul fronte, comprare un ettaro di terra o aprire un esercizio di «coloniali». E proprio su questo doveva insistere nelle sue conversazioni alla radio: non cedere alle lusinghe, capire che il fascismo era tutto una bugia. Ai sardi Pietro Golosio, da quella radio, da continuamente un avvertimento pacato: “che non si lasciassero ingannare dai fascisti, che non andassero a combattere come volontari per affiancare il Generale Franco, meglio starsene dietro alle pecore, anche in terre magre, piuttosto che vendere la coscienza. Quando il bando franchista comincia a prevalere, Pietro Golosio, a Barcellona, fa di tutto per sottrarsi alle lotte fratricide che avvengono tra le forze repubblicane e, in queste forze, tra gli stessi sardi. Viene a conoscenza che Cornelio Martis, ingegnere cagliaritano delle Brigate Internazionali, è stato condannato a morte per tradimento. A guerra persa, Pietro Golosio, pieno di amarezza, decide di non rifugiarsi in Francia. Preferisce imbarcarsi, con altri, su un peschereccio catalano. L'equipaggio s'era impegnato, per una buona somma, a portare tutti in salvo in Marocco. Durante la navigazione Pietro Golosio, per i suoi studi al nautico, si accorge che, che la barca ha volto la prua su Alicante. L’equipaggio infatti voleva guadagnare il doppio vendendo i profughi antifascisti a Franco. Golosio avverte i compagni e con un colpo di mano improvviso, quest'uomo non violento, costringe con la forza i marinai catalani a riprendere la rotta giusta. E’ questa la sua ultima battaglia politica. In Marocco, a Casablanca, mette su casa con moglie parigina e, dopo un lungo periodo di sudore e fatica, si ritrova proprietario di una piantagione di agrumi di buona resa. Mai più lo tenta la politica militante. Lo tormenta, invece, la nostalgia della Sardegna. Ed eccolo, nel '70, a sessantasette anni, a Sassari a gestire un bar. A chi gli chiedeva interviste o testimonianza rispondeva d'essersi impegnato con sè stesso a tacere. «Troppe persone dovrei smentire, dovrei abbattere qualche eroe. Ma io non provo gusto alla polemica. Mi dispiace soltanto di non aver potuto vedere Ninì Angioy, il mio amico più caro». Muore a Sassari il 25 novembre 1977.