Bogoni Giuseppe di Isidoro e Perini Maria, nato il 2 settembre 1907 a Zimella (Verona). Insegnante, socialista massimalista. Da bambino si trasferisce con i familiari a Mellara (Padova), poi trascorre 15 anni a San Martino Buon Albergo (Verona) ed infine nel 1932 si trasferisce a Verona. Nel 1933, contro il parere dei parenti, sposa Graziella Celli, di religione evangelica valdese, aderendo alla sua confessione religiosa. Verso il 1934 si reca in Francia dove entra in contatto con i socialisti francesi, tra cui “Mariani”, Elmo Simoncini, il segretario dei massimalisti, molto più vecchio di lui, che animato da una forte passione ideale, aveva preso la guida del partito massimalista, dopo il trasferimento di Angelica Balabanoff in America, e ne era diventato, in Francia, il principale, e più ascoltato, esponente. Bogoni discute con lui per due giorni e il suo attivismo, la sua voglia di lottare contro i fascisti e i suoi argomenti stringenti lo convincono. Con il falso nome di "Martini" si iscrive alla Sorbona. Ritornato a Verona rimane in contatto con Simoncini e la polizia identifica Bogoni da alcune lettere spedite da Verona, usando lo pseudonimo di “Paolo” per motivi di sicurezza, in Francia all’indirizzo usato dalla Balabanoff e predispone la sorveglianza sospettandolo di essere un socialista. Nel 1935, ottenuta la laurea in Lettere, Bogoni ritorna a Parigi, mostrando un atteggiamento ostile al fascismo e unendosi al Partito Socialista Massimalista nella regione parigina. A Parigi Bogoni frequenta Giovanni Massignan, Vincenzo Tarroni, Felice Vischioni e i fratelli Delai (il figlio di uno di loro, Angelo, cadrà combattendo contro i nazisti, in Francia) e conosce Giacomo Bavassano e Michele Donati, oltre agli anarchici Renato Castagnoli, Enzo Fantozzi e Ernesto Bonomini. Nel febbraio del 1936 due poliziotti camuffati da controllori dell’Azienda dei Servizi Elettrici fanno un sopralluogo in casa Bogoni e nel negozio di profumeria gestito dalla madre, senza trovare niente di sospetto. Viene pertanto intensificata la sorveglianza di Bogoni a Parigi dove svolge intensa attività socialista con gli elementi massimalisti. Allo scoppio della guerra civile parte per la Spagna alla fine di luglio del '36, insieme allo storico e giornalista Aldo Garosci “Magrini”, allora giellista. All’arrivo Garosci si unisce alla Colonna Italiana di Carlo Rosselli, mentre Bogoni raggiunge il POUM e collabora con le sue milizie e i suoi dirigenti, politici e militari, da Nin a Arquer, da Rovira a Gorkin. D'altronde Bogoni aveva già conosciuto personalmente, nella primavera del 1936, il segretario del POUM Joaquín Maurín, del quale aveva pubblicato una lunga intervista. Una sua lettera del 31 agosto 1936 dal titolo “Come lottano e come muoiono” viene pubblicata a settembre sull’ ”Avanti”: “Siamo partiti l'altro giorno da Barcellona dopo una trionfale traversata della città. Ovunque passavamo eravamo accolti freneticamente e la popolazione ci colmava di doni. Il fatto d'essere stranieri ci ha dato la possibilità di accoglienze più affettuose perché i compagni spagnoli ci sono riconoscenti per quel poco che noi offriamo loro. Il viaggio è stato lungo e faticoso, ma le fatiche fisiche scompaiono di fronte alla vera fraternità dei nostri compagni spagnoli. Siamo arrivati alla prima località destinateci, proprio nel momento che partiva la salma di Angeloni, il quale è morto dopo due giorni di sofferenze. S'era battuto eroicamente e la sua compagnia di circa 150 militi è riuscita a mettere in fuga 700 fascisti. Ieri siamo partiti per una nuova località, stamane nuova partenza, stanotte viaggio ancora. Domani forse raggiungeremo la colonna... ove ci troveremo bene. La gioia è grande. L'entusiasmo in tutti noi rimane e meglio aumenta. Ci tempreremo per le lotte che dovremo fare in Italia. Tutti i nostri giovani sono nella medesima squadra. C'è una buona fraternità. Prima di partire con il denaro che ci avete dato, ho comprato degli zaini per i nostri e dell'anice per tutta la compagnia: ciò ha fatto particolarmente piacere ai nostri, ed agli altri compagni. B. [Bogoni] continuerà a scrivervi. Io cercherò di farlo più che mi sarà possibile. Certo sarà difficile rimanere in regolare collegamento...” Secondo una fonte per un periodo è nominato commissario politico del “Batallòn de la Muerte”, un reparto di anarchici al comando dell’italo-argentino Candido Testa (probabilmente un agente provocatore), che vuole imitare lo stile degli arditi italiani della prima guerra mondiale. Bogoni tenta di svolgere il suo compito anche se non mancano divergenze dovute a diverse impostazioni ideologiche, che si acuiscono per il rendimento disastroso del reparto in battaglia sul fronte di Aragona, che porta alla rimozione di Candido Testa ed alla nomina a comandante di Francesco Saverio Nitti. Secondo altre fonti invece Bogoni è commissario politico della Colonna Internazionale “Lenin” del POUM. Poi lascia il reparto ed il 31 dicembre 1936 è a Lione proveniente da Parigi per svolgere un ciclo di conferenze sulla Spagna su incarico del Partito Socialista massimalista. Tornato a Barcellona fa parte del Comitato Internazionale della Gioventù Comunista Rivoluzionaria. Nel luglio del 1937 al congresso del partito viene eletto membro del Direttivo ed è anche vice-segretario Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo. Firma i suoi articoli sempre con lo pseudonimo di "Martini". Partecipa agli scontri che a Barcellona dal 3 al 7 maggio contrappongono il governo autonomo dalla Catalogna agli anarchici spalleggiati dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), gruppo comunista antistalinista presente soprattutto in Catalogna. Negli scontri che vedono la vittoria del governo, viene assassinato l’anarchico Camillo Berneri. Bogoni a fronte della successiva repressione è costretto a nascondersi per diverse settimane, fino a quando riesce a fuggire in Francia nell’estate 1937 varcando i Pirenei clandestinamente travestito da ufficiale. A Parigi, a Lione, a Marsiglia tiene diverse conferenze sulla rivoluzione spagnola e fa parte di un Comitato misto (che comprende anche gli anarchici) per difendere i compagni, che erano stati arrestati in Spagna, poi, dopo la caduta di Barcellona nelle mani dei franchisti, collabora a raccogliere gli aiuti per i profughi, che sono finiti, a centinaia di migliaia, negli infernali campi di Argelès, di Saint-Cyprien e di Barcarés. Sino alla guerra mondiale fa parte della Direzione massimalista ed interviene a quasi tutte le sue riunioni, che si svolgono a Parigi o a Sartrouville. Nell’anno 1940 risulta arruolato nella Legione Straniera, 33. Compagnia, Centro Istruzione e risiede a La Valbonne (Ain). Dopo la resa della Francia nel giugno del '40, passa in clandestinità, a Lyon, insieme a Duilio Balduini e a Rosa Winkler. Tutti e tre collaborano con gli antichi militanti del P.S.O.P. di Marceau Pivert e con alcuni esuli spagnoli, evasi dal campo di Gurs. “Il gruppo si chiamava “Fédérer et libérer", ne fanno parte Gilles Martinet, Carlo Marchisio, la Winkler, Balduini, che fabbrica le valigie a doppio fondo, e un buon numero di francesi e di spagnoli. Viene arrestato dalla polizia a Parigi all'inizio del 1944 mentre trasporta documenti riservati. Evaso dopo alcuni mesi, partecipa alla Liberazione di Parigi. Alla fine della guerra può ritornare in Italia e si trasferisce a Taranto per fare propaganda repubblicana e impedire un pronunciamento dei reparti della Marina a favore della monarchia. Deputato socialista di Lecce dal 1948 al 1963, è il primo protestante ad entrare nel Parlamento repubblicano. Si batte per l'affermazione della libertà religiosa sollecitando le forze politiche e i governi all'attuazione dell'articolo 8 della Costituzione, in modo particolare per i culti acattolici. Muore a Roma il 5 gennaio 1982.